Sanità, da diritto per tutti a lusso per pochi?

Curarsi in Italia è diventato un lusso? A mettere in luce ancora una volta le tante (troppe?) difficoltà dei connazionali dopo la pandemia a usufruire del Ssn è il 21° Rapporto Ospedali&Salute, promosso da Aiop (Associazione Italiana dell’ospedalità privata) e realizzato in collaborazione con il Censis.

Non è più una gran notizia: ma tra attese e ritardi, sempre più connazionali sono costretti a metter mano al portafogli per curarsi. E questo perchè il 53,5% degli italiani si trova ad affrontare tempi di attesa eccessivi rispetto all’urgenza della propria condizione clinica. Mentre il 37,4% segnala la presenza di liste bloccate o chiuse, nonostante i divieti. Così non resta che rivolgersi alle strutture private.

La fuga nella sanità a pagamento

Ma quanto spesso la soluzione per curarsi è a pagamento? Ormai ogni 100 tentativi di prenotazione nel Ssn, il 39,4% (il 34,4% dei bassi redditi) rinuncia e si rivolge al privato. E se il 12% ricorre all’intramoenia (ovvero la sanità privata nelle strutture pubbliche), il 18% opta per il privato puro.

C’è poi chi non fa neanche un tentativo. Il 51,6% degli italiani sceglie direttamente la sanità a pagamento, senza provare nemmeno a prenotare nel Ssn. Una scelta che, curiosamente ma forse non troppo, fa anche una quota alta della popolazione a basso reddito (40,6%). E così la spesa sanitaria privata degli italiani arriva a  rappresentare circa il 25% di quella totale.

Per Ylenja Lucaselli, capogruppo V Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera, “la sanità pubblica può e deve essere supportata dalla sanità accreditata. Non dobbiamo raccontare bugie agli italiani, la sanità accreditata è gratuita tanto quella pubblica ed è un pilastro decisivo per aumentare il livello qualitativo della prestazione sanitaria italiana. Dobbiamo partire dalla razionalizzazione della spesa, cioè utilizzare meglio i fondi pubblici, altrimenti nessun investimento è sufficiente. Questo Governo ha investito delle risorse, ma è importante impiegarle bene. Oggi non possiamo permetterci di pensare alla sanità come se fossimo 50 anni indietro, non possiamo non considerare la prevenzione come elemento essenziale della salute. Una buona gestione del singolo nel sistema oggi è un fattore fondamentale”.

Dalla teoria alla pratica

C’è da dire che resiste l’idea, comune all’89% degli italiani, che il Servizio sanitario nazionale sia un pilastro della nostra società. Mentre il 90,5% dei pazienti ritiene positiva o comunque sufficiente la qualità delle prestazioni ricevute. Si tratta di una soddisfazione che il Rapporto Censis-Aiop registra ovunque, anche nelle aree del Mezzogiorno.

Insomma, il Servizio sanitario “resta tra le istituzioni più apprezzate dagli italiani e i medici, gli infermieri e gli altri operatori beneficiano di una elevata fiducia da parte dei cittadini. Tuttavia – ha commentato Giorgio De Rita, segretario Generale Censis – sono ormai evidenti criticità, a cominciare dall’eccessiva lunghezza delle liste di attesa, esito di processi regressivi iniziati molto indietro nel tempo. Per questo è urgente ampliare e gestire con maggior efficienza le risorse pubbliche investite in sanità. Sarà così finalmente possibile rispondere alle aspettative di qualità ed equità dei cittadini, contrapponendosi alla pericolosa deriva verso una sanità per censo”.

Il piano Meloni

Un tema, quello delle liste d’attesa, al centro dell’attenzione della premier Giorgia Meloni. “Stiamo lavorando a un provvedimento sulle liste d’attesa, con un’attenzione particolare alle regioni che hanno un’alta mobilità passiva”, ha detto Meloni, ospite della puntata di Fuori dal coro su Rete4. “La prima cosa che possiamo fare noi, pur nella difficoltà economica che affrontiamo, è metterci i soldi per affrontare i problemi, perché il tema è importante”.

Lo sanno bene gli italiani. Per più di uno su due “la presenza delle strutture accreditate rappresenta una necessità, in considerazione della difficoltà degli ospedali di diritto pubblico nel rispondere in tempi appropriati ai bisogni di cura delle persone”, ha rilevato Barbara Cittadini, presidente nazionale Aiop.

Come cambia la sanità privata

Se il Ssn arranca, anche la sanità a pagamento ha cambiato volto. Ormai le “strutture di diritto privato erogano quote importanti di prestazioni ad alta complessità. Ad esempio, dal 25% al 40% (a seconda della sede della neoplasia) di interventi per tumore maligno. Questo contributo si sostiene con il solo 13% della spesa ospedaliera pubblica totale. Del ruolo della componente di diritto privato nel Servizio sanitario nazionale è consapevole, anche, il 68,5% degli italiani che non fa distinzione a seconda della natura giuridica delle strutture e che considera rilevante solo la qualità delle prestazioni ricevute. L’ultima manovra di bilancio – ha aggiunto Cittadini – non si è limitata a stanziare risorse ad hoc per la riduzione delle liste d’attesa, ma ha infranto quel “tetto di cristallo” che avendo, per decenni, limitato le Regioni all’acquisto di prestazioni dalla nostra componente, ha depauperato quali-quantitativamente la capacità di risposta del sistema”. Per Barbara Cittadini, “questo è il segno tangibile di quell’auspicato cambio di paradigma che appare possibile solo superando con raziocinio e buon senso ogni pregiudizio e anacronistica ideologia”.

Le criticità

Secondo Domenico Mantoan, direttore generale Agenas, “il sistema ospedaliero soffre del fatto che abbiamo deciso di avere il più basso numero di posti letto ospedalieri; dall’altra parte le strutture private accreditate, che sono sistema pubblico a tutti gli effetti, hanno budget e tariffe bloccate da 12 anni: si tratta di un unicum italiano. Dobbiamo considerare questo quando diciamo che il cittadino fa fatica a prenotare le prestazioni al Cup e che i volumi non sono sufficienti. D’altra parte, l’attività del pubblico non è ancora tornata ai livelli del 2019, pur essendoci più risorse economiche e più personale. Serve monitorare l’efficienza organizzativa, per orientare le risorse verso chi le sa usare meglio”.

E questo perchè “siamo di fronte a un sistema che sta facendo scivolare i cittadini verso la sanità a pagamento. Si sta concretizzando un secondo pilastro di finanziamento parallelo a quello pubblico: anche gli infermieri oggi chiedono sanità integrativa e welfare aziendale. È sintomo di insicurezza nei confronti del Ssn”.

Mentre “per quanto riguarda le liste d’attesa”, ha rilevato Domenico Mantoan, “oggi conosciamo solo quelle percepite. Non abbiamo a livello informativo contezza né siamo in grado di misurarle. L’auspicio è la creazione di un sistema in cui un soggetto terzo, penso ad Agenas, attraverso l’informatizzazione, possa monitorare l’efficienza organizzativa, anche in termini di tempi di erogazione delle prestazioni. E dare risposte adeguate ai cittadini”.

Le priorità

“Dal Rapporto emergono tanti punti di forza e molte criticità. Il Ssn ha una elevata capacità di garantire le cure migliori ai propri cittadini, ma non possiamo ignorare come essi sperimentino continue barriere all’accesso alle prestazioni. Mi riferisco ai tempi d’attesa eccessivamente lunghi, a liste addirittura bloccate. Mi riferisco alle persone che rinunciano a priori a curarsi, atteggiamento questo di sfiducia, una rappresentazione di una sanità in crisi”, ha commentato il ministro della Salute Orazio Schillaci.

“Bisogna partire dal dato che emerge nel Rapporto per il quale i cittadini italiani sono interessati alla qualità e non se la struttura che eroga le prestazioni sia di diritto pubblico o se privata convenzionata. E occorre rimuovere gli ostacoli che incontrano soprattutto le persone meno abbienti: questa è la nostra priorità per realizzare una sanità universalistica e equa”.

“Il nostro Sistema sanitario – ha sottolineato poi Elena Murelli, Componente 10ª Commissione Affari sociali e sanità del Senato –  deve essere innovato e rinnovato attraverso una semplificazione dei processi a 360 gradi. Occorre identificare le buone pratiche regionali e anche internazionali da replicare su tutto il territorio nazionale per seguire meglio il paziente dalla diagnosi alla cura nelle diverse patologie fino all’aderenza alle terapie. È essenziale rimuovere i problemi di gestione della privacy e, inoltre, promuovere l’interoperabilità dei diversi sistemi territoriali e dei dati per permettere una migliore analisi dei dati e promuovere la ricerca di nuove terapie anche personalizzate per un servizio completo ai cittadini”.

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