Medici, 10 mln ore di straordinario ‘regalate’ alle aziende

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Medici italiani sempre più stanchi, stressati e insoddisfatti. Complice la pandemia e la cronica carenza di personale, infatti, i diritti dei medici e dirigenti sanitari vengono sempre meno rispettati. Così a maggio 2021 i medici e i dirigenti sanitari hanno accumulato oltre 5 milioni di giornate di ferie arretrate e più di 10 milioni di ore di lavoro straordinario effettuate per garantire l’erogazione dei servizi, nonostante la cronica carenza di personale.

Una situazione di super lavoro aggravata da burocrazia e perdita di potere di acquisto dello stipendio, ma soprattutto dalla pandemia di Covid-19.

I numeri arrivano da un sondaggio Anaao Assomed cui hanno risposto 2.290 tra medici e dirigenti del Ssn.

Due gli obiettivi dell’indagine:
1) la corretta applicazione della nuova normativa sull’orario di lavoro, numero di guardie e pronta disponibilità, recupero ed eventuale retribuzione (parziale/completa) delle ore straordinarie nell’ultimo biennio (2019-2020), rispetto dei giorni di ferie continuativi durante il periodo estivo (con festività aggiunte ai 15 giorni canonici), numero di giorni di ferie arretrate;

2) la percezione del livello di stress psico-fisico dei medici e dirigenti sanitari rispetto al carico di lavoro realmente sostenuto, l’influenza del numero di ore lavorate sulla vita personale, l’impatto della recente pandemia da Covid-19 sul numero di ore lavorate e sulle ferie.

L’analisi finale della survey offre lo spaccato di una situazione lavorativa e di un disagio già noto, ma che impatta sempre di più nella sfera sociale e privata del professionista. A ciò si aggiunge la perdita di potere di acquisto dello stipendio, sempre più eroso dalle tasse, e un livello di burocrazia che brucia energie fisiche e mentali. La pandemia Covid-19, poi, ha contribuito a slatentizzare i mali e le criticità del Ssn che in alcuni momenti hanno sfiorato il punto di non ritorno. “Solo un estremo e straordinario sacrificio del personale del Ssn ha permesso di evitare una caporetto della sanità”, sottolinea l’Anaao Assomed.

A fronte di un durissimo impegno quotidiano, si rischiano conseguenze fisiche e psicologiche a lungo termine, acuite ulteriormente dalla persistente mancanza di riposo.

Conciliare vita privata e lavoro spesso è impossibile, a volte è difficile anche solo allontanarsi dall’ospedale a causa di turni sempre più lunghi e di reperibilità attive frequenti e di lunga durata. Anche le ferie vengono concesse più raramente e in periodi obbligati, che non sempre permettono di goderle con la famiglia o con gli amici. Persino la pausa pranzo può diventare un’utopia, così come fare sport o avere un hobby. “Siamo sempre più stanchi, insoddisfatti e prigionieri di un lavoro che ci rende infelici”, lamentano i medici.

Ma vediamo nel dettaglio i risultati dell’indagine.

DATI ANAGRAFICI GENERALI
Il 17.3% dei responders ha un’età <40 anni, il 28.2% tra i 40-50 anni, il 33.2% tra i 50-60 anni, il 21.3% >60 anni. La distribuzione geografica è piuttosto varia, con il 42% che lavora presso un ente di comparto delle regioni del Nord, il 44.2% nel Centro-Italia, e il 13.8% presso un ente del Sud. Il 49.4% presta servizio in una Uoc dell’Area Medica (n.1131), il 21% presso una disciplina dell’area chirurgica (n. 481), il 14.1% nell’Area dei Servizi (n. 323), il 15.5% è Dirigente Sanitario (n. 355).

FERIE ARRETRATE
AREA MEDICA – Alla data del 31 maggio 2021, il 28.6% degli intervistati ha meno di 30 giorni di ferie arretrate, il 29.4% tra 30-50 giorni, il 19.6% tra 50-80 giorni, il 12.9% tra 80-120 giorni, il 9.5% più di 120 giorni. Il 15% degli intervistati ha dichiarato di non usufruire dei 15 giorni di ferie continuative, il 45.8% di usufruirne incluse le giornate festive, il 39.2% di usufruirne ma escluse le giornate festive. Si può calcolare prudenzialmente in circa 5 milioni le giornate di ferie accumulate negli anni e ancora non godute da parte dei medici e dirigenti sanitari del Ssn per le difficoltà nell’organizzazione dei servizi a causa del calo progressivo delle dotazioni organiche iniziato dal 2009.

DISCIPLINE CHIRURGICHE – Al 31 maggio 2021, il 25.4% degli intervistati aveva meno di 30 giorni di ferie arretrate, il 26.4% tra 30-50 giorni, il 16.4% tra 50-80 giorni, il 17% tra 80-120 giorni, il 14.8% più di 120 giorni. Il 15.2% degli intervistati ha dichiarato di non usufruire dei 15 giorni di ferie continuative, il 45.5% di usufruirne incluse le giornate festive, il 39.3% di usufruirne escluse le giornate festive.

AREA DEI SERVIZI – Al 31 maggio 2021, il 36.8% degli intervistati aveva meno di 30 giorni di ferie arretrate, il 30% tra 30-50 giorni, il 19.2% tra 50-80 giorni, il 7.4% tra 80-120 giorni, il 6.5% più di 120 giorni. Il 15.8% degli intervistati ha dichiarato di non usufruire dei 15 giorni di ferie continuative, il 44% di usufruirne incluse le giornate festive, il 40.2% di usufruirne escluse le giornate festive.

DIRIGENZA SANITARIA – Al 31 maggio 2021, il 46.8% degli intervistati aveva meno di 30 giorni di ferie arretrate, il 22% tra 30-50 giorni, il 16.9% tra 50-80 giorni, il 7.9% tra 80-120 giorni, il 6.5% più di 120 giorni. Il 12.7% degli intervistati ha dichiarato di non usufruire dei 15 giorni di ferie continuative, il 36.9% di usufruirne incluse le giornate festive, il 50.4% di usufruirne escluse le giornate festive.

ORE DI LAVORO IN ECCEDENZA
AREA MEDICA – Quanto alle ore di servizio in eccedenza non recuperate per l’anno 2019, il 6.6% ha dichiarato di non avere un carico orario in eccedenza in quanto neoassunto, il 23.2% meno di 50, il 23.5% tra 50-100, il 19.6% tra 100-200, il 10.1% tra 200-300, il 17.1% oltre 300.
Relativamente alle ore di servizio in eccedenza non recuperate per l’anno 2020, il 2.7% ha dichiarato di non avere un carico orario in eccedenza in quanto neoassunto, il 26.2% meno di 50, il 20.3% tra 50-100, il 33.2% tra 100-200, il 17.6% oltre 300. Si evidenzia un netto incremento degli orari svolti in eccedenza nel 2020 a causa della pandemia

Un dato allarmante quanto preoccupante che pone in evidenza il sacrificio fisico e anche economico dei medici e del personale sanitario. Proiettando, infatti, tali dati in una visione macro, ammonta a circa 300 milioni di euro il valore derivante dalle oltre 10 milioni di ore “regalate” ogni anno all’azienda da parte dei medici e dirigenti sanitari dipendenti del Ssn.

DISCIPLINE CHIRURGICHE – Relativamente alle ore di servizio in eccedenza non recuperate per l’anno 2019, il 6.7% ha dichiarato di non avere un carico orario in eccedenza in quanto neoassunto, il 26.2% meno di 50, il 22.5% tra 50-100, il 16.2% tra 100-200, il 9.1% tra 200-300, il 19.3% oltre 300.
Relativamente alle ore di servizio in eccedenza non recuperate per l’anno 2020, il 4.2% ha dichiarato di non avere un carico orario in eccedenza in quanto neoassunto, il 30.8% meno di 50, il 21% tra 50-100, il 27% tra 100-200, il 17% oltre 300.

AREA DEI SERVIZI – Relativamente alle ore di servizio in eccedenza non recuperate per l’anno 2019, il 5.3% ha dichiarato di non avere un carico orario in eccedenza in quanto neoassunto, il 30.7% meno di 50, il 20.4% tra 50-100, il 21.4% tra 100-200, il 10.8% tra 200-300, l’11.5% oltre 300.
Relativamente alle ore di servizio in eccedenza non recuperate per l’anno 2020, l’1.9% ha dichiarato di non avere un carico orario in eccedenza in quanto neoassunto, il 30.7% meno di 50, il 18.9% tra 50-100, il 33.7% tra 100-200, il 14.9% oltre 300.

DIRIGENZA SANITARIA – Relativamente alle ore di servizio in eccedenza non recuperate per l’anno 2019, il 4.2% ha dichiarato di non avere un carico orario in eccedenza in quanto neoassunto, il 31.5% meno di 50, il 22.5% tra 50-100, il 20.8% tra 100-200, il 9.3% tra 200-300, il 11.5% oltre 300. Relativamente alle ore di servizio in eccedenza non recuperate per l’anno 2020, il 1.7% ha dichiarato di non avere un carico orario in eccedenza in quanto neoassunto, il 27.3% meno di 50, il 23.1% tra 50-100, il 31% tra 100-200, il 16.9% oltre 300.

ORE IN ECCEDENZA PAGATE
AREA MEDICA – Il 64.2% degli intervistati ha dichiarato che le ore svolte oltre il debito orario dovuto non vengono pagate, il 18.4% ha dichiarato una parziale retribuzione delle ore eccedenti, il 5% ha dichiarato la completa liquidazione delle ore di servizio in eccesso, mentre il 12.5% ha dichiarato di non avere ore eccedenti.
DISCIPLINE CHIRUGICHE – Il 66.9% degli intervistati ha dichiarato che le ore aggiuntive non vengono pagate, il 18.9% ha dichiarato una parziale retribuzione delle ore eccedenti, il 3.7% ha dichiarato una completa liquidazione delle ore di servizio in eccesso mentre il 10.4% ha dichiarato di non avere ore eccedenti.
AREA DEI SERVIZI – Il 66.6% degli intervistati ha dichiarato che le ore aggiuntive non vengono pagate, il 14.6% ha dichiarato una parziale retribuzione delle ore eccedenti, il 5.3% ha dichiarato una completa liquidazione delle ore di servizio in eccesso mentre il 13.6% ha dichiarato di non avere ore eccedenti.
DIRIGENZA SANITARIA – In merito al pagamento delle ore aggiuntive, il 64.2% degli intervistati ha dichiarato che le ore aggiuntive non vengono pagate, il 9.9% ha dichiarato una parziale retribuzione delle ore eccedenti, il 4.8% ha dichiarato una completa liquidazione delle ore di servizio in eccesso mentre il 21.1% ha dichiarato di non avere ore eccedenti.

NORMATIVA SULL’ORARIO DI LAVORO
AREA MEDICA – Il 16.2% ha dichiarato un’assenza di applicazione delle vigenti normative sull’orario, il 50.5% degli intervistati ha descritto un’applicazione parziale, il 33.3% una regolare applicazione della normativa sull’orario di servizio.
DISCIPLINE CHIRURGICHE – Il 29.1% ha dichiarato un’assenza di applicazione delle regolari normative sull’orario, il 50.3% degli intervistati ha descritto un’applicazione parziale, il 20.6% una regolare applicazione delle leggi sull’orario di lavoro.
AREA DEI SERVIZI – Il 16.7% ha dichiarato l’assenza di applicazione delle regolari normative sull’orario, il 53.6% degli intervistati ha riferito un’applicazione parziale, il 29.7% una regolare applicazione delle leggi sull’orario di lavoro.
DIRIGENZA SANITARIA – Quanto al rispetto dell’orario di lavoro il 12.1% ha dichiarato un’assenza di applicazione delle regolari normative sull’orario, il 43.1% degli intervistati ha descritto un’applicazione parziale, il 44.8% una regolare applicazione delle leggi sull’orario di lavoro.

In generale, “i risultati del sondaggio evidenziano e confermano le criticità dell’organizzazione del lavoro all’interno delle Aziende sanitarie legate prevalentemente alla carenza di organico denunciata dall’Anaao Assomed da almeno un decennio”, sottolinea il sindacato.

“Le condizioni in cui operano medici e dirigenti sanitari peggiorano rapidamente, basti pensare che nell’arco di un solo anno la percentuale di colleghi con il maggior numero di ore di straordinario è passata dal 20% del 2019 al 30% del 2020. Questo quadro rende assai poco appetibile il mercato del lavoro italiano e spinge soprattutto i giovani medici a cercare miglior fortuna all’estero”.

L’Anaao Assomed chiede dunque a Governo e Istituzioni l’impegno concreto per garantire alla sanità pubblica la forza lavoro di cui ha bisogno e per scongiurare il rischio di un’altra pericolosa epidemia: la fuga dagli ospedali.

“Gli strumenti ci sono – sottolinea l’Anaao Assomed – il contratto di lavoro dei medici e dirigenti sanitari per costruire le regole condivise e i confini dell’organizzazione del lavoro; assunzioni stabili, rimuovendo il limite al tetto di spesa per il personale del Ssn (-1,4% rispetto a quello del 2004) e i limiti della legge Madia per la stabilizzazione dei precari e la formazione dei fondi per la retribuzione accessoria; interventi economici per eliminare o almeno ridurre il differenziale dello stipendio tra i medici e dirigenti sanitari italiani ed europei che oggi arriva a 40 mila euro”.

“Il sondaggio del sindacato Anaao Assomed, che quantifica in oltre dieci milioni all’anno le ore di straordinario ‘regalate’ alle aziende, certifica senza ombra di dubbio quel disagio della professione che, come Fnomceo, abbiamo voluto rappresentare con la “Questione medica”, chiedendo ascolto e coinvolgimento alla politica e alle istituzioni”, commenta il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli

A fronte di un durissimo impegno quotidiano, si rischiano conseguenze fisiche e psicologiche a lungo termine, acuite ulteriormente dalla persistente mancanza di riposo. E anche il lavoro diventa più difficile, a causa sia dei carichi insostenibili, sia del crescente livello di burocrazia.

“Ringraziamo quindi l’Anaao per aver portato allo scoperto e ‘misurato’ questo scenario. Purtroppo, i dati, pur così eclatanti, non ci sorprendono: era il 2018 quando, come “regalo di Natale” presentammo al Governo di allora un assegno da mezzo miliardo di euro, il corrispettivo degli straordinari che i medici ospedalieri erano e sono costretti, ogni anno, ad effettuare oltre il tetto massimo, per poter continuare ad assistere tutti i pazienti nonostante la tragica carenza di personale. E una cambiale da un miliardo di euro: il credito che i medici vantavano per i mancati investimenti nel turnover – aggiunge Anelli – Ora, anche se le risorse impiegate in sanità sono aumentate, la pandemia ha aumentato drammaticamente i carichi di lavoro e di stress e il disagio dei professionisti è diventato insostenibile”.

La situazione è terribile – conferma – Conciliare vita lavorativa e privata diventa quasi impossibile. I medici si sentono in colpa se cadono malati, le colleghe procrastinano le maternità per non lasciare sguarniti i reparti. Tutto questo è peggiorato durante la pandemia, con specialisti che dovevano fronteggiare sia il Covid sia le normali patologie, nella stessa giornata; con turni anche di 24 ore, senza riposi settimanali”.

Per Anelli non ci sono dubbi: occorre una riforma strutturale del sistema.
“Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza può essere ora l’occasione per questo progetto di riforma del Ssn. Eppure, sino ad ora, non ha coinvolto a pieno titolo i professionisti della salute, che sono i veri cardini del sistema. Per questo, all’ultimo Consiglio Nazionale, abbiamo chiesto un tavolo di confronto con i rappresentanti della professione perché i processi di riforma non siano appannaggio di “pochi” ma si avvii un dibattito nel Paese”.

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