Payback, gli effetti sulla vita dei cittadini

dispositivi medici
Aboca banner articolo

Se immaginiamo il Sistema sanitario nazionale come un ecosistema fatto di tanti attori che operano su livelli diversi in base alla propria natura e dove il comportamento di uno e i mutamenti interni o esterni possono condizionare l’equilibrio del sistema, allora è bene fare un’analisi più approfondita su come il payback potrebbe incidere sulla vita dei cittadini-pazienti. 

Il meccanismo, secondo le intenzioni del legislatore, avrebbe lo scopo di fronteggiare l’aumento di spesa sanitaria pubblica, quando le regioni superano i tetti di spesa sanitari preventivati di anno in anno. Il sistema chiama in causa le aziende del comparto dei dispositivi medici che nell’annualità di riferimento hanno commercializzato i dispositivi medici a ripianare lo scostamento dal tetto di spesa stabilito, in concorso con la singola Regione.

Il dibattito tra la componente politica e industriale è già da tempo serrato e non mancano elementi di scontro, ma nella diatriba si pone poco l’accento sugli effetti che il payback potrebbe avere sui pazienti, se dovesse essere applicato secondo norma.

In questo contesto la Fais, Federazione delle Associazione Incontinenti e Stomizzati e la Faip, Federazione Associazioni Italiane Paratetraplegici, hanno realizzato un questionario, inviato poi alle aziende del settore, per rilevare la posizione delle stesse qualora il payback entrasse a sistema e le possibili ricadute sui cittadini-pazienti.

I risultati dell’indagine, alla quale hanno risposto 38 aziende, fanno emergere una situazione molto critica. Il payback potrebbe  costituire il colpo di grazia.

Infatti, non è difficile immaginare che le aziende chiamate a pagare 2,2 miliardi di euro (a tanto ammonta la richiesta delle Regioni dal 2015 al 2018) decidano di intraprendere azioni immediate per limitare i danni e fare cassa.

In questo contesto, i primi a subirne le conseguenze sarebbero proprio i cittadini-pazienti. Le motivazioni sono tutt’altro che di poco conto: riduzione o cessazione delle campionature (spesso necessarie nel post-operatorio), eliminazione servizi di supporto alla persona (call center, consulenze specialistiche, per esempio), contrazione delle forniture per effetto del ritiro di linee di prodotto, ritardi nell’erogazione di prestazioni e servizi, solo per citarne alcune. 

L’indagine fa emergere anche le ripercussioni negative sul sistema di supporto alle associazioni del terzo settore: riduzione o cessazione di risorse per attività di rappresentanza, formazione e progettazione, sono le attività più colpite, con evidente e diretta ripercussione sulla vita delle stesse associazioni, chiamate già a raccogliere la difficile eredità lasciata dalla pandemia.

Inoltre da parte delle aziende preoccupano soprattutto il possibile disincentivo ad investire in innovazione e R&D, la scelta di favorire alcune gare perché più redditizie di altre, o di spostare la commercializzazione di prodotti su altri mercati.

Uno scenario drammatico, se si somma anche all’attuale crisi dovuta al difficile reperimento di materie prime per la produzione dei presidi che sta già producendo enormi disagi alle persone, e al sistema in generale.

In conclusione, sarebbe opportuno non vanificare quanto ha insegnato la pandemia: non è possibile ridurre tutto a dimensione economica, ma capire e sostenere i reali bisogni delle persone più fragili. Questo, infatti, costituisce il miglior investimento futuro per un sistema sanitario che vuole essere equo ed efficace, anche in ottica di risparmi per le casse dello Stato.

*Pier Raffaele Spena – presidente FAIS odv

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.