Fauci: con terza dose vaccino 44 volte più protetti da Covid

Fauci

La terza dose di vaccino anti-Covid è un’arma particolarmente efficace contro la variante Delta. A sottolinearlo è l’immunologo e consigliere scientifico della Casa Bianca, Anthony Fauci.

“La trasmissibilità della variante Delta è molto più efficiente delle altre varianti e la carica virale nelle vie aeree superiori delle persone infette è fino a mille volte superiore rispetto ad altre varianti come la Alfa. Negli Stati Uniti questo ha comportato un calo di efficacia dei vaccini contro forme gravi di malattia con conseguenti ricoveri, che è dal 91 all’81% per Moderna e dall’85 al 75% per Pfizer”.

Ma mentre in Italia si accende il dibattito sulla terza dose, la sua utilità, almeno per anziani e fragili, non sembra messa in discussione dai dati esposti da Fauci al Congresso di Firenze dei medici internisti ospedalieri di Fadoi, che gli hanno conferito il premio “Internal Medicine Research Award 2021”. Alla consegna Fauci ha espresso “rispetto e gratitudine ai medici della Fadoi per la dedizione verso i pazienti durante la pandemia e la loro competenza semplicemente fantastica”.

Ma torniamo al booster: l’efficacia della terza è dimostrata dall’esperienza israeliana condensata da Fauci in altri, significativi numeri: “A 15 giorni dalla somministrazione della terza dose del vaccino Moderna rispetto a più varianti possiamo vedere un aumento della protezione di 23 volte rispetto alla mutazione D614G (la prima rilevante rispetto al ceppo originario di Wuhan, ndr), di 32 rispetto alla mutazione B.1.351 ( detta sudafricana, ndr) e infine di 44 volte rispetto alla mutazione P.1 (detta brasiliana, ndr). Dati simili a quelli rilevati per il booster Pfizer e indistintamente in giovani e anziani, nei quali si sono avuti drastici aumenti dei livelli anticorpali e della protezione relativamente alle forme gravi di malattia e alle infezioni”.

E’ anche sulla base di questi numeri che, come ricordato dallo stesso immunologo, la Fda americana ha recentemente autorizzato la dose di richiamo del vaccino Pfizer per le persone di età pari o superiore a 65 anni e per quelle dai 18 anni in su con alto rischio di sviluppare una forma grave di infezione da Covid-19, o ancora, per persone esposte al rischio.

Sui vaccini Fauci ha poi voluto rassicurare “le persone a volte preoccupate che siano passati solo 11 mesi dal sequenziamento del virus al momento delle prime somministrazioni”. “Ma la velocità e l’efficienza con la quale sono stati sviluppati questi vaccini in grado di salvare milioni di vite -ha spiegato- sono in realtà dovuti a uno straordinario sforzo multidisciplinare, che ha coinvolto la scienza preclinica e clinica di base, messo in atto fuori dai riflettori per decenni, prima della pandemia di Covid-19”.

Fauci ha poi acceso i fari su un altro problema: quello del Long Covid. “Ci sono anche condizioni post Covid-19 -ha spiegato- spiegabili con la disfunzione residua degli organi, dovuta dal danno, come quello polmonare, che porta ad anomalie della funzione. Tuttavia dal 15 al 30% circa di individui ha una persistenza di segni e sintomi, da settimane a mesi, che non sono completamente spiegabili. Alcuni di quelli riportati come Long Covid sono affaticamento estremo, a volte debilitante, inspiegabile mancanza di respiro, dolori muscolari, disautonomia (ndr. malfunzionamento del sistema nervoso) caratterizzata da sbalzi della temperatura e tachicardia inspiegabile, disturbi del sonno, depressione e ansia, e una condizione molto curiosa denominata ‘nebbia del cervello’, che provoca nelle persone difficoltà a focalizzare o concentrare i propri pensieri”.

“A fronte di questi problemi clinici -ha quindi spiegato Dario Manfellotto, presidente Fadoi- l’idea di presa in carico dei post-Covid messa a punto dai medici internisti della Federazione è stata quella di istituire dei day hospital, non solo terapeutici ma anche diagnostici, che grazie all’apporto multidisciplinare dei diversi specialisti medici consente il follow up dei pazienti che sono passati per il Covid. Il tutto seguendo la molto più snella lista di attesa intraospedaliera. Un modello poi esportato in larga parte delle regioni italiane, rivelatosi efficace per una malattia sistemica come il Covid-19, ma che può altrettanto esserlo per fronteggiare quell’emergenza permanente che è la gestione delle policronicità”.

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