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Febbri emorragiche, il segreto di Ebola Machupo e Junin

febbri emorragiche
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Svelato il meccanismo all’origine dei sintomi più pericolosi dei virus delle febbri emorragiche, patologie insidiose e letali come Ebola. Malattie anche poco note (come Machupo e Junin) che provocano perdita di sangue attraverso i tessuti e le mucose e che si traduce anche nella formazione di lesioni emorragiche sulla pelle e di emorragie dal naso e dalle gengive.

Ma come è possibile scatenare emorragie sistemiche senza lesionare i vasi sanguigni? Il segreto si cela, ancora una volta, nel nostro sistema immunitario. In pratica gli alti livelli di interferone scatenati dal virus nel midollo, ostacolano la produzione di piastrine. Lo svela uno studio su Science Signaling, condotto all’interno di laboratori ad alta biosicurezza P3 (gli unici in cui si possono maneggiare i virus delle febbri emorragiche, altamente pericolosi), coordinata da Luca Guidotti, vice-direttore scientifico dell’Irccs Ospedale San Raffaele e professore ordinario presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, e da Zaverio Ruggeri, professore presso il prestigioso Scripps Research Institute di La Jolla, negli Usa, dove Guidotti ha condotto buona parte della sua carriera scientifica e dove è ancora oggi adjunct professor.

La ricerca non solo apre la strada allo sviluppo di nuove terapie mirate contro le febbri emorragiche, ma potrebbe essere utile anche per la messa a punto di nuovi approcci in oncologia ed ematologia.

I virus delle febbri emorragiche sono un insieme di virus a Rna, appartenenti a diverse famiglie, che sopravvivono all’interno di cosiddetti “serbatoi naturali” – animali o insetti in cui sono endemici – nelle zone tropicali e subtropicali del pianeta.

Quando passano dall’animale all’uomo, con l’ormai famoso salto di specie, questi virus causano malattie sistemiche con un decorso molto rapido e spesso letale. Oltretutto non esistono cure specifiche e il loro trattamento è limitato all’idratazione dei pazienti e, in casi particolari, alle trasfusioni di sangue e piastrine.

“Per fortuna la trasmissione tra persone di questi virus non è efficiente. A questo si deve sommare l’alta mortalità e il rapido decorso della malattia, tutti fattori che rendono il contagio ancora più difficile”, spiega Giovanni Sitia, responsabile dell’Unità di ricerca di Epatologia Sperimentale dell’Irccs Ospedale San Raffaele e tra gli autori senior dello studio.

In risposta all’aggressione di questi virus, il sistema immunitario scatena una potente reazione infiammatoria,” continua Giovanni Sitia. “Nei pazienti contagiati si possono infatti riscontrare altissimi livelli di interferone di tipo I, una molecola infiammatoria fondamentale nella risposta ai virus ma che in questo tipo di infezioni abbiamo scoperto essere all’origine del loro sintomo più pericoloso: le emorragie.”

Lo studio di un virus ‘simile’ a quelli delle febbri emorragiche nei topi ha svelato che proprio gli alti livelli di interferone scatenati dal virus nel midollo ostacolano la produzione di piastrine. “Non solo il loro numero nel sangue crolla drasticamente ma la loro funzionalità è ridotta: non sono più in grado di rilasciare le sostanze che permettono ai vasi sanguigni di restare integri, tra cui la serotonina,” spiega Guidotti, che ha coordinato la ricerca. “Questo fa sì che i vasi – soprattutto i capillari, che rappresentano oltre il 98% del totale e che irrorano tutti i tessuti – diventino permeabili: le cellule del sangue passano attraverso le loro pareti e causano emorragie”, conclude l’esperto.

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