Ricerca, nanomateriali e stampa 3D per restaurare edifici e opere d’arte

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Qualche anno fa la stampa in 3D era guardata con curiosità, quasi fosse un gioco. Poi hanno iniziato ad utilizzarla medici e ricercatori per ‘sostituire’ parti del corpo umano con repliche esatte. Questa volta la ricerca e la tecnologia si alleano per l’arte, promettendo di cambiare la storia dei restauri, proprio grazie a nanomateriali e stampanti 3D. Ma anche di contribuire alla salute dell’ambiente, ad esempio abbattendo le sostanze inquinanti.

Questo tipo di soluzioni d’avanguardia saranno infatti utilizzate per riprodurre parti mancanti di edifici ed elementi scultorei danneggiati dal tempo o da fenomeni estremi, come pioggia, vento o incendi. Il tutto rispettando reversibilità, durabilità e riconoscibilità dei materiali. Questo è il cuore del progetto 3DH-solutions per la conservazione e il restauro del patrimonio culturale, finanziato dalla Regione Lazio, che riunisce enti di ricerca come Enea, Università degli Studi Roma Tre (coordinatore) e Università di Cassino e del Lazio Meridionale insieme a imprese specializzate nel restauro e nella stampa 3D come Araknia Labs Srl e Nadir Srl.

I primi interventi, fa sapere l’Enea, saranno realizzati nella Rocca Janula di Cassino (Frosinone, nella foto sotto) e nel Palazzo Orsini ad Amatrice (Rieti).

Rocca Janula

 

“I fenomeni naturali, i fattori antropogenici così come gli eventi catastrofic e atmosferici possono deteriorare i manufatti e le costruzioni esposte in ambiente esterno”, sottolinea Rosaria D’Amato, ricercatrice del Laboratorio Enea di Micro e Nanostrutture per la Fotonica. Un deterioramento che “può influire sia sull’estetica del monumento che sulla sua stabilità, rendendo quindi difficoltosa o addirittura impossibile la sua fruibilità al pubblico. La ricostruzione delle lacune architettoniche o strutturali di un edificio può contribuire a conservare il monumento e a restituire alla collettività il godimento del bene, sia in termini estetici che prestazionali”.

La ricerca sulla stampa 3D è andata avanti, e adesso l’idea è quella di utilizzare questa tecnologia non solo per la ricostruzione di opere incomplete ma anche in ambito museale per una fruizione “interattiva” da parte del pubblico dell’opera d’arte e come oggetto di studio e ricerca. La stampa 3D è infatti in grado di fornire riproduzioni fisiche con una elevatissima precisione dei dettagli. Inoltre, rispetto alle tecniche tradizionali, offre particolari vantaggi come la possibilità di duplicare elementi di qualsiasi geometria e complessità, garantendo “un rapporto vantaggioso tra peso e prestazioni meccaniche, particolarmente importante negli edifici storici in zona sismica o con problemi strutturali. Inoltre, assicura la possibilità di utilizzo di materiali ecosostenibili, la riduzione dei tempi e dei costi richiesti dall’intervento di ripristino o restauro”, sottolineano da Enea.

Il progetto, si focalizza in particolare su due tipologie di applicazioni: la “riedificazione” parziale di pareti in muratura regolare e la ricostruzione di soli elementi decorativi, quali ad esempio i cornicioni, le decorazioni dei palazzi storici o le merlature di opere architettoniche, che rappresentano una delle situazioni di degrado più diffuse e comuni del patrimonio costruttivo italiano.

Ovviamente, occorre una ‘mappa’ digitale in grado di guidare il lavoro. “Il punto di partenza della ricerca è la fase di conoscenza del bene architettonico attraverso il suo rilievo e la sua rappresentazione digitale. La combinazione del rilievo tridimensionale e della stampa 3D costituiscono, infatti, un binomio indispensabile per garantire la comprensione sia del bene in ogni dettaglio che delle sue lacune. Inoltre, durante la riproduzione delle parti mancanti, questa associazione consente di correggere eventuali errori apportando le necessarie modifiche, con l’obiettivo di assicurare una perfetta corrispondenza tra le parti dell’oggetto, che diventano un’alternativa più precisa e più veloce ai manufatti realizzati con processi manuali” continua D’Amato.

Un altro aspetto innovativo del progetto è la sperimentazione di nuovi nanomateriali con cui realizzare gli elementi integrativi sempre mediante stampa 3D. Nanoparticelle ceramiche, opportunamente scelte, possono incrementare le proprietà meccaniche della matrice in cui sono disperse e conferire al materiale proprietà funzionali interessanti e ad alto valore aggiunto, quali idrofobicità, abilità autopulenti e biocide. Ma anche capacità di abbattere gli inquinanti atmosferici.

Protagonisti di questa fase due edifici: la Rocca Janula di Cassino, una fortezza medievale del X secolo e uno dei più significativi monumenti per la comunità locale e della Terra Sancti Benedicti. Il monumento, già oggetto di un importante restauro, presenta ancora una torre con significative lacune strutturali. L’obiettivo è di testare la possibilità di ricostruzione parziale di alcuni volumi con l’inserimento di elementi di stampa 3D.

Il Palazzo Orsini di Amatrice invece fu costruito nel XVII secolo ed è stato quasi completamente distrutto dal terremoto del 2016. “Questo edificio, che ha un forte valore identitario per la comunità locale, presentava interessanti elementi decorativi in facciata ed era caratterizzato da un’epigrafe posta su un architrave, recentemente recuperata dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Lazio insieme ad altri fregi”, ricorda la ricercatrice. “Il nostro intento è realizzare la stampa 3D di questi elementi decorativi per apporli all’edificio senza inficiarne le sue nuove caratteristiche sismiche e strutturali” spiega.

Palazzo Orsini

A che punto è il progetto? “Sono già state effettuate alcune stampe di prova. Così come sono già stati realizzati diversi provini in materiale termoplastico mediante la tecnologia di stampa 3D a deposizione fusa del filamentoe sono state eseguite delle prove sperimentali, a trazione e a flessione, per studiare il comportamento meccanico del materiale in funzione di alcuni parametri di stampa. Seguirà la fase di progettazione vera e propria su provini con nanoparticelle” conclude.

Il progetto, della durata di 24 mesi, mette insieme ricercatori, ingegneri, chimici e architetti e operatori con abilità tecnico-industriali. Obiettivo: favorire l’industrializzazione dei processi per la stampa in 3D degli elementi architettonici e l’ampliamento del campo di applicazione.

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