Sanità, un Piano Marshall che parte dal lavoro

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Il futuro della sanità  italiana deve partire dal lavoro, quello dei medici ma non solo. E’ un vero e proprio Piano Marshall quello presentato oggi dal segretario nazionale uscente dell’Anaao Assomed, Carlo Palermo nella sua relazione al 25° Congresso nazionale dell’Associazione in corso a Napoli.

Sette gli interventi chiave per una radicale trasformazione della sanità, secondo Palermo: migliorare le condizioni del lavoro ospedaliero e ricostruire un sistema che privilegi, anche per la carriera, i valori professionali rispetto a quelli organizzativi e aziendali; aumentare le retribuzioni, detassando gli incrementi contrattuali e il salario accessorio, compensando il rischio contagio, incrementando il valore del rapporto esclusivo; attribuire un nuovo stato giuridico alla dirigenza sanitaria, nel segno della dirigenza “speciale”, e riconoscere il loro ruolo peculiare attraverso forme di partecipazione ai modelli organizzativi e operativi; introdurre il contratto di formazione/lavoro per gli specializzandi e riformare la formazione post-laurea. E ancora: attuare politiche di assunzioni che recuperino i tagli del passato, che escludano il precariato e riducano la eterogeneità nei rapporti di lavoro ospedaliero; completare la legge sulla responsabilità professionale con il passaggio a un sistema “no fault” sul modello europeo; assumere il contratto di lavoro come strumento di innovazione del sistema e di governo partecipato.

Il personale, medico soprattutto, del Ssn, sostiene Palermo, è scomparso dal radar della politica del cambiamento. Frustrato e insoddisfatto, numericamente carente, mal pagato, demotivato, stressato e oberato di burocrazia, continua a vivere pessime condizioni di lavoro, cui l’emergenza pandemica ha dato il colpo di grazia amplificandone oltre ogni misura il disagio. Ma il Governo non può ignorarne ruolo e malessere. Lo scatto che oggi serve alla sanità è, soprattutto, la valorizzazione del suo “capitale umano” attraverso una profonda innovazione dell’organizzazione e della governance del sistema.

Le prestazioni sanitarie non effettuate nel periodo dell’emergenza pandemica si contano in milioni di visite specialistiche, accertamenti diagnostici, ricoveri, interventi chirurgici, procedure di screening per tumori, con decine di migliaia di mancate diagnosi. Una montagna di richieste inevase ha portato le liste di attesa a misurarsi in semestri, se non in anni, con una incidenza non trascurabile su qualità e durata della vita dei cittadini. E non basteranno certo le risorse economiche stanziate per incentivare medici e infermieri a lavorare oltre il debito orario contrattuale, anche perché non può essere considerata attrattiva una retribuzione oraria di appena 60 euro lordi (produttività aggiuntiva) per lavorare magari di notte e nel week end.

In mancanza di adeguate risorse, la prospettiva – sostiene Palermo – è quella di una privatizzazione lenta ma inesorabile del nostro Ssn per arrivare a un sistema duale: uno povero e residuale per i poveri e uno ricco in risorse, tecnologie e professionalità, sostenuto da assicurazioni e fondi “integrativi”, per i ricchi.

Negli ultimi 3 anni il Ssn ha perso quasi 21mila medici specialisti. Dal 2019 al 2021 hanno abbandonato l’ospedale 8.000 camici bianchi per dimissioni volontarie e scadenza del contratto a tempo determinato e 12.645 per pensionamenti, decessi e invalidità al 100%. Se il trend fosse confermato, tra pensionamenti e dimissioni si arriverebbe a una perdita complessiva di 40.000 medici specialisti entro il 2024.

Ma cosa cercano i medici? Orari più flessibili, maggiore autonomia professionale, minore burocrazia, valorizzazione delle competenze, più tempo da dedicare ai pazienti e alla propria vita privata. Per evitare il disastro è necessario procedere alla rapida stabilizzazione del precariato aumentando le risorse, superando i limiti della legge “Madia”, e serve un cambiamento radicale nella formazione post-laurea. La soluzione consiste nella trasformazione del contratto di formazione attuale in un contratto a tempo determinato di formazione/lavoro con oneri previdenziali e accessori a carico delle Regioni e nel conseguente inserimento dei giovani medici nella rete ospedaliera regionale.

La trasformazione dei pronto soccorso da strutture deputate all’emergenza e all’urgenza in ambienti inadeguati, insicuri e, non di rado, indecenti, ha la sua prima causa nel fenomeno della lunga attesa di un posto letto che non c’è a causa dei tagli che hanno introdotto più “moderni” posti barella. Nei pronto soccorso, sottolinea Anaao, non mancano solo posti ma anche personale e le risposte che molte Regioni mettono in campo hanno le stigmate della disperazione e le soluzioni appaiono rabberciate, spesso con ricadute peggiori del problema che vorrebbero risolvere.

Si pensi all’intervento delle Cooperative cui viene appaltata la copertura dei turni di servizio, un fenomeno che ha assunto le caratteristiche di una vera e propria sostituzione del sistema pubblico con quello privato.

Servono investimenti, un aumento della spesa corrente per adeguare gli organici, ridurre il disagio per il sovraccarico lavorativo, aumentare le retribuzioni, prevedere per il sistema dell’emergenza/urgenza interventi dedicati come una indennità economica specifica, riconoscimento di vantaggi previdenziali per il lavoro disagiato svolto, assegnazione di 10 giorni aggiuntivi di ferie annuali per favorire il recupero psico-fisico, incremento delle indennità notturne e festive, garantendo l’applicazione del contratto di lavoro.

C’è poi la questione del contesto macroeconomico in cui dovranno essere rinnovati i contratti della Sanità 2019/2021. Riprende a correre l’inflazione fino al 6,9%, un livello che non veniva toccato dal 1986. Gli incrementi contrattuali previsi a regime, poco al disopra del 4% della massa salariale, sono stati già riassorbiti da un rialzo dell’inflazione che rischia di durare anche nel 2023. Intanto la crescita economica viene rivista al ribasso. In area euro, per il 2022 siamo scesi al 2,7% rispetto al dato precedente del 4% di incremento. Mentre per il 2023 è prevista al 2,3%.

Il sorpasso della componente femminile su quella maschile tra medici e dirigenti sanitari, impone inoltre che le Aziende mettano in campo politiche di conciliazione dei tempi vita/lavoro sfruttando gli strumenti del welfare aziendale. In particolare, bisogna puntare a un incremento di flessibilità negli orari di lavoro, a una concessione meno rigida di aspettative, part-time e congedi parentali, alla creazione di asili nido e promozione di attività per i figli nei periodi di chiusura delle scuole, eliminando ogni discriminazione, diretta e indiretta, nei confronti della maternità. Un altro aspetto cui dare soluzione è quello della carriera delle donne medico e dirigenti sanitarie: solo il 16,5% delle strutture complesse nel Ssn è diretta da figure femminili. Bisogna rompere il “soffitto di cristallo”, quella barriera invisibile discriminatoria che impedisce alle donne di avanzare nella carriera oltre certi livelli.

“Servono idee per un radicale cambiamento di paradigma sul ruolo e sullo status dei medici e dei dirigenti sanitari, che sono strategici nello sviluppo di un sistema complesso come quello sanitario – conclude Palermo – dove il “capitale umano” conta quanto e più di quello economico. Lavorare in ospedale non deve essere una sofferenza perché il disagio crescente dei professionisti rischia di minare la sostenibilità del sistema sanitario. Servono nuove risorse a loro dedicate, a partire dalla prossima Legge di Bilancio, e interventi legislativi che valorizzino il loro ruolo”.

“Serve un Contratto di lavoro, quello per il triennio 2019-2021, che non sia ordinaria amministrazione, a partire dall’entità degli investimenti necessari per il lavoro, che della sanità rappresenta il segmento più costoso e complesso, ma anche il più prezioso, se si vuole andare oltre la pandemia”.

“Il futuro della sanità può nascere solo da un impegno collettivo, da un confronto e un dialogo con le istituzioni per condividere un progetto comune. Noi siamo pronti”, assicura Palermo.

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