Fenilchetonuria, una malattia rara che richiede maggiore attenzione

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Limita la capacità dell’organismo di metabolizzare gli alimenti proteici, in particolare quelli contenenti la fenilalanina (Phe), che, se accumulata, può portare nel tempo a effetti tossici che influiscono sulle capacità neurologiche. La Fenilchetonuria interessa circa 1 neonato su 10.000 in Europa, mentre in Italia si stimano circa 4.000 pazienti.

La fenilchetonuria, malattia rara della quale si celebra oggi la Giornata mondiale, è causata dalla carenza di un enzima che provoca livelli elevati di fenilalanina (Phe) nel sangue e nel cervello, con conseguenti alterazioni nei valori di serotonina e dopamina e, quindi, un impatto negativo su umore – con disturbi come ansia e depressione – apprendimento, memoria e motivazione. Numerosi studi dimostrano che la difficoltà di concentrazione è uno dei problemi più comunemente citati, che i pazienti descrivono come un “annebbiamento cerebrale”.

In Italia dal 1992 la Fenilchetonuria è inserita nello screening neonatale obbligatorio; questo ha consentito importanti passi avanti nella diagnosi precoce della malattia e nell’inserimento dei pazienti nel corretto percorso di cura. Sono però ancora molte le persone, nate prima di quella data, che hanno ricevuto una diagnosi e una dieta tardiva e a causa di questo hanno sofferto e soffrono di difficoltà cognitive; anche i pazienti che non seguono correttamente un regime ipoproteico possono andare incontro a queste difficoltà nel lungo termine in età adulta.

La terapia primaria per questa malattia rara consiste in un rigido regime alimentare ipoproteico, con un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti, soprattutto in una fase critica come quella dell’adolescenza. Alcuni studi hanno evidenziato che, durante il passaggio all’età adulta, il rispetto del regime ipoproteico si riduce notevolmente come conseguenza del desiderio di indipendenza e quindi minore controllo da parte dei genitori: spesso i giovani pazienti, per non sentirsi “diversi” dai loro coetanei, preferiscono nascondere la propria patologia sottovalutando l’importanza del loro regime alimentare.

“La Fenilchetonuria, come molte malattie rare, è aggravata da problemi quali la mancanza di specialisti, diversi per esempio dal pediatra per i pazienti in età adulta – sottolinea Maria Tommasi, direttore medico di BioMarin Italia – Un’indagine europea condotta su pazienti ha rilevato per esempio che solo il 12% dei pazienti ha accesso a un team multidisciplinare composto da medici specialisti, nutrizionisti, infermieri specializzati, psicologi e biochimici clinici, che invece sarebbe molto utile per una gestione ottimale della malattia. Anche in Italia il numero di centri dotati di team multidisciplinare è particolarmente limitato come evidenziato in una consensus italiana pubblicata nel 20219. La nostra Azienda sostiene da tempo le associazioni di pazienti impegnate a recuperare questi divari organizzativi e a garantire a tutti i pazienti con Fenilchetonuria i trattamenti appropriati per raggiungere una buona qualità di vita”.

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