Il welfare e la rivoluzione del benessere psicologico

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Come creare spazi di ascolto, attento e non giudicante, in cui le persone possano esprimere competenze, punti di forza, passioni e apprendere a collaborare?

Noi siamo relazioni (e il nostro ombelico è lì a ricordarcelo, testimone della presenza di un cordone, legame primario e nutrimento vitale, centro e principio generatore). Ma spesso le relazioni diventano difficili: possono essere demotivanti, deprimenti e piene di equivoci. I manager si sentono isolati e i collaboratori ritengono di non essere pienamente apprezzati. E questo malessere si acuisce nelle relazioni online. Un ambiente dove le relazioni sono complicate non favorisce la creatività e la rinuncia all’iniziativa e alla partecipazione si fa ancor più seducente nelle relazioni a distanza per le quali la “fatica” di raggiungere l’altro – dovendo affinare ulteriormente le capacità di comunicazione e ascolto – si fa più intensa e, potenzialmente, meno redditizia.

Se fino a solo pochi anni fa anche ammettere di andare dallo psicologo poteva costare fatica e la terapia rappresentava un tabù, oggi c’è sempre più bisogno di parlare di salute mentale e benessere psicologico. Questo perché nel tempo si è attuato un cambio di paradigma culturale: nella ricerca di una migliore qualità della vita e di un più responsabile bilanciamento tra vita e lavoro.

“L’attenzione generale al benessere psicologico è cresciuta in maniera significativa negli ultimi anni”. Si apre così, con la prefazione di Mario Alessandra – fondatore e Ceo di Mindwork, una delle principali società che erogano servizi psicologici online – il nuovo ebook ‘Benessere psicologico’, scritto da Marco Barbieri e Lucia Medri, edito da Edizioni dEste.

Nella risonanza di un tema che si lega ad un più ampio sistema di welfare, “la pandemia è stata sicuramente un game changer”: un elemento chiave che ha contribuito a dare il là a un graduale processo di sensibilizzazione e normalizzazione della dimensione psicologica all’interno di vari ambiti e settori.

In particolare il fenomeno delle Grandi dimissioni – comparso dapprima negli Stati Uniti e percepito poi anche in Italia – documenta un peso crescente dell’obiettivo del benessere – e del benessere psicologico in particolare – tra quelli perseguiti dai lavoratori (soprattutto più giovani). Che non sono disposti a sacrificarsi in nome di uno stipendio che spesso non li ripaga neanche del tutto.

Quasi l’85% delle persone intervistate nell’ultima indagine Mindwork-Bva Doxa, considera il proprio benessere psicologico generale “correlato al proprio benessere sul lavoro e viceversa”. Una persona su 3 dichiara di essersi assentata a causa di malessere emotivo, mentre il 42% del campione intervistato ritiene inefficaci le iniziative promosse dalla propria azienda per incentivare il benessere e ridurre lo stress legato al lavoro.

Il nuovo welfare aziendale ha contribuito a cancellare lo stigma sociale cui sembrava condannata la persona in cerca di supporto psicologico. E l’erogazione del servizio online sta consentendo di offrire la prestazione a un prezzo più accessibile a tutti.

Anche il bonus psicologico previsto dall’ultimo intervento governativo (i cui termini di richiesta scadranno il prossimo 25 ottobre) va in questa direzione. Ma soprattutto: favorendo un accesso di massa al supporto psicologico, ha sottratto lo stesso alla percezione di “un lusso per pochi”.

Secondo le stime dell’Ocse, la mancata prevenzione e una ritardata diagnosi del disagio psichico e psicologico hanno un costo economico globale che varrebbe fino al 4,2% del Pil. Una conseguenza macro che tuttavia si sviluppa a partire dal micro ambiente lavorativo e familiare. Nel 2020, anno della pandemia, secondo il Global Wellness Institute il mercato della psicologia ha avuto un valore di 120,8 mld di dollari. E in Italia ha venduto complessivamente 11,4 mln di euro di prestazioni in più rispetto al 2019.

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