La ‘schiavitù’ dei medici cubani in Calabria

medici cubani
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La loro missione non è ancora iniziata. Ma la vita dei 497 medici cubani attesi in Calabria per risollevare le sorti della sanità regionale (e frenare l’esodo dei pazienti) non si preannuncia semplice. Anzi, c’è già qualcuno che addirittura parla di moderna schiavitù. Ma che cosa sta succedendo?

Qualche settimana fa il commissario alla Sanità regionale e presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, aveva annunciato il ricorso a medici cubani per sopperire “alla carenza di personale medico, determinatasi a causa del blocco del turn over conseguente al piano di rientro dal debito sanitario”.

In tutto sarebbero 2.407 le unità mediche di cui le strutture pubbliche calabresi hanno bisogno, come ha riportato il ‘Corriere della Calabria’. Un piccolo esercito, così – anche se tutta la sanità fa i conti con la carenza di specialisti e operatori – nella regione si è pensato ad ‘arruolare’ professionisti dall’estero (come era accaduto in piena emergenza Covid). Una provocazione? Proprio no.

É stato siglato un Accordo quadro tra la Regione e la società cubana Csmc, che prevede un mensile di 4.700 euro per ogni professionista selezionato, dei quali però solo 1.200 euro sarebbero destinati ai dottori. Non proprio un compenso equo per un professionista della sanità, costretto oltretutto a barcamenarsi tra affitto e spese vive in un Paese estero. Il resto sarebbe andato alla Comercializadora de Servicios Médicos Cubanos S.A., società che opera per conto del governo dell’Avana.

A puntare il dito sulla questione sono stati alcuni europarlamentari che – fatti due conti – hanno accusato la Regione Calabria addirittura di sfruttamento dei medici cubani. La lettera, la cui prima firmataria è la M5S Laura Ferrara, parla di una “forma moderna di schiavitù” nel caso di simili contratti. Un’accusa respinta al mittente da Occhiuto, secondo il quale “l’accordo è stato studiato nei minimi dettagli e approfondito con l’ambasciata italiana a Cuba e con il ministero della Salute: non ci sarà alcuna violazione dei diritti umani, né alcuna forma di schiavitù”.

Oltretutto, ha replicato ancora Occhiuto, “i medici cubani ci costeranno dieci volte meno” rispetto ai colleghi ‘in somministrazione’ (o a gettone) forniti dalle società italiane. La soluzione ‘cubana’ nelle scorse settimane aveva suscitato una levata di scudi proprio dei medici in Calabria. Una situazione riportata alla calma dall’incontro, nelle scorse settimane a Roma, tra il presidente della Regione Calabria e quello della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli. 

“Abbiamo apprezzato la sensibilità dimostrata dal presidente Occhiuto nel prendersi a cuore la questione della carenza di medici specialisti in Calabria – aveva detto Anelli – e nel voler trovare una soluzione emergenziale, utilizzando tutte le risorse possibili. Da parte nostra, abbiamo in più occasioni espresso le nostre preoccupazioni per la sanità calabrese, diventata purtroppo paradigma delle disuguaglianze di salute nel nostro Paese. Ma abbiamo chiesto che la legge sia uguale per tutti, e che gli Ordini possano garantire l’esercizio della professione di tutti i medici che esercitano sul territorio italiano. Abbiamo quindi condiviso con Occhiuto la necessità di una modifica della normativa, che preveda esplicitamente il requisito dell’iscrizione ai nostri Albi anche per i medici extra-Ue che esercitino temporaneamente in Italia”.

Sulla vicenda era intervenuta anche Anaao Giovani, ribadendo l’assoluta contrarietà all’arruolamento di medici cubani mediante agenzie interinali. Il sindacato ha formalmente avanzato al Governatore una serie di proposte per reperire operatori, incassando l’impegno a iniziare un confronto con Anaao, a partire da settembre, sulla premialità per i medici di pronto soccorso e sulle proposte per migliorare le condizioni di lavoro e rendere appetibile il Ssn per i medici soprattutto nei pronto soccorso, ma anche negli altri reparti carenti.

Intanto i medici non sono ancora arrivati. A quanto apprende Fortune Italia, l’atto richiede alcune modifiche richieste dal ministero della Salute. Poi si dovrebbe poter procedere. Ma i medici cubani arriveranno davvero?

Dubito molto che in Calabria possano arrivare i quasi 500 medici cubani annunciati dal commissario alla Sanità regionale, Roberto Occhiuto, in piena campagna elettorale per le Politiche del 25 settembre scorso. Da ex deputato della commissione Affari sociali – ci dice  Francesco Sapia, già deputato di Alternativa – conosco le procedure. Perciò dico che la questione è problematica. Ciononostante, è stata affrontata con molta leggerezza, anzitutto sul piano della comunicazione istituzionale”.

“Intanto – ragiona Sapia – nel relativo iter burocratico sono coinvolti quattro ministeri: Salute, Interno, Lavoro ed Esteri. Troppo entusiasticamente, la stessa Regione aveva anticipato che, già dagli inizi dello scorso settembre, un primo contingente di medici cubani avrebbe preso servizio nel settore pubblico dell’emergenza/urgenza, che ha enormi carenze di personale, tante ambulanze non medicalizzate, postazioni del 118 soppresse senza criterio, le cinque Centrali operative che non riescono a comunicare tra di loro per l’inadeguatezza dei software utilizzati, un elisoccorso vecchio, peraltro con voli insufficienti, e professionisti cui sono stati addirittura richiesti indietro i compensi di anni di turni aggiuntivi, per un totale di 90-120mila euro a testa”.

“Inizio a pensare che la prospettiva dei medici cubani sia stata una trovata di propaganda politica, un elemento per distrarre e disorientare l’opinione pubblica. Nella sostanza – aggiunge – tutto è ancora fermo e non c’è la possibilità di ricorrere alle deroghe dell’emergenza sanitaria, già cessata da un pezzo. Ciò significa che esistono intoppi burocratici difficilmente superabili, quantomeno entro la fine del 2022. Non conta, quindi, che Occhiuto abbia il compito di accertare l’idoneità professionale dei medici cubani, per affittare i quali la Regione ha già raggiunto apposito accordo con una società privata di Cuba”.

La questione è più ampia dell’emergenza calabrese. “Sono convinto che il nuovo Parlamento, come ho detto più volte, debba cambiare le regole di determinazione dei fabbisogni di personale, ferme ai livelli del 2004, e legiferare alla svelta per potenziare il sistema dell’emergenza/urgenza e della continuità assistenziale, che al momento non garantisce ai medici contratti e stipendi convenienti, con il rischio che le speculazioni dei privati possano replicarsi a dismisura e comportare un aumento spaventoso dei costi pubblici e una grave diminuzione della qualità e della sicurezza dei servizi”, conclude Sapia.

Restiamo in attesa di notizie dei medici cubani. La missione condotta in pandemia è stata un successo, tanto che dalle città del Nord questi camici bianchi erano stati candidati al Nobel per la pace. Ma erano altri tempi, e un’altra emergenza. Quella calabrese, forse, è ancora più antica.

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