Proteggere la vista e accogliere chi vive nel buio, parla Franco Lisi

Franco Lisi
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In Italia sono circa 3 milioni le persone certificate non vedenti o ipovedenti in Italia. Persone di tutte le età che, oltre a dover fare i conti con una disabilità, si trovano ad affrontare una realtà non sempre accogliente. “Lavoriamo tutti i giorni per favorire integrazione e pari opportunità per quanto riguarda il diritto allo studio, al lavoro, ma anche alla cultura delle persone non vedenti”, sottolinea Franco Lisi, direttore dell’Istituto dei Ciechi di Milano, nella Giornata mondiale della vista.

Tra le associazioni che si occupano del problema, a partire dalla prevenzione, l’Istituto dei Ciechi opera da anni per l’integrazione scolastica e lavorativa, sociale e culturale dei ciechi, degli ipovedenti e dei pluridisabili visivi, promuovendone l’autonomia.

“I problemi che si affrontano a Milano sono gli stessi del resto d’Italia: siamo ripartiti con il nuovo anno scolastico e gli insegnanti di sostegno sono dimezzati”, racconta Lisi a Fortune Italia. Solo in Regione Lombardia “abbiamo circa 700 bambini non vedenti in età scolare, e noi ne seguiamo circa 400”.

Non è semplice mettersi nei panni di chi non può contare sulla vista per muoversi nello spazio. All’Istituto dei Ciechi hanno promosso anni fa Dialogo nel buio, “una mostra-percorso, ma anche una soluzione che serve a chi vede per conoscere da vicino il problema ed entrare in empatia con chi non vede. Un’iniziativa che dà lavoro a una cinquantina di persone non vedenti, ma che secondo me ha un valore ancor maggiore: oggi si parla tanto di empatia, fiducia, accoglienza. Ecco, nel buio queste cose di capiscono molto bene”. Vivi un’esperienza sensoriale, e ne esci cambiato.

Dialogo nel Buio, allestita da dicembre 2005 presso l’Istituto dei Ciechi di Milano, è stata esportata nel modo. Ormai non è solo un percorso: qui si svolgono anche delle attività specifiche. Ma come funziona? “Le persone, bendate, sono accompagnate da una guida non vedente. Si valorizza l’elemento della comunicazione verbale, il toccarsi, e questo muove corde emotive importanti”, racconta.

Intorno a questa ruotano molte iniziative: “Ci sono le cene al buio, il teatro, il bar – racconta Lisi – L’idea è quella di aiutare le persone a trovare nel buio una nuova dimensione: noi abbiamo in meno la vista, ma se presti attenzione anche agli altri quattro sensi, questo porta ad arricchire la vita. Nel buio sei costretto a capire, ascoltare, toccare e annusare in modo diverso”, aggiunge Lisi.

Per non parlare della sfida che comporta questa esperienza. “Abbiamo organizzato una formazione aziendale sia sulla costruzione del team, che sul modo di lavorare con i colleghi, per una maggior condivisione degli obiettivi”. Un approccio che è piaciuto alle aziende.

Un altro esempio delle attività svolte dall’Istituto per promuovere l’integrazione è stata realizzata in collaborazione con la pasta da modellare Play-Doh: 5 coppie di bambini, vedenti e non vedenti. Giocando insieme con la pasta da modellare Play-Doh hanno dimostrato come la creatività e la fantasia siano strumenti di coesione e inclusione capaci di coinvolgere tutti allo stesso modo.

Una sfida, quella dell’inclusione e delle pari opportunità per le persone con problemi alla vista, che si rinnova ogni anno. Ma adesso ci troviamo anche di fronte a una nuova legislatura e (presto) a un nuovo governo. Quali sono allora le priorità per le persone non vedenti?

“Chiediamo di porre attenzione in modo concreto alla disabilità – risponde Lisi – Penso agli ostacoli quotidiani, come le barriere architettoniche, ma anche all’adeguamento delle indennità e delle pensioni di invalidità, già prossime per molti a condizioni di miseria e ora sempre più insufficienti a offrire una vita dignitosa”. C’è poi il tema dell‘inclusione scolastica, della formazione e del diritto al lavoro.

Un altro elemento fondamentale è quello del ‘dopo di noi’ e del sostegno ai caregivers familiari con adeguate misure economiche continuative e specifiche. Un aiuto per i non vendenti può arrivare dalla tecnologia: ecco perché uno degli elementi chiave sottolineati dal direttore dell’Istituto è la diffusione delle tecnologie assistive e dell’accesso garantito al “digitale”. Insomma, c’è molto da fare, ma il primo passo è ascoltare – e capire – i bisogni di chi vive al buio.

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