Case belle, smart e sicure per persone con disabilità

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Una piccola rivoluzione che parte dall‘architettura, passando per ricerca e tecnologia. Le esigenze delle persone con disabilità sono speciali, e così devono essere anche gli ambienti in cui vivere. Case smart, accessibili e sicure: questo  l’obiettivo, ambizioso, di un progetto che punta sulla tecnologia per trasformare l’ambiente domestico e supportare l’autonomia quotidiana delle persone con disabilità e bisogni speciali.

“Un progetto come ‘Abitiamo nuovi spazi di libertà’ – dice a Fortune Italia Alberto Fontana, presidente dei Centri Clinici NeMO – vuole prima di tutto trasferire un messaggio di valore. Lavorare per progettare ambienti accessibili, belli e sicuri per persone con disabilità significa investire in una società che ha il coraggio di modificare i paradigmi culturali legati alla disabilità, che deve essere percepita come risorsa. Ecco perché soluzioni tecnologiche che incontrano il bisogno di autonomia avranno un impatto positivo per tutti, nella misura in cui sono orientate a semplificare la complessità quotidiana, a liberare tempo e a supportare dove viviamo l’esperienza del limite fisico”.

Nei giorni scorsi sono stati presentati i risultati di un’indagine pilota che ha coinvolto un primo gruppo di persone con malattie neuromuscolari e caregiver: la casa, scopriamo, è ancora legata a un senso di dipendenza, ma è forte il bisogno di autonomia all’interno delle mura domestiche.

Tra aspettative e bisogni

L’indagine condotta dal team multidisciplinare di NeMO Lab e del Centro Clinico NeMO ha coinvolto un campione di 46 adulti – di cui 23 con atrofia muscolare spinale (Sma), sclerosi laterale amiotrofica (Sla), distrofie muscolari e 23 caregiver –  e mostra che più della metà degli intervistati non è soddisfatta delle informazioni ricevute sulle tecnologie utili ad aumentare la propria autonomia. Inoltre 7 su 10 non sanno che alcune di queste soluzioni sono a carico del Servizio sanitario nazionale, nonostante una grande fiducia nelle tecnologie di controllo ambientale e il desiderio di utilizzarle di più.

Proprio da questi bisogni nasce il progetto ‘Abitiamo nuovi spazi di libertà’, promosso da Biogen e dai Centri Clinici NeMO, in collaborazione NeMO Lab e con il patrocinio di numerose associazioni di pazienti: Aisla, (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), Famiglie Sma (Associazione Genitori per la Ricerca sull’Atrofia Muscolare Spinale) e Uildm (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).

Il documento

Al centro del progetto un Forward Paper, che raccoglie le voci di esperti del mondo clinico e accademico, insieme a quelle della comunità delle persone con malattie neuromuscolari, delle Istituzioni e dell’industria. Nel documento anche alcune raccomandazioni concrete, raccolte dalle Istituzioni presenti all’evento, che si sono impegnate ad agire nelle sedi competenti per favorire l’implementazione e la semplificazione dell’accesso alle tecnologie e ai sistemi di controllo ambientale.

Come ha ricordato Fontana, la convenzione Onu per le persone con disabilità del 2006 “sottolinea quanto sia l’ambiente in cui si vive a determinare la disabilità. Ecco perché dobbiamo continuare a lavorare per creare le condizioni che modifichino gli ambienti di vita, per costruire una nuova immagine di società, nella quale le specificità di ciascuno diventino valore per tutti”.

La sfida è quella di nuove soluzioni progettuali e tecnologiche, che supportino anche i più piccoli gesti e che siano capaci di semplificare l’esperienza quotidiana vissuta nel proprio ambiente di vita.

Disabilità, i progressi della ricerca e la presa in carico tech

“Il tema della complessità è ciò caratterizza l’esperienza clinica di chi vive una patologia neuromuscolare, in quanto malattia progressiva e a carattere sistemico”, ha detto Valeria Sansone, direttore clinico e scientifico del Centro Clinico NeMO di Milano e docente presso l’Università degli Studi di Milano.

“E se è vero che in questi ultimi anni la ricerca scientifica sta facendo enormi passi avanti nello sperimentare trattamenti farmacologici che stanno cambiando la storia di alcune di queste patologie, è di fondamentale importanza – ha aggiunto Sansone – mantenere una presa in carico clinica mirata, che deve comprendere sempre di più anche una presa in carico di tipo tecnologico, attraverso la quale accompagnare ed educare la persona nella scelta e nell’uso dei dispositivi e dei sistemi adeguati ai suoi bisogni specifici”.

“Siamo convinti che l’innovazione scientifica – ha affermato Giuseppe Banfi, amministratore delegato di Biogen Italia – debba essere accompagnata da un approccio più ampio, che abbracci tutte le componenti della cura e chiami a un impegno collettivo e multidisciplinare, per rispondere alle esigenze di chi affronta gravi malattie neurologiche e neurodegenerative. Mi auguro che” questo progetto “possa essere il primo passo verso un futuro in cui la casa intelligente sia una realtà accessible, a supporto dell’autonomia delle persone con disabilità”.

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