Cuore, a caccia del segreto degli effetti benefici del vino

vino rosso
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Molti hanno sentito parlare del ‘paradosso francese’: una locuzione, coniata qualche anno fa da Serge Renaud dell’Università di Bordeaux, che attribuiva al vino rosso l’incidenza relativamente bassa di disturbi alle coronari dei francesi, nonostante la dieta ricca di grassi saturi (pensiamo ai tanti formaggi, ma anche a fois gras e macaron).

Negli ultimi anni il paradosso francese è stato ampiamente contestato, nonostante nel vino sia stata riscontrata la presenza di sostanze preziose come i polifenoli. Mentre si sono moltiplicati gli allarmi sull’effetto dell’alcol per la salute.

Ebbene, gli effetti benefici del vino, soprattutto di quello rosso, sul cuore potrebbero dipendere non solo dai polifenoli, ma anche dalla capacità di contrastare le ceramidi, particolari grassi che favoriscono la deposizione del colesterolo cattivo (Ldl) nella parete delle arterie, contribuendo così all’aterosclerosi.

Il nuovo studio

A indagare su questo fronte sono i ricercatori dell’Irccs Sacro Cuore di Negrar, che annunciano l’avvio a breve un Dottorato di ricerca, nato dalla collaborazione con l’Università scaligera. Obiettivo: dimostrare che l’assunzione lieve-moderata di vino può avere effetti cardiovascolari benefici, agendo sulla riduzione delle ceramidi, acidi grassi presenti in quantità elevata nel sangue dei pazienti colpiti più volte da eventi ischemici come l’infarto cardiaco.

Il Dottorato in Medicina Biomolecolare, presieduto da Massimo Donadelli, professore ordinario di Biochimica dell’ateneo veronese, coinvolge per il Sacro Cuore di Negrar il dottor Stefano Bonapace, cardiologo, il dottor Gianluigi Lunardi, farmacologo clinico, e il dottor Antonio Conti, direttore del laboratorio di Chimica Clinica.

Le ceramidi

Le ceramidi sono oggetto di ricerca da parte del “Sacro Cuore” e dell’Università di Verona dal 2018, grazie all’utilizzo da parte del Laboratorio di Negrar di metodiche di analisi biochimica molto sofisticate e disponibili in pochi centri al mondo.

Gli studi pubblicati dal gruppo su riviste del calibro di Arteriosclerosis, Thrombosis, and Vascular Biology e Metabolism Clinical and Experimental, hanno dimostrato che le ceramidi tendono ad aumentare il rischio di malattia coronarica e di recidiva di eventi cardiaci come l’infarto, anche in soggetti trattati farmacologicamente in modo ottimale per la riduzione del colesterolo cattivo.

I benefici dimostrati

“I benefici del consumo lieve-moderato di vino (12 grammi di alcol al giorno nella donna e 25 grammi nell’uomo, corrispondenti rispettivamente a uno o due bicchieri da 125 ml) sono stati ampiamenti dimostrati, in particolare l’assunzione di vino rosso è stata correlata a un minor rischio di malattia coronarica”, spiega Bonapace.

Studi epidemiologici e meta-analisi hanno principalmente attribuito questo risultato “alla grande varietà di composti polifenolici presenti nel vino rosso, come ad esempio il resveratrolo che inibisce la formazione di fattori infiammatori che causano malattie cardiovascolari”. Tuttavia i meccanismi biologici responsabili dei suoi effetti cardioprotettivi non sono completamente chiariti.

Tra colesterolo buono e cattivo

“A oggi il potenziale effetto benefico del vino consumato in modo lieve moderato sembra essere prevalentemente legato a un aumento nel sangue del colesterolo ‘buono’ detto Hdl e a una riduzione dell’ossidazione del colesterolo ‘cattivo’ Ldl – continua il cardiologo – Peraltro, non vi sono dati sul possibile effetto del vino sulle ceramidi, che sembrano avere un ruolo di ‘facilitatori’ nel processo di aterogenesi favorendo con vari meccanismi la deposizione del colesterolo Ldl nella parete delle arterie, causandone così la progressiva ostruzione”.

Il nuovo studio “mira proprio a cercare di chiarire attraverso un’assunzione controllata in modo sperimentale di una certa quantità di vino, se parte dell’effetto benefico di questa popolare bevanda sul sistema cardiovascolare possa passare anche attraverso la modificazione nel sangue di queste ceramidi che, in prospettiva, potrebbero diventare un nuovo ‘target terapeutico’”, conclude Bonapace.

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