Farmaci: di marca o generici? L’impatto delle cattive notizie

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Potere delle (cattive) notizie. Giornalisti e medici talvolta sottovalutano l’impatto del proprio lavoro sulle persone. Ma la verità è che, ancora oggi, il potere delle notizie è notevole, soprattutto quando parliamo di salute e di scelte personali, anche in tema di farmaci. 

Una interessante ricerca della Johns Hopkins University, pubblicata sul ‘Journal of Marketing’, spiega come notizie mediche negative possano spingere le persone a preferire farmaci ‘griffati’ rispetto alle versioni equivalenti, meno costose. E questo anche quando il rischio in realtà è solo percepito.

La preferenza per gli ‘originator’ è messa nero su bianco dal team di Manuel Hermosilla e Andrew T. Ching, ed è nata da uno spunto ricevuto in pandemia.

La storia

In piena emergenza Covid-19 ,Manuel Hermosilla aveva ricevuto una telefonata da un’amica di famiglia in Cile, a cui era stato recentemente diagnosticato un tumore. L’amica aveva bisogno di aiuto per procurarsi l’idrossiclorochina per curare la sua artrite reumatoide, un farmaco che scarseggiava a causa di presunti effetti benefici (poi seccamente smentiti) contro il virus pandemico.

Hermosilla aveva trovato due alternative: una versione generica per circa 15 dollari al mese e una di marca per 330 dollari. Risultato? L’amica non voleva la versione generica. “Data la sua diagnosi di cancro – spiega il ricercatore – sentiva che il generico non era abbastanza ‘sicuro’, il che mi ha fatto pensare: le insicurezze legate alla medicina potrebbero influire sulle scelte dei pazienti?”.

Lo stato di allarme

Ricevere cattive notizie mediche può essere allarmante. Se da un lato questo potrebbe spingerci verso uno stile di vita più sano, magari facendo più attività fisica o mangiando cibi salutari, dall’altro potrebbe avere degli effetti indesiderati insospettabili.

Dato che i farmaci di marca sono percepiti come più efficaci e, forse, anche più sicuri dei generici (nonostante siano equivalenti rispetto ai medicinali griffati), le cattive notizie potrebbero influenzare il modo in cui scegliamo tra i farmaci, hanno ipotizzato i ricercatori.

Risparmi (in fumo)

Questa nuova ricerca stima risparmi sostanziali per il sistema sanitario statunitense – parliamo di circa il 10% della spesa per i farmaci, ovvero 36 miliardi di dollari l’anno – se i pazienti scegliessero sempre un’opzione generica quando disponibile. I ricercatori suggeriscono anche che un uso più ampio dei generici potrebbe ridurre significativamente le spese sanitarie senza sacrificare la qualità della cura del paziente.

Emozioni e assunzione di rischi

Gran parte della ricerca si è concentrata sull’idea che ai consumatori manchino le informazioni in grado di rassicurali sull’equivalenza terapeutica tra farmaci generici e di marca, e questo proprio nel momento del bisogno.

“Noi, tuttavia”, afferma Hermosilla, “ci concentriamo su come gli shock informativi negativi potrebbero influire sul processo decisionale. Il nostro lavoro si basa sulla letteratura che mostra come le emozioni negative riducano l’assunzione di rischi“.

Ricevere cattive notizie è una parte spesso inevitabile dell’interazione con il sistema sanitario. In questo studio, gli autori si concentrano sulle notizie mediche fornite attraverso i risultati di esami del sangue per valutare il colesterolo Ldl (quello che definiamo cattivo), osservando la differenza tra chi ha un valore di 129 mg/dL e chi di 130 mg/dL di LDL, il confine tra le risposte “quasi ottimali” e “al limite”. Si tratta di un test comune, ma anche utile perché i livelli di Ldl possono variare anche nella stessa persona – ad esempio, a seconda del digiuno – il che implica che due individui con 129 o 130 mg/dL presentino in realtà la stessa condizione di salute.

Le scelte nel mirino

I ricercatori hanno esaminato 2.282 persone sottoposte all’esame con risultati di 129/130 mg/dL e analizzato le loro scelte in tema di farmaci. Ebbene, un risultato “al limite” ha effettivamente influenzato la scelta del farmaco.

Rispetto ai pazienti di controllo (129 mg/dL), quelli che hanno ricevuto una cattiva notizia (130 mg/dL) hanno l’1,3% di probabilità in meno di scegliere l’opzione generica. Tenendo conto dello sconto medio sul prezzo generico rispetto ai farmaci di marca, questo effetto implicherebbe un aumento di circa il 3% della spesa totale per il medicinale.

Questione di tempo

L’effetto delle cattive notizie si concentra nell’immediato periodo successivo al test (90 giorni) ed è particolarmente forte per i pazienti che acquistano un farmaco per la prima volta. L’impatto, inoltre, è maggiore tra i pazienti più sani, particolarmente “sorpresi” dalle cattive notizie.

Il team ha controllato i risultati con un altro test medico: l’emoglobina A1c, per la diagnosi e la gestione del diabete. In questo caso la soglia andava dal 6,9% al 7%. Anche in questo caso, lo studio ha confermato l’idea che le cattive notizie mediche rendano i pazienti meno disposti ad accettare il maggior rischio percepito dei farmaci generici.

Si tratta di un elemento di cui i decisori politici, ma anche i medici, dovrebbero tener conto. Dal momento che – non solo negli Stati Uniti – la ‘coperta’ della sanità è corta, e scelte fatte sull’onda di un allarme percepito (più che reale), possono avere un impatto importante sulla spesa sanitaria.

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