Aggressioni in aumento: psichiatra presa a sprangate

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Ha suscitato sconcerto e dolore fra medici e psichiatri la notizia dell’ultima, violentissima aggressione nei confronti di un’operatrice. A Pisa la psichiatra Barbara Capovani, 55 anni, appena uscita dal reparto di salute mentale adulti dellʼospedale Santa Chiara, sarebbe stata colpita violentemente con una spranga da un uomo. La vittima è stata trasportata in gravissime condizioni e in prognosi riservata all’ospedale di Cisanello.

Non si tratta, purtroppo, del primo caso di questo tipo. “La violenza perpetrata a Pisa nei confronti della collega responsabile dell’unità funzionale di Salute Mentale Adulti dell’ospedale Santa Chiara è un atto gravissimo, che ci addolora nel profondo e che ci riporta alla mente il barbaro assassinio della psichiatra Paola Labriola – ha  affermato il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli – In queste ora siamo tutti vicini alla collega, perché riesca a farcela, alla sua famiglia, e anche ai sanitari dell’ospedale, all’Ordine dei Medici di Pisa e al suo Presidente, Giuseppe Figlini”.

I numeri in Toscana

Con la pandemia il fenomeno sembrava rallentato, ora però i numeri appaiono in crescita. “Nell’ultimo anno in Toscana si sono contate 1.258 aggressioni a medici e operatori degli ospedali, di cui 935 verbali e 323 fisiche – sottolinea il segretario della Fnomceo, Roberto Monaco, che è anche presidente dell’Ordine dei Medici di Siena – con conseguenti 193 denunce per infortuni. Quasi un episodio di violenza fisica al giorno. Dobbiamo proteggere i nostri operatori, prevenendo la violenza sia direttamente, rendendo sicuri ospedali e ambulatori, sia con un’opera di educazione e informazione ai cittadini”.

L’analisi degli psichiatri

“Ammesso che l’autore di questo atto sia un paziente, le motivazioni si spiegano attraverso l’identificazione della malattia nello stesso medico che da curante diventa suo persecutore. Si tratta di una persona – ha detto dal XXVI Congresso Nazionale della Società nazionale degli Psichiatri Forensi in corso ad Alghero Enrico Zanalda, presidente della Società Italiana di Psichiatria Forense – che non riconoscendo la sua patologia, attribuisce al medico il pericolo che avverte a causa della propria patologia e lo identifica come persecutore. E’ come se, sopprimendo lui, sopprimesse la propria angoscia e terrore”.

Un lavoro pericoloso

Quella degli psichiatri è la categoria che subisce più violenza fisica, dopo gli operatori al Pronto Soccorso. “Trattiamo persone che hanno difficoltà a gestire gli impulsi, e non è sempre facile capire se ci sono messaggi più pericolosi di altri. E’ vero anche che se ci sono minacce precedenti, vanno prese sul serio e segnalate in Procura. La malattia, specie se acuta – ha detto Zanalda – determina uno sconvolgimento emotivo oltre che nel malato anche nelle persone vicine a lui. Nei reparti di psichiatria la questione è legata soprattutto alla mancanza di consapevolezza della malattia che, se presente, determina una mancata collaborazione alle cure e talvolta il rifiuto delle stesse. Questi aspetti poi vengono talvolta enfatizzati dalla scarsa diffusione culturale delle problematiche collegate alla salute mentale”.

Le aggressioni a medici e sanitari

“In media vengono registrati 2.500 casi l’anno di infortuni legati all’evento aggressione nel comparto della Sanità e assistenza sociale, la maggior parte in case di cura e ospedali. E ad essere più colpite sono le operatrici sanitarie di sesso femminile (75% dei casi). I medici riferiscono un incremento di aggressioni del 63% dal 2011 al 2018, con una esplosione non quantificata legata al lockdown”, ha aggiunto Giovanna Crespi, psichiatra e segretario nazionale della Società Italiana di Psichiatria Forense.

“E’ stabile il trend negli anni di aggressioni al personale sanitario che è purtroppo pari a circa 35 episodi su 10.000 addetti. I dati sottolineano come le donne siano più esposte, e come vi sia un progressivo spostamento verso i luoghi di esercizio della medicina territoriale (domicilio, strutture non ospedaliere). Esiste una legge che contiene delle buone proposte per tutelare i professionisti della sanità, anche se non è sufficiente perché serve investire sulla professionalità e sulla tecnologia per rendere più efficiente il servizio sanitario”.

Mancate denunce

C’è poi la questione del sommerso. “La gran parte delle aggressioni (verbali e non solo), non viene denunciata perché il sanitario dovrebbe effettuare direttamente l’esposto. Questo, oltre che un’ulteriore perdita di tempo, rende il medico visibile all’autore del reato che potrebbe in futuro effettuare delle ritorsioni”, ha ricordato Crespi.

Non è la prima volta che Fortune Italia si occupa del problema. Presidiare con la polizia gli ospedali italiani, come già si sta facendo in alcune grandi città, evidentemente non basta. Occorre davvero rendere più sicuri ospedali e ambulatori, alle prese con problemi organizzativi e liste d’attesa, ed educare i cittadini.

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