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Farmaci più accessibili? La riforma Ue che non piace alle imprese

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Migliorare l’accesso ai farmaci, rendendolo più uniforme nel Vecchio Continente, incidendo sui prezzi e soprattutto sulla burocrazia che ancora allontana la reale disponibilità dei medicinali nei singoli Paesi dopo il via libera europeo. In che modo? Le novità in vista per il pharma sono diverse, ma al primo posto c’è la revisione del periodo di esclusiva sui medicinali, che passa da 10 a 8 anni, con la possibilità per le aziende del settore di arrivare fino a 12 anni, ma solo a precise condizioni.

Sono alcuni dei punti chiave della bozza diffusa dalla Commissione europea, da tempo al lavoro sulla “riforma più ampia in oltre 20 anni della legislazione farmaceutica dell’Ue per renderla più agile, flessibile e adeguata alle esigenze dei cittadini e delle imprese”. Le intenzioni sono buone, ma il testo, forse non proprio a sorpresa, ha incassato durissime critiche proprio dalle imprese, europee e italiane.

La posizione del pharma

“Si tratta di un ragionamento anti-industriale, che allontanerà gli investimenti e penalizzerà anche le imprese italiane”, ha detto a Fortune Italia Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, definendo la bozza “un vero disastro”.

Ma come mai, visto che nelle premesse il nuovo regolamento dovrebbe favorire l’accessebilità dei farmaci? “Si va contro queste intenzioni con una riduzione secca della data protection (ovvero i risultati della sperimentazione clinica, ndr) da 8 a 6 anni e dell’esclusiva di mercato per i farmaci orfani da 10 a 9 anni“, ha elencato Cattani. “Poi si introduce una serie di meccanismi complessi di benefici aggiuntivi che è difficile possano realizzarsi. E questo in antitesi rispetto a quanto stanno facendo altri Paesi, vedi gli Stati Uniti”.

Gli obiettivi della Commissione

La Commissione non la pensa così. La revisione “migliorerà la disponibilità e l’accessibilità, anche in termini di prezzi, dei medicinali. Sosterrà l’innovazione e darà slancio alla competitività e all’attrattiva dell’industria farmaceutica europea”, assicurano da Bruxelles. Oltre alla riforma, la Commissione ha presentato anche una proposta di raccomandazione del Consiglio per intensificare la lotta contro la resistenza antimicrobica.

Cosa cambia

Come anticipato, la durata dei brevetti sui farmaci si riduce di due anni – ma solo in Europa – con però la possibilità di  prolungare i tempi fino a 12 anni se le imprese si impegnano a garantire l’accesso ai nuovi farmaci in tutti gli Stati dell’Unione Ue o a rispondere a esigenze mediche insoddisfatte.

Tra le misure proposte da Bruxelles anche l’ingresso più veloce nel mercato per i farmaci generici, dal giorno di scadenza del periodo di esclusiva, e l’introduzione insieme al bugiardino cartaceo anche di quello elettronico, per garantire informazioni accurate ai pazienti nella loro lingua.

Si ridurranno i tempi per l’autorizzazione  dei  farmaci, che oggi arrivano anche a 40o giorni, e della burocrazia, sulla scorta dell’esperienza Covid: con la digitalizzazione delle domande, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema), avrà 18o giorni di tempo  invece degli attuali 21o, mentre la Commissione ne avrà 46 invece di 67. Per i farmaci di superiore interesse pubblico, l’Ema dovrà impiegare 150 giorni.

La digitalizzazione consentirà anche di ridurre il rischio di carenza di farmaci, che nei mesi passati ha riguardato tutta Europa, grazie un sistema di monitoraggio elettronico in temo reale, che renderà più facile reindirizzare le scorte verso i Paesi
che ne hanno bisogno.

“I medicinali autorizzati nell’Ue non giungono ancora ai pazienti con sufficiente rapidità e non sono accessibili in egual misura in tutti gli Stati membri – ha ricordato la Commissione europea – Vi sono notevoli lacune in termini di risposta a esigenze mediche non soddisfatte, malattie rare e resistenza antimicrobica. I prezzi elevati dei trattamenti innovativi e le carenze di medicinali rimangono causa di forte preoccupazione per i pazienti e i sistemi sanitari”.

La revisione mira a “creare un robusto mercato unico dei medicinali tale da garantire che tutti i pazienti nell’intera Ue dispongano di un accesso tempestivo ed equo a medicinali sicuri, efficaci e a prezzi accessibili”, continuando ad attrarre innovazione.

Un effetto boomerang?

A paventare “conseguenze pesantissime sulla competitività e sull’attrattività dell’industria farmaceutica in Europa e in Italia, quindi sugli investimenti e sull’occupazione” sono le imprese riunite in Efpia e Farmindustria, convinte che la riforma potrebbe rivelarsi un boomerang, traducendosi in una fuga dall’Europa e in un minore accesso alle cure e all’innovazione per i cittadini del Vecchio Continente.

Lo scenario

“E’ profondamente preoccupante – ha detto il direttore generale dell’Efpia, Nathalie Moll – che non sia stato ancora effettuato un studio completo sulle ripercussioni sulla competitività, per valutare il reale impatto che le proposte di normativa avranno sull’accesso ai nuovi trattamenti, ma anche su posti di lavoro, investimenti in ricerca e sviluppo, università, produzione e crescita in tutta Europa”. La valutazione d’impatto sulla normativa “stima un risparmio di 662 milioni di euro per i soggetti pagatori pubblici, con un costo di 640 milioni di euro per l’industria innovativa, mentre l’industria generica guadagnerà 88 milioni di euro. Tuttavia, non vi è alcuna valutazione sul costo per l’Europa. I modelli sviluppati da Charles Rivers Associates mostrano che, entro il 2030, le proposte normative della Commissione potrebbero dimezzare il numero di persone in ruoli di R&S nel settore farmaceutico in Europa e una perdita intorno ai 15 miliardi di euro degli investimenti aziendali in R&S ogni anno”.

Parliamo di 2,5 milioni di posti di lavoro in tutto il blocco europeo, con 42 miliardi di euro all’anno investiti in R&S.

La concorrenza di Cina e Usa

“Dobbiamo guardare a uno scenario globale: l’indebolimento della proprietà intellettuale presenta rischi certi per investimenti e innovazione in Europa, assolutamente non compensati dal nuovo sistema di incentivi – riprende Cattani – Oltretutto la concorrenza oggi è globale. A dircelo sono i numeri dei farmaci approvati dall’Ema: 3,5 su 10 oggi sono frutto della ricerca americana 2,2 cinese”.

La farmaceutica è un affare globale. “Ecco perchè la proprietà intellettuale non può essere ridotta neanche di un giorno, altrimenti il pericolo – insiste il numero uno di Farminduatria – è quello di vedere arrivare prima i nuovi farmaci e vaccini nei Paesi che garantiscono un quadro più favorevole. Il tutto favorendo nei fatti i Paesi extra Ue che hanno adottato politiche fortemente incentivanti negli ultimi 20 anni”.

A risentirne di più sarebbero proprio gli Stati Ue con più alta presenza industriale, come l’Italia, insiste il presidente di Farmindustria. “Siamo leader in Europa nel pharma. Ecco perchè siamo con il Governo italiano, che ha preso una posizione molto chiara sulla bozza di revisione: c’è un’industria che rappresenta un patrimonio per la salute, la crescita economica, l’innovazione e la stessa sicurezza nazionale, che rischia di subire un duro colpo”.

Il pericolo “è che alcune aziende chiudano, altre smettano di produrre farmaci essenziali, e l’innovazione sia ostacolata piuttosto che favorita”, chiosa il presidente di Farmindustria. L’impressione è che la partita sia appena cominciata.

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