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Sfida tra uomini e robot, l’impatto sul cervello

Robot tennis
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“Il sesso come sublimazione del tennis”. Si intitola così la raccolta degli scritti di Sigmund Freud che in qualche modo puntano sulla psicoanalisi anche prendendo spunto da ossessioni, vittorie inattese e sconfitte imprevedibili. Chi avrebbe detto che, senza entrare nel mondo delle visioni psicoanalitiche, a distanza di decenni uno studio sul tennis da tavolo sarebbe giunto a disegnare la complessità del rapporto tra uomo e robot, al punto da definire le risposte cerebrali diverse dell’individuo quando si trova di fronte un avversario in carne ed ossa o piuttosto una sorta di cyborg tecnologico.

Ebbene, anche questa soglia à stata superata grazie allo studio realizzato da Amanda Studnicki e Daniel P. Ferris dell’Università della Florida, apparso sulla rivista eNeuro. La ricerca, pur senza entrare nei meandri della psiche ma rimanendo solamente nel circuito delle reazioni neurologiche e delle aree cerebrali, offre uno spaccato dei meccanismi competitivi diversi che possono realizzarsi nella sfida uomo-uomo versus uomo-macchina e dell’impatto che queste situazioni possono creare nel cervello.

In estrema sintesi: la reazione è profondamente diversa se si sfida con la racchetta un’altra persona o una sorta di robot-cyborg pronto a rispondere. Nel primo caso, l’analisi della reazione cerebrale rivela una specie di attività collaborativa protratta dei neuroni e delle connessioni. Ma quando si sfida la macchina, creare questo “coacervo” di operatività neuronale diretta verso l’obiettivo appare più difficile.

Il cervello rischia di non agire in perfetto coordinamento e di affaticarsi di più. Dal ping-pong all’attività di ogni giorno, il passo è breve. E a detta dei ricercatori quanto emerge dall’indagine rivela come la strada per il rapporto uomo-macchina ottimale presenti ancora qualche tornante di complessità da superare. 

L’analisi è partita da una serie lunghissima di match fatti di servizi, schiacciate, risposte liftate e simili che Studnicki ha portato avanti trovando dall’altra parte del tavolo cyborg, opportunamente attrezzato con un cappello composto da molteplici elettrodi rilevanti. Il dispositivo robotico è l’ideale per capire le reazioni del cervello quando deve rispondere a stimoli ad alta velocità come quelli di questa attività.

Grazie a questi sistemi si è riusciti ad analizzare con cura sulla regione del cervello che trasforma le informazioni sensoriali in movimento, ovvero la corteccia parieto-occipitale. Analizzando le ore di match si è visto che il robot in pratica “desincronizza” la risposta dei neuroni, che invece si attivano “come un sol’uomo” in caso di partita con un essere umano. L’interfaccia con la macchina, a prescindere dall’allenamento dell’umano, imporrebbe uno sforzo maggiore al cervello umano fin dal momento della battuta.

Il cyborg non “avverte” né fa movimenti che possono indirizzare verso il servizio in arrivo. In qualche modo, quindi, crea la sorpresa che  tende a disallineare la reazione cerebrale. Il contrario avviene quando si sfida un umano. L’elettrocencefalogramma di chi sta per rispondere rivela una reazione composta, misurata e soprattutto organizzata del sistema nervoso.  Come a dire che giocando con un umano si creano situazioni non esattamente riproducibili con la macchina.

Trasferendo questi esperimenti al mondo del lavoro, con i robot che si stanno diffondendo e che lavorano al fianco dell’uomo, le reazioni registrate sul tavolo di ping-pong potrebbero diventare oggetto di studio per realizzare condizioni ergonomiche anche sotto l’aspetto delle reazioni cerebrali di chi lavora. Gli esperti americani ricordano infatti che le persone destinate ad interagire con i robot si troveranno in condizioni diverse rispetto al classico rapporto con il collega. E bisogna capire come il cervello reagisce, e soprattutto reagirà, a questi stimoli. E’ una sfida. Per il futuro. 

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