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W7 Summit, l’indipendenza finanziaria e la libertà delle donne

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La lotta per la parità di genere è una sfida globale. Eppure, se in Europa ci stiamo impegnando attraverso azioni concrete (è da poco stata approvata la direttiva contro la violenza di genere e le mutilazioni genitali), c’è una parte di mondo in cui i divari sono molto più marcati. L’Africa, per esempio. Dove crisi come quella alimentare gravano soprattutto sulle ragazze e sulle donne, che spesso per ragioni culturali “mangiano per ultime e di meno”.

Sono le parole di Cynthia Liliane Kamikazi – Chief Partnerships, Policy & Resources Mobilization, Women and Civil Society Organizations, African Development Bank – durante il suo keynot speech introduttivo alla seconda giornata del W7 Summit: l’incontro in corso a Roma in vista del prossimo G7 italiano e dedicato alle pari opportunità.

Parità di genere, gli obiettivi italiani e le priorità del W7 Summit

Per questo motivo, spiega Kamikazi a Fortune Italia, è imperativo che in tutti i Paesi, e specialmente quelli in via di sviluppo, la ricchezza sia distribuita equamente. “Per farlo occorre educare. Il progresso economico può migliorare il benessere dell’umanità e sconfiggere la povertà, incidendo anche sulle dinamiche di genere”.

Cynthia Liliane Kamikazi, Chief Partnerships, Policy & Resources Mobilization, Women and Civil Society Organizations, African Development Bank

L’indipendenza finanziaria rende le donne libere

Il primo dei panel della seconda giornata del W7 Summit, moderato dal giornalista Rai Nicola Di Turi, è stato appunto intitolato ‘Financial empowerement to accelerate progress… made by women’. A partecipare Alessandra Perrazzelli, vicedirettrice generale Banca d’Italia, Enrico Giovannini, Ceo and Scientific Co Director Asvis, Lemona Chanda, Supervisor Financial Conduct Authority & Founder OurCause, Letizia d’Abbondanza, Chief Customer & External Communication Officer Axa Italia.

“Una persona finanziariamente formata sa come spendere i propri soldi, sa prendere decisioni finanziarie giuste. È più consapevole e questo le permette di avere accesso a risorse per raggiungere i suoi obiettivi”, dice Enrico Giovannini. “Il G7 deve essere una grande opportunità per parlare anche di questo, ossia dell’importanza dell’indipendenza finanziaria di tutti per colmare i gap e accelerare il progresso”.

Un momento del panel del W7 Summit. Da sinistra: Nicola Di Turi, Alessandra Perrazzelli, Lemona Chanda, Letizia d’Abbondanza, Enrico Giovannini

La responsabile Customer External Communication del Gruppo assicurativo Axa Italia, Letizia d’Abbondanza, è da sempre sensibilmente attiva su tutto ciò che riguarda le tematiche di genere. “Essere indipendenti significa essere liberi. Per me esistono alcune parole chiave. La prima è lavoro, che è il livello principale per diventare indipendenti. La seconda è equilibrio: in Axa l’attenzione alla salute mentale è importante. Mediamente, le donne sono sottoposte a stress maggiore rispetto agli uomini, proprio perché oltre al lavoro si prendono cura della casa e della famiglia. Poi ci sono le competenze e quindi l’educazione economico-finanziaria“.

Ma a proposito di competenze nel mercato del lavoro, le nuove tecnologie e in particolare l’intelligenza artificiale, richiedono sempre più skill e una formazione che alle donne troppo spesso, fino ad ora, è stata negata. Sempre per resistenze culturali. “Le donne lavorano poco nello sviluppo dell’intelligenza artificiale e questo rischia di rafforzare bias culturali già radicati, perché a creare e produrre sistemi di AI sono soprattutto uomini. L’implementazione dell’AI, inoltre, è particolarmente adatta a quei ruoli di amministrazione in cui le donne sono molto presenti e questo è un ulteriore problema”, spiega Perrazzelli.

Ciononostante, grazie all’intelligenza artificiale, le donne che vivono in ambienti in cui l’infrastruttura tradizionale è scarsa, possono ad esempio accedere all’istruzione da remoto. “Allo stesso modo – continua Perrazzelli – il lavoro da remoto rende le nostre vite molto più flessibili”. I benecifi, insomma, ci sono eccome. Secondo la vicedirettrice, occorre però intervenire sul fronte dell’istruzione. “Il rischio altrimenti è che l’AI amplifichi e rinforzi i meccanismi di esclusione femminile, per esempio attraverso algoritmi che favoriscono, a parità di competenze, l’assunzione di lavoratori uomini”.

Il cambiamento culturale deve avvenire (anche) in azienda

La letteratura scientifica non ha dubbi sul fatto che la presenza delle donne nelle aziende – e la diversità in tutte le sue declinazioni – favorisca un ambiente più innovativo, più creativo, persino più sostenibile e, in ultima analisi, porti migliori performance aziendali e maggiori ritorni economici.

“In Deloitte è stato sviluppato il DE&I Maturity Index, ovvero uno strumento che mira ad analizzare il livello di inclusività delle organizzazioni italiane”, ha ricordato la partner di Deloitte Legal Barbara Pontecorvo (nella foto in evidenza insieme alla W7 co-chair Claudia Segre, all’assessora alle Attività produttive e alle Pari opportunità Monica Lucarelli, alla W7 Advisor Caroline Ausserer e all’Head of Outreach & Engagement unit EIGE Dennis van der Veur durante il panel ‘The Cost of Gender-Based Violence: The Power of Data’).

Pontecorvo, a Fortune Italia ha poi dichiarato: “Le aziende possono essere un grande esempio e offrire spunti per la società civile, per definire le politiche dei governi. Attraverso la raccolta dei dati possiamo essere un modello per noi stessi e per l’esterno. La collaborazione tra pubblico e privato? È fondamentale. Solo così, e con una cooperazione più stretta tra Stati, potremo raggiungere nuovi progressi verso l’obiettivo della parità di genere”.

Un obiettivo che preme a tutti, ma soprattutto alle nuove generazioni, come hanno sottolineato nel corso del panel successivo le giovanissime attiviste Mama Sampy, Farida Ally ed Elimu Care. “I ‘grandi’ a capo delle aziende di oggi, hanno la possibilità di riscrivere da adesso il futuro dei ‘grandi’ di domani”, ha detto Ally.

Mama Sampy, Farida Ally ed Elimu Care

Il dream-gap e le materie Stem

Possiamo ispirare le prossime generazioni di leader. Eppure, a osservare gli adolescenti moderni, a volte si ha la sensazione che non abbiano chissà che aspirazioni, che non sognino così tanto. Alcuni bambini crescono privi di stimoli, con gli occhi fissi sugli schermi: del cellulare, del tablet, del televisore. E in ogni caso esiste un ‘dream-gap’: le bambine sognano meno. Non immaginano di diventare astronaute, per esempio. Si sentono meno capaci dei coetanei maschi e vengono dirottate verso ambizioni diverse. E il cielo è il luogo simbolo dei desideri”.

A dirlo in un altro dei dibattiti del W7 Summit è Ersilia Vaudo Scarpetta (MPW di Fortune Italia nel 2022), Chief Diversity Officer ESA. Con lei la giornalista Rai Arianna Voto, il direttore delle riviste F e Natural Style Luca Dini, l’Emeritus research Director CNR Sveva Avveduto, l’Astronomer & Founder of Travelling Telescope Susan Murabana e la co-chair W20 Janaina Nolasco Gama.

Ispirandosi a Susan Murabana, che con ‘The Travelling Telescope’ mostra le stelle ai bambini e alle bambine di moltissimi villaggi kenyoti, Vaudo Scarpetta ha fondato l’associazione non profit ‘Il Cielo Itinerante’, portando il telescopio in aree svantaggiate del nostro Paese. “La prima tappa, nel 2021, è stata Forcella a Napoli”, racconta. “Guardare un pianeta lontano può scatenare qualcosa di profondo, innescare in un bambino il desiderio di raggiungere qualcosa”.

Il dream-gap è in realtà direttamente collegato con un altro problema: quello della voragine femminile nelle discipline Stem. “Le ragazze, infatti, crescendo continuano a sentirsi inadeguate e preferiscono le materie umanistiche e sociali, mentre i ragazzi dominano nell’ambito Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Affrontare questa disparità di genere e incoraggiare la partecipazione femminile in queste materie – precisa Nolasco Gama – richiede un impegno consapevole, partendo dall’ambiente scolastico e promuovendo la sensibilizzazione su tali questioni”.

Se tutti lavoriamo nella stessa direzione, come concordato dai partecipanti dell’ultimo panel condotto dalla giornalista Sky Mariangela Pira, possiamo avere un impatto enorme. “Giovani e meno giovani devono guidare questa trasformazione insieme. La priorità non è ‘la parità’, ma ‘il futuro'”, ha concluso Virginia Littlejohn, WE-ACT Coordinator, W20 (G20).

Virginia Littlejohn, WE-ACT Coordinator, W20 (G20). Al panel con lei: Antonella Baldino, Head of Business Promotion and Portfolio Management International Cooperation CDP, Jessica Espinoza, CEO, 2x Global, Harbeen Arora Rai, Founder & President G100

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