Tumore del polmone, terapia target prolunga sopravvivenza

Filippo De Marinis
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Spesso sono donne, non fumatrici e si ritrovano con un tumore del polmone, causato da un ‘bug’ del loro Dna, la mutazione EGFR. Ma buona notizia è che oggi, grazie ad una terapia a target dalle performance straordinarie, questo ‘svantaggio’ molecolare si traduce in una possibilità terapeutica che dà un vantaggio si sopravvivenza mai visto prima per questo tipo di tumore.

L’88% dei pazienti trattati con osimertinib (1 compressa al giorno per tre anni), subito dopo la rimozione chirurgica del tumore, è vivo a 5 anni. Il 51% in più di quelli sottoposti a chemioterapia, un trattamento che ha sempre più un ruolo ‘complementare’ e che non dovrebbe più essere utilizzata da sola, ma in associazione ai farmaci di ultima generazione, dall’immunoterapia ai farmaci a bersaglio molecolare, sostengono gli esperti.

Visti questi risultati, giudicati dagli addetti ai lavori ‘eccezionali’, non sorprende dunque che lo studio Adaura, abbia meritato la presentazione in plenaria al congresso dell’Asco (American Society of Clinical Oncology) e la pubblicazione anticipata sul New England Journal of Medicine. “È un risultato mai ottenuto prima in questo tipo di tumore – commenta il professor Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano e Principal Investigator dello studio per l’Italia – per il quale dopo l’intervento chirurgico viene somministrata la chemioterapia (in adiuvante), che dà un vantaggio di sopravvivenza del 4,5%, mentre nei portatori di mutazione EGFR il trattamento con osimertinib dà un vantaggio del 10%, riducendo il rischio di morte del 51%”.

“A 5 anni è vivo l’88% dei pazienti trattati con questa terapia a target, contro il 73-75% di quelli trattati con chemioterapia. È un dato formidabile, in assoluto per l’adenocarcinoma in adiuvante e in particolare nel setting dei pazienti con EGFR mutato perché in passato erano stati effettuati altri studi con inibitori di prima generazione, che non avevano prodotto un aumento di sopravvivenza”.

Già disponibile per i pazienti italiani

E c’è un’altra ottima notizia per i pazienti italiani. “Non dovranno aspettare i classici tre anni che passano tra l’approvazione Ema e quella Aifa– afferma il professor de Marinis – perché questo farmaco è già disponibile nel nostro Paese. L’Aifa infatti lo aveva già approvato lo scorso ottobre, a seguito della pubblicazione degli eccezionali dati sulla diminuzione del 70% delle recidive nel tempo (PFS), scaturiti da un’altra analisi dello stesso studio. Da domani possiamo dire ai nostri malati che, prendendo osimertibib dopo l’intervento chirurgico, avranno la possibilità di vivere più a lungo”.

“I risultati di PFS e di sopravvivenza globale – commenta dall’altra parte dell’oceano il professor Roy S. Herbst, vice-direttore dello Yale Cancer Center, vice preside per la ricerca traslazionale alla Yale School of Medicine e primo autore dello studio Adaura – impongono osimertinib come nuovo ‘standard of care’ per il trattamento del tumore polmonare EGFR mutato operabile (stadio Ib-IIIa)”.

Il test molecolare

Osimertinib è un farmaco straordinario dunque, ma adesso è fondamentale cambiare l’approccio diagnostico per farlo arrivare ai pazienti. “Purtroppo sono ancora pochi i centri che fanno il test NGS in fase precoce – afferma il professor Saverio Cinieri, presidente dell’Aiom (Associazione Italiana Oncologia Medica) – molti centri si limitano ancora a farlo solo quando compaiono le metastasi; invece andrebbe fatto subito, sul pezzo operatorio del tumore, ma anche prima, sulla biopsia diagnostica fatta in corso di broncoscopia. Questo cambierebbe completamente l’approccio terapeutico e permettebbe di indirizzare questi pazienti alla terapia a target.”

Tumor board e team multidisciplinare

“É sulla biopsia iniziale, fatta per definire la diagnosi – sottolinea il professor de Marinis – che andrebbe fatta tutta la valutazione di un pannello molecolare su almeno 150 geni per caratterizzare quel tumore e poterlo studiare e trattare in tutte le forme con terapie a target. Si impone una rivoluzione nell’ambito della multidisciplinarietà: il chirurgo, il biologo molecolare e l’oncologo devono ragionare insieme per capire qual è il trattamento migliore per un paziente. Dobbiamo estendere tutto questo in tutti i centri italiani”.

Il ruolo della chirurgia nel tumore del polmone

“La chirurgia ha un ruolo fondamentale nei primi stadi del tumore – ammette de Marinis – è un approccio sicuro e dà i risultati migliori. Ma l’invito è sempre quello di rivolgersi a centri che hanno un alto volume di interventi, per un discorso di efficacia e di sicurezza. La chirurgia offre i risultati migliori ma ad oggi c’era qualcosa di inspiegabile: perché quel paziente che ho operato in fase precoce è ricaduto dopo un anno? Oggi sappiamo perché: in quel tessuto è presente un gene ‘attivante’, un fattore prognostico negativo per la storia naturale di quel carcinoma. Ma oggi abbiamo farmaci come osimertinib, in grado di ribaltare una situazione negativa, nella migliore possibile. E se a 5 anni vediamo l’88% dei pazienti ancora vivo senza recidiva, possiamo cominciare a pensare di parlare di ‘guarigione’ anche per questo tumore.”

Inquinamento dell’aria e mutazione EGFR

“Molti dei pazienti con mutazioni EGFR – ricorda il professor Cinieri – non hanno mai fumato. Alcuni dati sperimentali suggeriscono che una possibile causa di queste forme tumorali sia l’inquinamento ambientale, come quello da PM10”. “Ribadiamo assolutamente però – sottolinea De Marinis – la pericolosità del fumo e l’indicazione a smettere di fumare, perché comunque per il 90% il tumore del polmone è legato al fumo (al quale sono attribuibili 1,8 milioni di decessi ogni anno nel mondo)”.

L’approccio a ‘taglia unica’ per la terapia del tumore, riceve con questo studio un’ulteriore battuta d’arresto, confermando la validità dell’oncologia di precisione e dei trattamenti ‘su misura’ per quel singolo tumore e quel singolo paziente.

Nello studio il trattamento con osimertinib dopo l’intervento chirurgico ha dunque ridotto in maniera significativa il rischio di morte nei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio IB, II o IIIa. I pazienti trattati con questa terapia a target hanno presentato una riduzione del rischio di morte del 51% rispetto al gruppo di controllo e la loro sopravvivenza a 5 anni ha raggiunto l’88% (rispetto al 78% del gruppo di controllo, il 60% dei quali erano stati trattati con chemioterapia).

Osimertinib è un inibitore delle tirosin chinasi (TKI) di terza generazione e la prima terapia a target approvata da Fda e Ema come terapia adiuvante per il tumore polmonare non a piccole cellule in stadio Ib-IIIa. Le forme EGFR mutate rappresentano il 10-25% dei tumori polmonari negli Usa e in Europa, ma fino al 30-40% tra gli asiatici.

Ogni anno si diagnosticano in Italia quali 44 mila nuovi casi di tumore del polmone e ancora 34 mila decessi. Ma la ricerca farmaceutica sta rivoluzionando i dati di sopravvivenza anche per questo tumore.

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