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Mal di schiena, l’insolito effetto di dissonanza cognitiva e depressione

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Se volete, pensate subito alla tensione muscolare, figlia dello stress. O magari riflettete sulla vostra postura. O ancora fate gli esami necessari per svelare un’eventuale discopatia. Ma quando vi trovate ad affrontare il mal di schiena, con il collo che fatica a fare le sue torsioni senza indurre dolore oppure con la classica lombalgia, non dimenticate di pensare al ruolo che un’informazione difforme e lontana dal vostro pensiero potrebbe giocare nella genesi dei dolori.

Sì. Avete letto bene. Esiste un fattore di rischio per cervicalgia e dolori lombari che va ben oltre gli atteggiamenti posturali, lo scarso allenamento o la tensione muscolare. Si chiama dissonanza cognitiva. E può diventare una conseguenza delle fake news o più semplicemente di pensieri più o meno bizzarri su problematiche che stanno a cuore.

Così, quando ci troviamo a leggere o ad ascoltare informazioni contrarie al nostro pensiero o alle nostre credenze, oltre che al nostro modo di comportarci, la spina dorsale e i muscoli che la circondano diventa un obiettivo delle discrepanze tra pensiero e percezione. E crescerebbe anche la pressione sulle vertebre cervicali e lombari. Addirittura, esisterebbe un rapporto tra effetto della dissonanza cognitiva ed intensità del carico cui viene sottoposta la colonna vertebrale. Quanto più sale il punteggio relativo alla dissonanza cognitiva, tanto più significativo tende ad essere il carico che si sviluppa sulle aree della colonna più sensibili.

Quindi, per certi versi, nel momento in cui una persona si presenta con un dolore che non fa voltare il capo o con la classica lombalgia cronica forse bisognerebbe riflettere sul suo stato psicologico. E su quanto la dissonanza cognitiva, con relativo disagio psicologico, potrebbe incidere sui meccanismi che provocano le algie. 

A suggerire la presenza di questo fattore di rischio per il mal di scheina è una ricerca apparsa su Ergonomics, coordinata da William Marras, dell’Università statale dell’Ohio. Ed è una riprova del ruolo dello stress sulla biomeccanica vertebrale. Pensate che, stando all’indagine, condotta su poco meno di venti persone, in presenza di specifiche caratteristiche di personalità si può avere un incremento pari ad oltre un terzo del carico incidente sulla colonna con coinvolgimento dei muscoli di altri settori, tensione diffusa e, appunto, dolore. Il tutto, in un’alterata connessione mente-corpo che diventa figlia della dissonanza cognitiva. 

Attenzione alle informazioni e allo stress che può derivare dall’eccessiva esposizione a talk e servizi giornalistici che vanno a cozzare con le nostre certezze. La schiena potrebbe risentirne. A prescindere dallo stato di forma fisica. Lo stress cronico, del resto, può indurre un’alterazione nel rapporto tra muscoli e tendini in prossimità delle vertebre e, favorendo una riduzione dei livelli del cortisolo (nel sangue, provoca una minore resistenza al dolore).

Ed è anche per questo che il mal di schiena può essere radice e conseguenze del nostro stato emotivo. Lo rileva uno studio recentemente condotto all’Università di Calgary, in Canada. La ricerca, che ha esaminato poco meno di diecimila adulti senza problemi alla schiena,di cui poco più del 4% depresso ha dimostrato che il rischio di andare incontro a forti algie nei due anni successivi era triplicato proprio nei depressi. 

Il tutto, ovviamente, ricordando che siamo comunque a rischio per un percorso di evoluzione. Lo segnala uno studio pubblicato su Pnas Nexus, che ha valutato l’impatto della postura sulle curvature della colonna vertebrale. Sono state prese in esame le colonne vertebrali degli uomini di Neanderthal, studiando specificamente la curvatura del fondoschiena con quella di persone più vicine a noi, vissute nell’epoca preindustriale e con quella di persone della nostra epoca.

Risultato: solo dall’inizio del 1800 progressivamente le vertebre della parte finali della colonna (in particolare le lombari che stanno sopra alle sacrali) sono arrivate a modificare la loro curvatura, con un’impennata in questo senso negli ultimi tempi. E i dolori, ovviamente, aumentano. 

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