Se il confronto fa bene al lavoro del medici

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Chiamatela, se volete, strategia del confronto. E’ quel determinato approccio che punta a far migliorare le prestazioni di una persona mettendole in rapporto con quelle di un suo simile, per età o per professione. Ma attenzione. Non sempre è bene accetta. Ci sono casi in cui mostrare a un soggetto eventuali deficit nel suo comportamento professionale non solo non produce effetti positivi, ma addirittura si rivela controproducente.

In questo senso, sono moltissimi gli studi che mostrano come per il medico misurare le performance in parallelo con altri professionisti sia stato causa di burnout o comunque di difficoltà sul lavoro determinate dall’insoddisfazione e dallo scarso riconoscimento. Messi tutti questi paletti cognitivi e ricordato che una rondine non fa primavera, in questa narrazione che sostanzialmente vede come negativo il confronto tra professionisti giunge uno studio coordinato da Jason Doctor (nomen omen) dello Schaeffer Center for Health Policy & Economics dell’Università del Sud California di Los Angeles, che invece sembra portare nella direzione opposta.

Come rivelano i ricercatori sulle pagine di Jama Network Open, la misurazione delle prestazioni dei professionisti ed il successivo controllo comparato potrebbero rivelarsi motori di crescita professionale e soddisfazione, non certo elementi negativi in termini di attività. Ovviamente, perchè ciò accada, non bisogna limitarsi esclusivamente alla mera misurazione di prestazioni, al controllo di spesa, alla valutazione delle prescrizioni. La logica dovrebbe essere quella di fare in modo che il medico sia valutato, e quindi confrontato con altri suoi pari, sul fronte di elementi valutativi su cui ha il pieno controllo. Ad esempio, il benessere degli assistiti, le prescrizioni di esami di controllo o di screening, la prescrizione di farmaci o comunque l’impostazione di progetti terapeutici specifici.

La negatività del monitoraggio dell’attività del professionista, insomma, sarebbe soprattutto figlia dei parametri che vengono considerati. Tanto che lo stesso Doctor segnala come “i risultati precedenti contrari non sembrano legati al confronto tra pari: piuttosto i medici vengono misurati per cose su cui non hanno il pieno controllo“. 

Insomma: per creare davvero una sana competizione tra medici, senza determinare ulteriore burnout professionale, l’importante sarebbe soprattutto definire bene il perimetro delle valutazioni. In questo caso si sono messe sotto osservazione specifiche prescrizioni di farmaci, inviando alla fine un messaggio di posta elettronica ai medici che venivano così informati della loro posizione nella graduatoria, con il tasso di appropriatezza delle prescrizioni rispetto ai pari età.

Va ricordato comunque che questo studio va contro una letteratura abbastanza consolidata che riporta conclusioni contrarie, in particolare per la medicina generale. Stando a queste osservazioni l’intervento comportamentale che prevede di informare i medici di base su come le loro prestazioni si confrontano con quelle dei loro coetanei non avrebbe un impatto statisticamente significativo sulle prestazioni delle cure preventive. Ma soprattutto, sarebbe la causa di un calo della soddisfazione sul lavoro dei medici con un contemporaneo incremento del burnout.

Misurare, insomma, è importante. Ma ci vuole giudizio. Anche per evitare quanto riportato qualche tempo fa su Proceedings of the National Academy of Sciences in uno studio che ha coinvolto circa 200 medici con relativi pazienti. Dall’indagine emerge che l’intervento di confronto tra pari senza un fondamentale supporto da parte dei vertici si è rivelato deleterio per la soddisfazione professionale dei medici.

E allora? Allora lanciamo una proposta. Formare bene chi ha compiti direzionali, assicurando la giusta leadership, può essere il passaggio chiave per rendere più “accettabile” e sicuramente meno gravata da effetti indesiderati la misurazione delle performance dei professionisti sanitari. Attraverso strategie mirate sulla leadership, insomma, si possono contrastare insoddisfazione e burnout, raccogliendo al contempo dati fondamentali per la programmazione dei servizi e l’ottimale gestione economica del sistema. 

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