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Febbre emorragica Congo Crimea, cosa sta succedendo

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Il nome è lungo e richiama luoghi esotici: la febbre Congo Crimea (Congo-Crimea haemorrhagic fever, Cchf) è una febbre emorragica provocata da un virus del genere Nairovirus che si trasmette per lo più attraverso la puntura di zecche infette. La malattia fu descritta per la prima volta nel 1944 tra i contadini e i soldati della Crimea, ma solo nel 1969 si scoprì che il virus era uguale a quello identificato in un bambino del Congo nel 1956. Da questo deriva il doppio nome della patologia protagonista di un recente allarme sanitario nel Vecchio Continente.

Ad accendere i riflettori su questa patologia sono state le autorità sanitarie britanniche, dopo diversi casi di contagio in Spagna. L’Italia rappresenterebbe uno dei Paesi europei a più alto rischio di introduzione e diffusione del virus, seguito dalla Francia. Ma quanto è pericolosa questa febbre emorragica, e davvero deve preoccupare?

Fortune Italia lo ha chiesto a Massimo Ciccozzi, ordinario di Epidemiologia molecolare responsabile dell’unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, di recente premiato dal Presidente della Repubblica con l’attestazione di “Benemerito della salute pubblica”.

“Si tratta di una patologia interessante, da tenere d’occhio. Anche perché – risponde l’esperto – secondo uno studio fatto in Turchia, dove la febbre emorragica è ormai endemica, il tasso di letalità è al 5%. Ma Ecdc e Oms lo danno al 30% nelle aree in cui non è endemica“.

Una delle ‘terribili nove’

La febbre emorragica Congo Crimea è classificata come una delle nove “malattie prioritarie” secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ovvero quelle che rappresentano il maggior rischio per la salute pubblica a causa del loro potenziale epidemico. Il virus provoca sintomi ‘sfumati’ come febbre, vertigini, dolore alla testa, al collo, alla schiena e agli occhi e sensibilità alla luce.

Ma di che numeri parliamo? Standio alle stime ufficiali la malattia uccide circa 500 persone ogni anno. E’ endemica in Africa, Balcani, Medio Oriente e in alcuni Paesi asiatici. “Il problema è legato allo spostamento degli animali, gli uccelli principalmente, e quindi delle zecche”, spiega Ciccozzi. Ad aprile Ali Mirazimi, virologo del Karolinska Institutet svedese, aveva detto a ‘Modern Diplomacy’ che le zecche portatrici del virus “si stavano spostando attraverso l’Europa a causa del cambiamento climatico, con estati più lunghe e più secche”.

Il cambiamento climatico

Il fatto è che “la malattia è portata dalle zecche, che potrebbero trovare un habitat favorevole in Europa. La preoccupazione delle autorità britanniche – dice Ciccozzi – è legata all’arrivo sull’isola di queste zecche. Dobbiamo pensare agli uccelli migratori e ricordare, ad esempio, che nel 2017 il Dna del virus della febbre virale emorragica Congo Crimea è stato scoperto in una zecca che si annidava in un volatile nell’isola di Ventotene. Si tratta dell’unico caso, attenzione parliamo di una zecca, che noi abbiamo avuto fino ad ora”.

La malattia, invece, negli anni Duemila “è diventata endemica in Turchia, dove i medici hanno imparato anche a diagnosticarla precocemente e trattarla”.

Come si trasmette e si manifesta

Come abbiamo detto, questa febbre emorragica viene trasmessa dalla puntura di una zecca infetta, ma anche attraverso il contatto diretto con tessuti, sangue o altri fluidi corporei provenienti da animali infetti. “I primi sintomi possono ‘mascherare’ la malattia, perchè oltre alla febbre, ci sono mal di testa e altri problemi poco caratteristici. Se non si individua il ‘morso’, il rischio è quello di non collegare i sintomi alla zecca. Dopo una settimana c’è la fase emorragica, che – aggiunge l’epidemiologo – può durare da due a tre giorni, con petecchie, emorragie diffuse, epistassi. E’ fondamentale riconoscere la febbre Congo Crimea precocemente, per evitare il trattamento in terapia intensiva”.

La terapia

Non esiste un vaccino riconosciuto dall’Agenzia europea dei medicinali. Il farmaco di elezione è la ribavirina. Noi stiamo studiando tutte le seguenze di febbre Congo Crimea – dice lo specialista del Campus Bio-Medico – per vedere se emergono mutazioni interessanti. La mia idea è che sia importante monitorare le zecche, e sappiamo che il sistema degli Istituti zooprofilattici italiano è estremamente attento. E’ vero che il clima non aiuta, ma è importante anche sensibilizzare alla prevenzione”.

In che modo? “Dobbiamo ricordare alle persone di indossare durante le escursioni in campagna o montagna abiti che coprano gambe e magari anche braccia: la zecca può portare numerose patologie, oltre alla febbre Congo Crimea pensiamo anche alla malattia di Lyme o all’encefalite virale. A livello sanitario – conclude – tutto sommato mi preoccupa di più l’influenza aviaria, che oltretutto è già presente nei mammiferi in Europa”.

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