Food porn: se il cibo in foto scatena crisi d’astinenza

Estate e vacanze fanno rima con food porn, la pratica di fotografare e riprendere il cibo che si sta per mangiare condividendo l’immagine sui social, dopo aver usato filtri, inquadrature ed editing mirati a rendere il cibo più appetitoso e invitante. Piatti golosi e irresistibili, che accendono il desiderio. Ebbene, questa tendenza ormai diffusissima sui social rischia di innescare vere e proprie crisi di astinenza in soggetti particolarmente vulnerabili, come le persone affette da obesità. A rivelarlo è un nuovo studio tutto italiano, condotto a Milano.

In pratica, le immagini del cibo ci ‘colpiscono’ al cervello, in particolari regioni che influenzano il desiderio di cibo. Così la visione di fotografie di alimenti è in grado di suscitare, almeno nei soggetti obesi, un eccessivo desiderio per il cibo. La scoperta è firmata da un gruppo di ricerca che coinvolge le università milanesi Bicocca, Statale e gli Irccs MultiMedica e IrccsGaleazzi-Sant’Ambrogio.

I rischi del food porn

A firmare il lavoro, che sarà pubblicato su ‘Obesity’ a settembre, il ricercatore Francantonio Devoto e il professor Eraldo Paulesu, entrambi del dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca, insieme a Livio Luzi e Anna Ferrulli (Irccs MultiMedica e Università degli Studi di Milano), Giuseppe Banfi (Irccs Galeazzi-Sant’Ambrogio) e Laura Zapparoli (Milano-Bicocca e Irccs Galeazzi-Sant’Ambrogio).

Per la prima volta è stato dimostrato che l’area tegmentale ventrale del cervello, cruciale per i comportamenti motivati, presenta una connettività aumentata con altre regioni cerebrali nei soggetti obesi.

Le strutture coinvolte riguardano la motivazione e l’apprezzamento della ricompensa, legati alle proprietà gratificanti del cibo. Ma non è tutto qui, come vedremo in seguito.

Il cervello a riposo e il potere delle immagini

L’obesità, secondo i ricercatori, è accompagnata da un’alterazione funzionale del cervello anche quando questo non è coinvolto in specifici processi cognitivi o sensoriali.

L’area cerebrale nel mirino, infatti, da un lato è iperconnessa con parte della corteccia occipito-temporale ventrale, deputata all’elaborazione visiva delle immagini del cibo –  questa connessione più stretta riflette un’associazione più forte tra stimolo (la vista del cibo) e ricompensa (il consumo di cibo) – dall’altro lato è ipoconnessa con il lobo frontale. Proprio questa connessione più debole spiegherebbe un controllo cognitivo alterato sul desiderio per il cibo e del comportamento verso gli alimenti ad alto contenuto calorico.

I dati raccolti suggeriscono che gli stimoli visivi legati al cibo possono diventare eccessivi attraverso una connettività sbilanciata del sistema di ricompensa con le regioni visive sensoriali specifiche e la corteccia prefrontale coinvolta nel controllo cognitivo. Insomma, dalla foto all’acquolina in bocca il passo è brevissimo.

Le prospettive

Si tratta di uno studio “importante per gli scienziati di base, per i clinici e anche per i pazienti – ha dichiarato Francantonio Devoto, ricercatore di Milano-Bicocca – Con questo lavoro forniamo una nuova interpretazione sui meccanismi cerebrali alla base dell’eccessiva motivazione verso il cibo nell’obesità, una sensazione che ogni persona in sovrappeso, o con obesità, ha provato quando è stata tentata da immagini di cibo”.

I risultati mettono in luce un effetto forse finora sottovalutato degli spot alimentari e del food porn, aprendo la strada a nuovi interventi per il trattamento dell’obesità. Lo studio, spiegano gli autori, fornisce il razionale per l’utilizzo di tecniche di neuromodulazione cerebrale non invasiva durante compiti specifici per ricalibrare la connettività della corteccia frontale laterale con le regioni mesencefaliche della motivazione. ‘Spegnendo’, o almeno attenuando, il richiamo delle immagini golose.

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