La protesta degli specializzandi: “Siamo medici non tappabuchi”

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Sono un esercito sottopagato e oberato di tanti doveri, ma pochi diritti. Eppure nelle loro mani è il futuro del Servizio sanitario nazionale. Così non stupisce troppo l’adesione in massa alla protesta dei medici specializzandi: oltre 300 da tutta Italia hanno dato vita oggi a Roma alla manifestazione per attirare l’attenzione di politica, università e popolazione sulla realtà dei giovani medici in Italia. 

Parliamo di circa 43mila medici specializzandi attivi nelle strutture sanitarie della Penisola, che portano a casa uno stipendio medio di 1.300 euro netti al mese. E oggi hanno alzato la voce per chiedere “dignità lavorativa, retributiva e formativa”. Il messaggio è chiaro: “Siamo medici specializzandi, non schiavizzandi tappabuchi!”, sostengono i giovani in protesta.

Serve una riforma

I giovani medici chiedono una riforma che archivi l’attuale inquadramento, fermo al 1999 e “lontano anni luce dai colleghi europei, che in termini di diritti e tutele” rende lo specializzando italiano “più simile a uno studente rispetto che ad un professionista. È intollerabile – sostengono i promotori della manifestazione Giammaria Liuzzi (Anaao Giovani), Massimo Minerva (ALS) e Antonio Cucinella (GMI) – apprendere che sia stato insediato un gruppo di lavoro ministeriale per riformare tale anacronistico inquadramento senza la presenza di nemmeno un giovane medico”.

Un momento della manifestazione dei giovani medici a Roma.

Le richieste

“Chiediamo con forza e determinazione l’inserimento di nostri rappresentanti in questo gruppo o l’istituzione di un tavolo parallelo da noi composto che lavori in sinergia per evitare di formulare una riforma non all’altezza delle molteplici problematiche vigenti”, affermano gli organizzatori della manifestazione.

“Non possiamo tollerare la non abolizione delle incompatibilità per gli specializzandi che pretendono, in assenza di una indennità di esclusività, di essere padroni del proprio tempo. Senza tutto ciò, non si risolverà mai la carenza di specialisti in quelle branche come la medicina d’emergenza: l’aumento degli ingressi a medicina e il maggiore finanziamento di contratti di formazione MEU non risolverà il problema, occorre una riforma strutturale con al centro lo specializzando MEU, al quale non si può chiedere di fare da tappabuchi a 1300 euro con zero diritti e tutele e lavorando a fianco di gettonisti che percepiscono anche 700 euro al giorno”.

Ci sono poi problemi pratici: “A causa dell’ennesima inefficienza di alcuni funzionari, c’è stato anche quest’anno ritardo sul cronoprogramma stabilito dal bando e pertanto i neo specializzandi avranno solo 14 giorni per doversi trasferire e trovare casa e avranno infine meno scaglioni straordinari per potersi vedere assegnata la scuola a loro più consona. Pretendiamo una proroga della presa di servizio per evitare l’ennesimo disservizio ai danni dei giovani medici e per minimizzare i contratti che inevitabilmente andranno non assegnati”, sostengono i promotori della protesta.

La solidarietà dei medici

I giovani medici incassano la “piena solidarietà” di Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici. Una vicinanza testimoniata anche fisicamente dalla presenza in piazza, insieme ad Anaao Giovani, Associazione Liberi Specializzandi e Giovani Medici Italiani, del segretario Roberto Monaco.

“Questi medici chiedono rispetto. Chiedono di potersi formare in contesti e condizioni congrue, in Ospedali di insegnamento con un proporzionato numero di specializzandi per posto letto. Chiedono retribuzioni adeguate, valutazioni sulla base delle competenze, diritti e tutele al pari dei dirigenti medici e degli specializzandi europei. Chiedono, soprattutto, di essere ascoltati – ricorda Anelli – di partecipare attivamente al processo di riforma avviato attraverso il tavolo ministeriale, che non prevede una loro rappresentanza”.

“Lo slittamento, comunicato in corner, dell’apertura della finestra temporale per la scelta, l’assegnazione e l’immatricolazione alle scuole di specializzazione di area sanitaria, mentre ancora non sono pubbliche le valutazioni delle scuole stesse – rimarca – è solo l’ultimo disagio arrecato ai giovani colleghi. Un disagio che, se non si prevederanno correttivi quali il posticipo dell’inizio dei corsi, si ripercuoterà sull’intero sistema, perché molti contratti non andranno assegnati”.

“Occorre una riforma strutturale che punti sui giovani medici. Perché nessuno, mai più, possa dire che questo non è un Paese – e un Ssn – per giovani”, conclude Anelli.

L’ultimatum

Attenzione, perché la pazienza degli specializzandi sembra essere agli sgoccioli. I giovani ‘camici bianchi’ si dicono infatti pronti “a organizzare manifestazioni in tutte le facoltà italiane e organizzare diverse giornate di assenza dai reparti”. Per dimostrare che senza di loro migliaia di reparti universitari collasserebbero. A risentirne, ancora una volta, sarebbero operatori sanitari e pazienti.

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