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Ospedali privati e pubblici a confronto, i risultati

Barbara Cittadini e Domenico Mantoan
Gilead

Forse non stupirà troppo i pazienti italiani, alle prese con liste d’attesa e viaggi in cerca di cure. Ma dall’ultimo Rapporto sulla Qualità degli Outcome clinici negli Ospedali italiani 2023 – elaborato da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) e Aiop (Associazione italiana ospedalità privata), emerge una fotografia della qualità offerta dal nostro Ssn e dalla sanità tricolore, che consente il confronto sulla base della natura giuridica delle strutture.

Se, in estrema sintesi gli ospedali privati battono quelli pubblici, dal rapporto emerge ancora una volta una grande variabilità dell’offerta sanitaria a livello regionale, sulla base delle specialità richieste. 

I risultati

A livello nazionale, delle 511 strutture di diritto pubblico valutate, 45 – pari al 9% – riportano tutte le aree cliniche validate di qualità alta o molto alta. Lo stesso accade per il 27% delle 297 strutture di diritto privato, ovvero 80 centri.

Insomma, sul fronte degli ospedali – se guardiamo alle percentuali di promossi a pieni voti – il privato batte il pubblico 27 a 9. Però dall’altro lato della classifica, le strutture di qualità bassa o molto bassa rappresentano il 19% degli ospedali di diritto pubblico valutati (54 su 511) e il 32% di quelli di diritto privato (75 su 297). Insomma, in questo caso la performance della sanità pubblica è migliore.

La metodologia

“Il Rapporto, frutto dell’Accordo di collaborazione stipulato tra Agenas e Aiop – ha affermato il Dg Agenas Domenico Mantoan – ha voluto mettere in evidenza sia l’apporto che la componente pubblica e quella privata hanno fornito al corretto funzionamento del Ssn, sia la risposta rispetto all’emergenza pandemica. Ciò è stato possibile rielaborando i dati dell’edizione 2022 del Programma Nazionale Esiti per verificare, a un livello di dettaglio maggiore, la qualità delle prestazioni erogate dalle strutture pubbliche e da quelle private accreditate. Va considerato poi che il privato accreditato, a differenza di altri comparti del Ssn, è l’unico sottoposto a dei tetti rigidi, congelati al 2011, con la conseguenza di generare una schizofrenia di sistema”.

Le differenze regionali per settori

Qualche curiosità sui diversi settori. Nell’area del sistema cardiocircolatorio, il rapporto rileva un’elevata concentrazione su livelli alti/molto alti di aderenza agli standard: mentre nel Nord e, ancora di più, nel Sud e Isole la proporzione di strutture di diritto privato over-standard è superiore rispetto a quella delle strutture di diritto pubblico, nel Centro la situazione è ribaltata. Qui, infatti, le strutture di qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra quelle accreditate che tra quelle di diritto pubblico.

Nell’area sistema nervoso, la divaricazione tra le due componenti è sostanziale soprattutto al Sud e nelle isole: qui le strutture che riportano livelli di qualità alta/molto alta sono proporzionalmente di più tra le accreditate, mentre quelle che riportano una qualità substandard sono proporzionalmente di più tra quelle di diritto pubblico. Nel Centro invece le strutture di qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra le strutture accreditate rispetto a quelle di diritto pubblico.

Quanto al sistema respiratorio, per quanto riguarda il confronto pubblico-privato la percentuale di strutture che raggiunge standard di qualità alta/molto alta è significativamente maggiore tra quelle accreditate.

In chirurgia oncologica è il Nord ad avere risultati simili al Sud, con le strutture di diritto privato che, nel confronto con quelle di diritto pubblico, sono proporzionalmente di più tra quelle di qualità alta/molto alta e di meno tra quelle di qualità bassa/molto bassa. Al Centro, se le strutture sovra-standard hanno la stessa percentuale tra le pubbliche e le accreditate, gli ospedali con una qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra quelle di diritto privato.

Su gravidanza e parto l’analisi documenta un’importante divaricazione tra le due componenti: al Nord il 56% delle strutture di diritto privato registra livelli di qualità alta/molto alta contro il 15% del Sud, mentre le strutture accreditate di qualità bassa/molto bassa sono il 22% al Nord e il 75% nel Sud e Isole.

Nell’area osteomuscolare, infine, le differenze sono soprattutto al Centro e al Sud, dove, rispettivamente il 37% e il 52% delle strutture pubbliche riportano livelli di qualità bassa/molto bassa.

L’uniformità che (ancora) manca

“Avere strutture, siano esse di diritto pubblico o privato, in grado di garantire una sempre più efficace presa in carico dei pazienti è l’obiettivo che Agenas persegue sin dalla sua istituzione. Dunque, ben venga l’individuazione di buone pratiche da diffondere in modo uniforme per tutto il territorio nazionale”, commenta presidente di Agenas Enrico Coscioni.

“Con questo lavoro, nato dalla virtuosa sinergia tra Agenas e Aiop, partiamo dall’analisi degli esiti in funzione della natura giuridica delle strutture per superare l’ideologica dialettica che contrappone il pubblico al privato”, sottolinea la presidente Nazionale Aiop Barbara Cittadini.

“È prioritario riflettere sull’estrema variabilità della qualità all’interno delle due componenti, in ogni Regione e tra Regioni, facendo emergere quelle contraddizioni che devono essere migliorate in un percorso di efficientamento complessivo che tuteli i valori di universalità, solidarietà ed equità ai quali si ispira il nostro Servizio Sanitario Nazionale. Se la concorrenza non si sostituirà alla programmazione, se la selezione non si sostituirà al miglioramento – continua la presidente Aiop – vorrà dire che saremo stati in grado di costruire un sistema solido, che non lasci intere aree geografiche sguarnite di presidi di ricovero e cura, finalmente in grado di tutelare il diritto alla salute sancito dalla Costituzione”.

Tetti di spesa da rivedere

C’è anche una questione di risorse. Per Angela Adduce, Ispettore generale capo per la spesa sociale della Ragioneria Generale dello Stato “il tetto fissato dalla Spending review costituisce una delle norme che governano la spesa e, come ogni tetto, deve essere periodicamente manutenuto. Più volte la Ragioneria di Stato ne ha proposto la revisione, ma la decisione e l’opportunità che ne deriva è una scelta politica che deve essere presa in maniera coerente nell’ambito degli equilibri di finanza pubblica. È vero che non è ancora stato previsto un nuovo Tariffario ospedaliero, ma con quello specialistico-ambulatoriale che entrerà in vigore da gennaio 2024 si può già lavorare per provare a rivedere il valore del tetto. Intanto, il Governo ha consentito che tutte le prestazioni per il recupero delle liste d’attesa andassero in deroga al tetto di spesa per evitare di creare conseguenze drammatiche sul piano della tutela della salute”.

Servizi di qualità grazie ai professionisti della sanità

In questo quadro a giocare un ruolo è la carenza di operatori sanitari. “Oggi – conclude Guido Bertolaso, assessore al Welfare della Regione Lombardia – una delle questioni fondamentali nel nostro Paese riguarda le risorse umane. È fondamentale incentivare la permanenza in Italia del nostro personale sanitario, che non necessariamente lascia il pubblico per il privato, per frenare l’emorragia di capitale umano verso l’estero. I privati possono contribuire notevolmente alla tutela del diritto alla salute. In tal senso, è necessario rivedere il limite dei tetti di spesa a livello nazionale per permettere alle Regioni di favorire l’intervento dei privati per quanto riguarda tutte le attività diagnostiche e terapeutiche, a prescindere dalla loro remunerazione”.

 

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