Cuore, cattivi stili di vita e inquinamento killer

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Forse se ne parla poco, ma i nemici del cuore mietono vittime in tutto il mondo e, nonostante i progressi della medicina, il trend è in crescita. Pressione e colesterolo alti, dieta scorretta, pigrizia e (sopresa?) inquinamento sono all’origine di qualcosa come 20 milioni di decessi l’anno nel mondo. Morti premature e prevenibili nell’80% dei casi, con un impatto che per l’Italia riguarda oltre 220mila persone. 

Il bilancio arriva dal numero speciale del ‘Journal of the American College of Cardiology’, che aggiorna al 2022 le stime relative all’impatto e alle tendenze delle malattie cardiovascolari a livello globale. Sotto la lente 18 condizioni cardiovascolari e 15 fattori di rischio in 21 regioni del mondo, 204 fra  nazioni e territori.

“Dopo un calo della mortalità – commenta Pasquale Perrone Filardi, presidente Società italiana di cardiologia e direttore della scuola di specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università Federico II di Napoli – negli ultimi decenni i numeri sono di nuovo in aumento sia sul fronte delle cardiopatie ischemiche, che su quello delle malattie cerebrovascolari”.

E all’orizzonte non si intravede una inversione di tendenza. “Si prevede che i decessi aumenteranno entro il 2030 raggiungendo i 24 milioni – puntualizza Perrone Filardi – con una media di oltre 66mila persone al giorno”.

I numeri e le cause

Di malattie del cuore negli anni di Covid-19 si è parlato poco, se escludiamo la questione miocarditi. Ma in realtà queste patologie sono sempre più letali: siamo passati da 12,4 milioni di morti nel 1990 a 19,8 milioni nel 2022. La cardiopatia ischemica, che si verifica quando c’è un insufficiente apporto di sangue e ossigeno al cuore, rimane la principale causa di mortalità a livello globale, con circa 109 decessi ogni 100.000 abitanti; seguono emorragia intracerebrale e ictus ischemico.

I 15 fattori di rischio valutati dagli esperti prendono in considerazione cause ambientali (inquinamento atmosferico, inquinamento domestico, esposizione al piombo, bassa temperatura, alta temperatura), metaboliche (pressione arteriosa alta, colesterolo cattivo, sovrappeso, glucosio nel sangue a digiuno, disfunzioni renali) e, appunto, comportamentali (alimentazione, fumo, fumo passivo, uso di alcol, attività fisica).

Pressione alta, dieta sbagliata e inquinamento

Risultato? La pressione alta rappresenta il fattore di rischio maggiormente responsabile, a livello globale, degli anni di vita persi a causa di disabilità. La dieta e le scelte alimentari scorrette (come ad esempio scarso consumo di frutta, verdura, legumi, cereali integrali, noci e semi, latte, fibre, calcio, acidi grassi omega-3 e acidi grassi polinsaturi ed eccessivo consumo di carni rosse e lavorate, bevande zuccherate, acidi grassi trans e sodio) sono invece il principale fattore di rischio per il cuore tra quelli comportamentali. L‘inquinamento da particolato ambientale appare in testa ai rischi ambientali.

La geografia del problema

Guardando alla distribuzione geografica, alcune regioni di Asia, Europa, Africa e Medio Oriente presentano il maggior carico di mortalità. Proprio i Paesi dell’Est Europa fanno registrare la più alta mortalità, con 553 decessi ogni 100.000 abitanti. Inoltre, l’Asia centrale, l’Europa orientale, il Nord Africa e il Medio Oriente sono le regioni con i tassi più elevati di malattie cardiovascolari attribuibili all’ipertensione.

Cosa succede in Italia

Il nostro Paese “mostra un numero ancora allarmante di decessi per le patologie a carico del sistema cardiovascolare, che arrivano a superare i 220 mila morti l’anno, il 35% di tutti i decessi”, sottolinea Gianfranco Sinagra, direttore del Dipartimento Cardiotoracovascolare Asugi e Università di Trieste. In pratica una persona su tre.

Parola d’ordine: prevenzione

Il problema non sfugge ai cardiologi italiani: la Sic sta sviluppando per la prima metà del prossimo anno un progetto nazionale di prevenzione “in collaborazione con le farmacie di comunità, grazie ad una alleanza con la Federazione Italiana degli Ordini dei Farmacisti Italiani (Fofi) e Federfarma”, spiega Perrone.

Servono infatti “azioni concrete educative di prevenzione e promozione della salute del cuore e programmi di gestione della cronicità che tengano conto dei principali fattori di rischio cardiovascolare, come l’ipertensione e il colesterolo alto, dell’assistenza sanitaria primaria e secondaria e dell’innovazione”, aggiunge Ciro Indolfi, past-president della Società Italiana di Cardiologia e ordinario di Cardiologia all’Università degli Studi “Magna Grecia” di Catanzaro.

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