Le 4P della sanità di domani tra innovazione e prossimità

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Come ci cureremo negli anni a venire è un delicato esercizio di equilibrio tra accesso all’innovazione e sostenibilità. Ma “l’innovazione – come ha ribadito anche il ministro della Salute Orazio Schillaci in apertura del recente convegno “La sanità del futuro” – insieme a prossimità e prevenzione, resta uno dei binari sui quali dovrà viaggiare la sanità del terzo millennio”.

La medicina è già investita da cambio di paradigma, che configura un nuovo framework di assistenza sanitaria, quello delle ‘4P’ che stanno per ‘predittiva, ‘preventiva’, ‘personalizzata’ e ‘partecipata’. Al centro di questa rivoluzione c’è il paziente, che non è più un paziente ‘standard’ al quale offrire cure ‘one size fits all’, ma un individuo geneticamente unico, sulle caratteristiche peculiari del quale andare a disegnare dei trattamenti di precisione. Ma siamo solo all’alba di questa rivoluzione.

“L’oncologia di precisione – afferma il professor Michelino de Laurentiis, Direttore Dipartimento di Oncologia senologica e toraco-polmonare, Istituto Nazionale Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli – è ancora nella sua prima infanzia, che però è anche il momento in cui si fanno i maggior progressi e si comincia a correre”.

L’oncologia di precisione è nata nel 2020, quando in un solo anno sono stati approvati dall’Fda americana ben 28 farmaci, abbinati ad uno specifico biomarcatore genomico. Oggi siamo già oltre quota 40 farmaci di questo tipo. “Al momento – prosegue De Laurentiis – l’oncologia di precisione si rivolge ancora ad una minoranza di pazienti con melanoma, tumore del polmone, del colon. In altre patologie è ancora limitata a nicchie di pazienti. Avere a disposizione tecniche che ci permettono di sequenziare rapidamente pannelli multigenici importanti ci ha fatto concentrare sulle alterazioni del Dna, ma la complessità biologica del tumore è altra cosa e non è scritta solo nel Dna, ma anche nella parte trascrizionale, nell’mRNA, oggetto di studio della trascrittomica che ci ha consentito di individuare i sottotipi intrinseci principali del tumore della mammella, sui quali stabiliamo la strategia di trattamento migliore. Poi arriverà la proteomica, che potrebbe essere la chiave di volta degli anticorpo-farmaci coniugati. Dobbiamo insomma attrezzarci per la complessità, che riguarderà anche i costi dei biomarcatori”.

Ematologia e oncoematologia sono tra i settori maggiormente interessati dall’arrivo di terapie innovative e avanzate, dalle CAR-T alla terapia genica per l’emofilia. “Dalla chemioterapia, un bombardamento a tappeto, oggi siamo arrivati a colpire con precisione le cellule tumorali – ricorda il professor Maurizio Martelli, ordinario di Ematologia, Università ‘La Sapienza’ -. Ad esempio, la leucemia linfatica cronica, la più comune del mondo occidentale, oggi si cura con una compressa, al posto della vecchia chemio-immunoterapia, con un farmaco più efficace, con meno effetti collaterali, senza andare in ospedale e con un significativo vantaggio di sopravvivenza. I linfociti T sono diventati protagonisti della cura dei nostri pazienti. Gli anticorpi bispecifici, riconoscono gli antigeni tumorali e attivano i linfociti T. Infine le CAR-T, che significa prendere i linfociti del paziente, condizionarli in laboratorio verso una cellula tumorale e iniettarli di nuovo nel paziente per combattere il suo tumore, ci hanno consentito di passare dal 7 al 40% di remissioni complete nei linfomi a grandi cellule”.

I problemi sono i costi e i centri di riferimento. Le CAR-T costano 230-300.000 euro a somministrazione, ma va considerato anche che quel paziente, se guarito, non tornerà più in ospedale per ricoveri o altre terapie”. Grande disomogeneità infine si ravvisa nella distribuzione dei centri CAR-T, attualmente 18 in Lombardia, appena 2 nel Lazio e a breve uno in Campania”. Ma il progresso fa anche risparmiare. Nel campo della prevenzione, oltre alle campagne anti-fumo in ‘rosa’, visto che il fenomeno è in crescita tra le donne, fondamentali restano le vaccinazioni, come quella contro l’HPV, da offrire sia alle ragazze, che ai ragazzi. “Se riuscissimo a raggiungere una copertura vaccinale del 90% – afferma il professor Giuseppe Tonini, coordinatore nazionale Comitato tecnico scientifico della LILT – risparmieremmo 500 milioni di euro. Fare il gene profiling nelle donne con tumore del seno fa risparmiare milioni di euro in chemioterapie evitate”.

Anche alcune malattie rare oggi possono beneficiare di terapie realmente su misura e a volte in grado di portare ad una guarigione con una somministrazione ‘one shot’ o ad un miglioramento radicale della qualità di vita, con ricadute su tutta la famiglia.

“La terapia genica e le ATMP offrono una speranza della guarigione, senza nemmeno sviluppare i sintomi della patologia o di troncarli sul nascere – afferma Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo – Nei prossimi anni ci sarà un aumento esponenziale dei trattamenti per malattie rare e ultra-rare (se ne aggiungeranno 180 agli attuali 48 già sul mercato) e questo cambierà il corso di vita di bambini, persone e intere famiglie. Ma come conciliare il sistema italiano, che è un sistema di cassa che vede solo il costo puntuale di una terapia, anche se darà i suoi effetti per molti anni a venire e virtualmente su tutta la vita? Attraverso il pay per performance e altre formule di pagamento innovative allo studio. I Senatori Zaffini e Manca hanno presentato ad esempio la proposta di un fondo per le ATMP da finanziare con i risparmi sanitari e sociali indotti da queste terapie. Stanno arrivando tante terapie ma i percorsi diagnostici non sono sempre pronti. Nei LEA mancano ancora dei test permettono di fare diagnosi più accurate, anche con tecniche omiche, mancano anche test diagnostici specifici dopo che un bambino è risultato positivo ai test dello screening neonatale esteso”.

Sostenibilità insomma è una parola chiave. Ma intanto la ricerca farmaceutica va avanti. “Roche è una delle aziende che più investe al mondo in R & D (16 miliardi a livello globale) – ricorda Raffaella Cramarossa, Government Affairs Lead, Roche Italia – dando accesso ad una nuova speranza di cura a migliaia di pazienti. La ricerca italiana ha già consentito di mettere a disposizione 4 delle terapie geniche già esistenti. Ma è necessario fare partnership con tutti gli attori del sistema e far fronte alle tre sfide principali: limitatezza dei dati per queste terapie geniche in area di patologie rare, la diagnosi precoce per la somministrazione tempestiva e precoce di queste terapie, le infrastrutture. È necessario un approccio avanzato nella raccolta dati nella real world evidence, che tenga conto della durability (il mantenimento dell’efficacia della terapia nel tempo) e della predictability (la riproducibilità dell’esito clinico al di fuori degli studi). Fondamentale il coinvolgimento dei pazienti, anche con la raccolta dell’esperienza dei pazienti negli studi clinici e nel percorso del paziente sul territorio. La terza sfida è quella delle infrastrutture: è necessario preparare i percorsi e far sì che la somministrazione del farmaco avvenga in centri competenti da individuare su tutto il territorio”. C’è grande attenzione istituzionale a questi temi e molta attesa.

Ma sostenibilità vuol dire tante altre cose. Non solo la capacità del Ssn di pagare per l’innovazione. “Delle 23 terapie avanzate approvate da Ema in Europa, 7 cioè il 30% è stato ritirato dal mercato – ricorda Valentino Confalone, componente del Comitato di presidenza di Farmindustria – Il rischio è dunque che l’intero sistema non sia in grado di accogliere e sostenere l’innovazione. Le strutture inoltre si devono adeguare per essere pronte a utilizzare quel farmaco, con trasformazioni anche significative”.

Il costo elevato di una terapia innovativa one shot può dare benefici persistenti nel tempo. “Ma gli ospedali – spiega Confalone – oggi sono obbligati contabilmente ad accantonare l’intero importo massimo teorico relativo a quella terapia. E questo vuol dire bloccare l’intero budget e limitare l’utilizzo di quella terapia ad un numero minore di pazienti di quelli che potrebbero avvantaggiarsene. La proposta contenuta nell’emendamento entrato nell’ordine del giorno del DL ‘Anticipi’ ha due vantaggi: la creazione di un fondo per le ATMP e soprattutto – ed è l’aspetto davvero importante – quello di allineare l’esborso all’effettivo all’outcome di salute del paziente, diluendo i pagamenti. Per fare questo  è tuttavia necessario modificare il sistema con il quale le terapie avanzate vengano contabilizzate dal punto di vista finanziario: trasformandole da spese di natura corrente (da contabilizzare cioè nell’anno della somministrazione), a spese di investimento (diluite anno per anno a seconda dell’utilità che producono). Per farlo è necessaria una modifica legislativa del sistema contabile. A questo, stiamo lavorando come EFPIA e Farmindustria a livello europeo e nazionale. Il fondo per le ATMP è importante perché dà una garanzia al sistema di pianificare le spese e monitorarle nel tempo. È un bellissimo esperimento che se il governo riuscirà a portare avanti, aprirà una finestra sulla sanità del futuro”.

 “Se vediamo solo il prezzo della terapia – incalza Marica Nobile, direttrice Federchimica Assobiotech – senza considerare il gap tra mono-somministrazione e vantaggio duraturo, non riusciremo a garantire queste terapie ai pazienti. È necessario guardare ai risparmi sul lungo periodo. E sviluppare competenze, infrastrutture, generare valore economico per avere le risorse necessarie da investire nelle terapie che offrono ai pazienti i benefici maggiori. Non solo le ATMP, anche i companion diagnostic che consentono terapie mirate, saving e che, in termini di sostenibilità, hanno un vantaggio competitivo non indifferente. Il faro per il decisore politico dovrebbe essere la rapidità dell’evoluzione della ricerca scientifica. Il rischio che comporta il non adeguare Ssn e normativa è quello di avere un sistema a due velocità in cui la scienza corre ad una velocità, ma il sistema la zavorra e non le permette di correre a quella velocità. Questo va a detrimento dei pazienti, della capacità di attrarre investimenti nella ricerca scientifica e del peso da dare alle imprese che operano sul territorio nazionale”.

Fornire le cure migliori in un sistema di risorse limitate e salvaguardare il Ssn per le generazioni future sono due imperativi non facilmente conciliabili. “Ma gli stakeholder – conclude De Laurentiis – sembrano finalmente tutti sintonizzati per affrontare questo cambio di paradigma e consapevoli della necessità di collaborare per trovare soluzioni per fronteggiare questa complessità, che porta vantaggi, ma anche difficoltà di gestione”. Costi dunque da vedere come investimenti da razionalizzare e fare in maniera oculata. Passaggio da un criterio di spese correnti, ad uno di spese di investimento per garantire la sostenibilità. Innovazione non solo per curare, ma anche per migliorare la qualità di vita. Questa è la roadmap per il futuro della sanità.

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