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Test Medicina, la decisione del Tar del Lazio fra timori e speranze

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Un piccolo terremoto per gli studenti che hanno fatto il test per l’accesso a Medicina. Il Tar del Lazio – con la sentenza n. 863 del 17 gennaio 2024 – ha annullato infatti i provvedimenti che hanno disciplinato le prove di ammissione alla Facoltà di Medicina per l’anno accademico 2023/24, salvaguardando le posizioni di chi ha superato le prove e si è iscritto ai corsi.

Una sentenza che alimenta le polemiche sul test, destinato comunque per quest’anno a cambiare volto, dà forza alle speranze degli aspiranti camici bianchi, ma preoccupa non poco medici e sindacati del settore. Vediamo perchè.

Una pioggia di ricorsi

Erano stati oltre 3.500 i ricorsi dei candidati che non avevano superato il test. Ora la sentenza del Tar Lazio “dimostra in maniera inequivocabile che è necessario modificare l’accesso a Medicina – commenta il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli – Noi dieci anni fa come Federazione chiedevamo al governo di aumentare i posti a Medicina, perché eravamo consapevoli che, nel 2024, molti più medici sarebbero andati in pensione rispetto al numero degli ingressi a medicina. Oggi invece siamo a fare un discorso inverso. Diciamo al Governo: ‘Guardate che il numero degli accessi a medicina è esorbitante perché fra dieci anni andranno in pensione solo 7.000 medici mentre oggi abbiamo consentito l’accesso a quasi 20.000 medici’. Quindi programmare in maniera adeguata, soprattutto tenendo conto del fabbisogno di medici, è la via migliore per dare una risposta al sistema ma soprattutto non illudere i giovani”.

Questione di numeri (e di pensioni)

Quest’anno andranno in pensione 14.266 medici, mentre l’anno prossimo 14.918 medici: “Siamo in piena gobba pensionistica, come la definiscono i tecnici. Dieci anni fa, quando si poteva programmare il numero dell’accesso a medicina rispetto a oggi, si decise che l’ingresso a medicina doveva riguardare soltanto 10576 matricole. Per l’anno prossimo, quando andranno in pensione circa 15.000 medici, l’accesso a medicina fu stabilito, nel 2015, nel numero di 10.434. Un gap così evidente che ha portato alla carenza attuale di medici specialisti e di medicina generale, che si sarebbe potuta evitare se solo si fossero analizzati con puntualità i dati”, insiste Anelli.

Ora si rischia di fare l’errore opposto. “Quest’anno sono stati stabiliti 19.544 accessi mentre nel 2034 andranno in pensione 7.189 medici. Dunque, il rapporto si è completamente invertito, avremo cioè formato più medici di quanti saranno andati in pensione, con una nuova pletora medica”.

“Occorre dunque lavorare su una corretta programmazione – conclude Anelli – che parta dai dati sui pensionamenti e sui fabbisogni di specialisti e medici di medicina generale da qui a dieci anni”.

La posizione di Cisia

Anche il Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso (Cisia) esprime una riflessione sulla sentenza. Il Giudice “senza muovere critiche all’architettura del TOLC – così confermando anche la correttezza della predisposizione dei test – confondendo peraltro il concetto di omogeneità con quello di identicità, ha censurato uno dei corollari del modello di accesso ovverosia la sussistenza di un minimo scarto quanto al livello di difficoltà delle prove, fisiologico in ragione del fatto che si trattava di prove diverse, pur dando atto che le prove stesse erano state predisposte con criteri che assicuravano l’omogeneità ex ante”.

Così, “limitatamente a questo ultimo profilo, il Tar ha annullato il D.M. n. 1107/2022 e il D.D. n. 1925/2022 del Mur, nonché i bandi degli atenei e la graduatoria unica nazionale, ma modulando gli effetti dell’annullamento, anche in ragione del fatto che ha ritenuto di non poter disporre la totale caducazione di tutti gli atti esecutivi. Pertanto il Collegio ha escluso l’ammissione in soprannumero richiesta da parte ricorrente, non sussistendo un nesso di implicazione diretta tra l’adozione del meccanismo di equalizzazione e la mancata ammissione ai corsi, altresì escludendo ogni possibilità di riedizione della prova (pure richiesta da parte ricorrente), in ragione di una inevitabile sovrapposizione con le prove destinate alla formazione del contingente del nuovo anno accademico”. Infine, il Tar “ha fatto salve le immatricolazioni avvenute o in corso di perfezionamento, nonché gli scorrimenti in atto, escludendo quindi quelli futuri. In definitiva, la parte ricorrente non riceve alcuna utilità dalla sentenza (ciò che, come ampiamente noto, normalmente comporta una carenza di interesse), i candidati immatricolati non ricevono alcun effetto negativo e la sentenza si presenta alquanto “anomala”, anche in ragione della evidente contraddittorietà della motivazione”, concludono da Cisia.

I timori dei sindacati

La sentenza del Tar del Lazio “conferma la necessità di una riforma delle modalità di accesso ai corsi di laurea in Medicina. Tuttavia, un ampliamento sconsiderato del numero dei posti o, peggio, l’abolizione del numero chiuso, avrebbero come unico risultato la creazione di migliaia di giovani medici che, una volta concluso il percorso di studi, non avrebbero alcuna possibilità di lavorare”, sottolineano da Federazione Cimo Fesmed.

Fortemente preoccupati anche il segretario nazionale Anaao Assomed Pierino Di Silverio e il responsabile nazionale Anaao Giovani Giammaria Liuzzi. La sentenza “svela pubblicamente e oggettivamente il fallimento della modalità d’ingresso alla facoltà di medicina tramite il cosiddetto Test Tolc, generando una paralisi amministrativa e giudiziaria senza precedenti che mina in maniera profonda e irreversibile la programmazione dell’entità dei futuri medici italiani”, affermano Di Silverio e Liuzzi.

“Di fronte a questa paralisi e alle dichiarazioni del Ministro Mur Anna Maria Bernini di voler introdurre un test ad aprile 2024 con modalità totalmente diverse rispetto al TOLC, chiediamo un incontro urgente con l’auspicio di un confronto serrato e risolutivo per sbloccare questa situazione ed evitare che si ripeta”. Una richiesta che arriva anche da Cimo Fesmed.

La prospettiva di vedere già nelle prossime settimane 60.000 studenti immatricolati alla facoltà di medicina “ci preoccupa enormemente per la tenuta stessa del Ssn”, concludono i sindacati, che puntano a una soluzione condivisa. Il dibattito sull’accesso a Medicina e sul futuro del test sarà molto acceso nelle prossime settimane.

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