Ecco cosa frena l’innovazione, anche sul lavoro

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Che bella parola, innovazione. Un termine spesso impiegato impropriamente, ma forse mai così parte integrante del lessico come negli ultimi anni. Nelle scienze come nella tecnologia. Non passa giorno che non si parli di una ricerca innovativa, di una terapia che cambia i paradigmi, di modelli di Intelligenza artificiale destinati a rivoluzionare il mondo del lavoro e dell’apprendimento. Poi, però, all’atto pratico, non sempre l’innovazione è recepita in tutto il suo valore.

E a volte, a prescindere dall’effettivo impatto sulla vita di ogni giorno, viene quasi messa da parte, inscatolata. Come se in qualche modo andasse a interrompere una sorta di quieto vivere tecnologico e scientifico in cui ci siamo mollemente adagiati.

Insomma: l’idea innovativa è bella, muove sentimenti, pensieri e finanziamenti. Ma poi rischia di trovarsi davanti ostacoli che, proprio per perché traccia un solco profondo con la conoscenza precedente, non ne consentono il completo sviluppo. E soprattutto ne frenano la diffusione. Perché i pregiudizi, nel senso più corretto del termine, possono pesare come macigni sul percorso dell’innovazione rendendola lontana. Rallentandola. E quindi togliendoci opportunità.

E’ un vero e proprio “j’accuse” alla renitenza al cambiamento, quello che propongono Wayne Johnson (oggi Università dello Utah, prima Università Cornell) e Devon Proudfoot in una riflessione scientifica che appare su Nature Human Behaviour.

La loro ricerca, basata su una serie di osservazioni che partono dall’analisi alle reazioni a film e programmi televisivi, conduce ad un assioma che non può lasciare indifferenti. Quanto più si osserva qualcosa di non convenzionale e quindi a suo modo innovativo, tanto più si possono creare idee contrastanti. E il dubbio rischia di diventare un freno irrazionale al cambiamento.

Perché si crea la difficoltà ad abbandonare la certezza della routine per la splendida prospettiva dell’innovazione, con gli immancabili dubbi che comporta, la ricerca/riflessione sul possibile impatto di pensieri ed idee “groundbreaking”.

Insomma: preferiamo rimanere nel nostro brodo di conoscenza, senza addentrarci in pensieri e iniziative che possono indurre difficoltà e problemi. Anche se sono davvero, fortemente innovative. In questo senso, anche le cosiddette “recensioni critiche” di una tecnologia o di un approccio innovativo rischiano di contribuire a frenare il percorso verso il futuro. Lo segnala lo stesso Johnson, in una nota dell’ateneo. Ci viene difficile sostenere un’ipotesi che offre valutazioni contrastanti, pur se apre la strada al futuro. “Le persone non si rendono conto che ci si possono aspettare recensioni contrastanti quando un’idea è nuova”, ricorda l’esperto.

Alla fine, quindi, c’è il rischio di perdere opportunità. E di bruciare ipotesi di lavoro creative solo perché si ascoltano pareri discordanti e si limita la propensione al rischio, rintanandoci nella sicurezza del noto piuttosto che navigare nel mare, magari tempestoso ma ricco di terreni da scoprire, dell’innovazione.

L’appello dell’esperto, quindi, è chiaro: non pensiamo che manchino le idee. Ma piuttosto, prepariamo la mente ad accettarle, senza farci condizionare da pensieri che potrebbero tranciarne lo sviluppo. Anche e soprattutto sul lavoro. Perché a volte il freno all’innovazione nasce proprio dove questa dovrebbe sbocciare ed invece si rimane bloccati in uno “status quo” che genera sicurezza ma al contempo impedisce di crescere.

Ancora Johnson, con un appello: “Ci sono infinite idee là fuori. La difficoltà è convincere le persone a sostenere e approvare quelle idee. Nelle aziende, il collo di bottiglia è molto spesso il middle manager che rifiuta le nuove idee dei dipendenti. L’idea c’è, ma non passa una scrivania o un comitato. È lì che la creatività muore”.

Senza paura, quindi, osserviamo chi innova. Pronti alla critica, ma anche preparati ad accettare il possibile impatto di qualcosa che può essere veramente “disrupting”. E che a volte lasciamo da parte, più per timore e per ascoltare gli altri che per intima convinzione. Perché non c’è nulla di peggio che perdere un treno verso il futuro lasciando che la creatività venga affossata da feedback contrastanti. .

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