Tumore e gap nelle cure: la sfida tra costi e qualità di vita

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Close the Care Gap. Facile a dirsi. Ma difficile, tremendamente difficile a realizzarsi. Sia in chiave nazionale, sia su scala planetaria. Eppure, proprio questo è lo slogan che accompagna il World Cancer Day in programma il 4 febbraio, a ricordare quanto e come sia importante cercare di consentire equità ed accesso alle cure per chi affronta un tumore

Per comprendere quanto si sia indietro su questo fronte, basta andare a riguardarsi i dati sull’ineguaglianza di approccio e disponibilità che campeggiano sul sito dell’Oms, frutto di un rapporto della stessa organizzazione con la Banca Mondiale. Sono relativi al 2017, ma la sensazione è che tra conflitti in diverse aree del pianeta e pandemia, la situazione non sia certo migliorata. Anzi. C’è forse da temere il contrario.

E così, rimane una realtà che fa davvero riflettere. Si legge sul sito dell’Oms che “800 milioni di persone spendono almeno il 10% del bilancio familiare in spese sanitarie, per un figlio malato o un altro familiare. Per quasi 100 milioni di persone queste spese sono sufficientemente elevate da spingerli nella povertà estrema, costringendoli a sopravvivere con appena 1,90 dollari o meno al giorno”.

Sia chiaro: i progressi, nell’assistenza ci sono. Ma sono disomogenei, soprattutto se si considerano le ampie lacune nella disponibilità dei servizi nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale. Ma è soprattutto la carenza di protezione finanziaria che preoccupa.

Passando dal macro mondiale al “micro” italiano, eliminare i gap nelle cure oncologiche appare un obiettivo raggiungibile. Ma anche su questo fronte c’è molto da fare, pur se i vari stakeholder si stanno muovendo a fronte di una situazione epidemiologica che appare davvero impegnativa.

Nel nostro Paese si stimano per il 2023 circa 395.000 nuove diagnosi di tumore (dato AIOM), erano 390.700 nel 2022 e 376.000 nel 2020. Quasi 4 milioni di italiani convivono oggi con una malattia neoplastica solida o del sangue, nel 2005 erano 2,5 milioni. Il Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 detta gli indirizzi per prevenzione, cura e assistenza ai malati di cancro e auspica una particolare attenzione ai percorsi assistenziali attraverso un approccio integrato multiprofessionale al fine di ridurre il gap tra le Regioni italiane in fatto di accesso alla prevenzione e alle cure.

Per questo è importane darsi da fare. E le risposte iniziano a farsi strada, eccome. Lo confermano gli esperti presenti a Roma in occasione del convegno organizzato per il World Cancer Day dal Gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”.

Il Gruppo, che compie nel 2024 dieci anni di attività e impegno a sostegno dei pazienti, riunisce 45 Associazioni Pazienti, una Commissione tecnico-scientifica e un Intergruppo parlamentare “Insieme per un impegno contro il cancro” con il quale lavora fianco a fianco, al fine di mettere in campo proposte fattibili e sostenibili, che consentano di raggiungere l’obiettivo prioritario: umanizzare le cure con interventi psico-sociali che migliorino la salute e la qualità di vita dei malati e favoriscano una presa in carico globale della persona affetta da tumore.

La buona notizia, in questo senso, è che è approdato nell’Aula della Camera per la discussione generale il testo unificato del disegno di legge che disciplina in materia di comporto e permessi per i lavoratori, pubblici e privati, affetti da malattie oncologiche e onco-ematologiche.

“Esprimiamo soddisfazione per l’arrivo alla Camera del Ddl per i lavoratori e lavoratrici affetti da malattie tumorali, è un passaggio verso la sua approvazione, che auspichiamo più rapida possibile nell’interesse dei pazienti ancora produttivi che, oltre a dover affrontare i trattamenti e i controlli, incontrano diverse difficoltà nella propria attività lavorativa – segnala Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna ODV e Coordinatrice del Gruppo di advocacy – In questi 10 anni abbiamo visto crescere la sensibilità delle Istituzioni verso il tema del tumore e soprattutto verso i bisogni dei malati e delle loro famiglie. E ciò non era per niente scontato”.

Non bisogna pensare solo ai trattamenti, quindi. Ma anche e soprattutto avere attenzione alla globalità della vita del paziente e dei suoi familiari. Nessuno deve rimanere indietro. E occorre portare nei reparti oncologici e onco-ematologici l’umanità, che si coniuga strettamente con il progresso della ricerca. Ecco, questo è chiudere un gap. E possiamo, dobbiamo farcela, come ricorda Carolyn Smith, ballerina, coreografa e star televisiva, raccontando la sua esperienza con il tumore: “I pazienti devono poter diventare parte attiva e proattiva delle scelte che potranno cambiare la sanità di domani”.

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