Trapianto di midollo e microbiota, salvato a 3 anni a Bologna

trapianto microbiota
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Potere del microbiota. Arriva da Bologna una storia eccezionale di buona sanità. Protagonista un bimbo di 3 anni e otto mesi che, stando ai sanitari del Sant’Orsola, è il bambino più piccolo in Europa trattato finora con trapianto di microbiota per GvHD, la complicanza post trapianto di midollo da rigetto contro l’ospite, spesso fatale. Cominciamo col dire che il piccolo, dopo questo secondo trapianto, è guarito ed è stato dimesso. Ma anche che questo approccio ha richiesto un iter autorizzativo particolare.

Vediamo bene di che si è trattato, ricordando che “il microbiota – come spiega Giovanni Barbara, Direttore della Gastroenterologia e Responsabile del Centro Trapianto di Microbiota dell’Irccs – è quell’insieme di batteri, virus e funghi che vivono con noi e dentro di noi. È sia amico dell’uomo che nemico: ci aiuta a svolgere molte funzioni, ma diventa nemico quando ci sono alcune patologie e questi germi possono diventare dannosi per l’ospite. Ebbene, il trapianto di microbiota è forse lo strumento più potente in mano del clinico per cambiare un microbiota che è diventato cattivo”.

Prima la leucemia

Protagonista di questa vicenda un bimbo, colpito da leucemia mieloide, che era arrivato dalla Bosnia al Sant’Orsola con la sua famiglia grazie al supporto dell’Associazione Ageop-Ricerca. All’Irccs il team dell’Oncoematologia Pediatrica guidata da Arcangelo Prete ha eseguito il trapianto di cellule staminali emopoietiche donate dalla madre.

L’idea di ricorrere al microbiota

Dopo il trapianto però si è presentata la GvHD intestinale, temuta complicanza da malattia del “rigetto contro l’ospite”, per la quale il bimbo è stato ricoverato per due mesi e sottoposto a cinque linee di terapia immunosoppressiva, tra cui anche un farmaco sperimentale. Senza però nessuna risposta.

“Il piccolo – racconta Riccardo Masetti, Oncologia Pediatrica dell’Irrcs – presentava sintomi severi e preoccupanti e abbiamo deciso di confrontarci con i professionisti  della struttura in ambito di trapianto di microbiota. Studiamo da tempo gli effetti benefici della composizione del microbiota nei bambini prima del trapianto, ora abbiamo voluto metterli in campo per questo caso difficile di complicanza post-trapianto”.

L’autorizzazione

Al momento il trapianto di microbiota è autorizzato solo per l’infezione da Clostridium difficile ricorrente o refrattario al trattamento antibiotico standard, e applicarlo per la cura di patologie differenti, come in questo caso, richiede un particolare procedimento autorizzativo con il Centro Nazionale Trapianti.

“Siamo stati d’accordo nel trattare il piccolo con un trapianto di microbiota potendo contare sui numerosi studi internazionali, compresi quelli sviluppati all’Irccs, che confermano l’enorme potenziale di questa procedura su patologie complesse – interviene Giovanni Barbara – abbiamo creduto di avere la conferma della sua validità anche in questa procedura, effettuata in pochissimi altri casi al mondo”.

“Nel caso specifico del nostro bambino – spiega ancora Barbara – il microbiota ha giocato un ruolo importante: ha riueducato il sistema immunitario ‘insegnandogli’ a non attaccare più i tessuti”.

I risultati

“Già dopo la prima infusione di microbiota la situazione è subito migliorata. Abbiamo deciso quindi di procedere con una seconda infusione – precisa Masetti – per consolidare il risultato. La sintomatologia è del tutto regredita adesso e la restante terapia immunosoppressiva è stata gradualmente ridotta. Oggi il piccolo è stato dimesso e si trova in una delle case di Ageop con la sua famiglia”.

Scegliere un microbiota perfetto per il trapianto

Un tempo noto come flora batterica, il microbiota è un insieme di batteri, miceti, virus e protozoi che vive in simbiosi col corpo umano fin dalla nascita. Quello da trapiantare si ottiene dopo una lunga selezione di potenziali donatori e attraverso l’analisi dettagliata e approfondita del loro microbiota. Per prima cosa occorre escludere la presenza di microbi patogeni nel campione del donatore, quindi il prodotto viene trattato e conservato nella banca del donatore di microbiota fino al momento del trapianto.

L’arruolamento di potenziali donatori all’Irccs Sant’Orsola procede bene, nonostante risulti idoneo solo il 10% dei donatori. Nel caso del bimbo di 3 anni, fanno sapere dalla struttura, il donatore è un soggetto sano di 42 anni.

A caccia di super donatori

Questo successo accende i riflettori sulle potenzialità del trapianto di microbiota intestinale, ma non solo. Lo studio della composizione del microbiota prima e dopo il trapianto, infatti, permetterà ai ricercatori del Sant’Orsola di comprendere meglio i meccanismi di efficacia della procedura e di agire preventivamente e in modo mirato su ogni singolo paziente, per prepararlo ad affrontare al meglio l’intervento. Sono diversi, su questo fronte, i progetti in corso a Bologna.

Identificare specifici profili del microbiota associati a una migliore risposta del ricevente permetterà, in pratica, di avere dei “super-donatori” per consentire un trapianto di microbiota sempre più personalizzato.

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