Robot e tech per la medicina: il progetto italiano

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Robot chirurghi, visori e realtà aumentata, ma anche assistenti virtuali ed esoscheletri per la riabilitazione. La medicina è un terreno fertile per l’innovazione robotica, e la creatività italiana ha molto da dire. A dimostrarlo sono anche i numeri del primo anno del progetto “Fit For Medical Robotics”, che punta a individuare la tecnologia più adatta non solo alle diverse patologie, ma ai singoli pazienti.

Lungo la Penisola sono stati avviati più di 50 studi con oltre 2.000 pazienti in 25 strutture cliniche e di ricerca. Nomi prestigiosi, che si sono alleati per fare massa critica. I centri clinici e di ricerca e le aziende coinvolte, coordinati da Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) con Università Campus Bio-Medico di Roma e Fondazione Don Gnocchi, operano insieme grazie a un finanziamento di 126 milioni di euro messi a disposizione nell’ambito del Piano complementare al Pnrr dal ministero dell’Università e della Ricerca.

Il progetto

Fit For Medical Robotics riunisce 25 partner, tra cui 10 università e centri di ricerca, 11 Irccs o centri clinici e 3 realtà industriali, con l’obiettivo di rivoluzionare gli attuali modelli riabilitativi e di assistenza per pazienti di tutte le età aventi funzioni motorie, sensoriali o cognitive ridotte o assenti. E di farlo grazie allo lo sviluppo di nuove tecnologie digitali bioniche e biorobotiche, ma anche di paradigmi innovativi di cura in grado di sfruttare le tecnologie dalla prevenzione fino all’assistenza domiciliare.

“Fit for Medical Robotics è un progetto rivoluzionario in quanto pone al centro la persona: le tecnologie robotiche diventano il mezzo attraverso il quale sviluppare soluzioni innovative per superare vulnerabilità e fragilità, migliorare la qualità della vita di pazienti e caregiver, favorire una maggiore inclusione sociale”, sottolinea la presidente del Cnr, Maria Chiara Carrozza.

Dal laboratorio all’ospedale

Su Fortune Italia raccontiamo spesso sperimentazioni innovative su robot per la riabilitazione, esoscheletri per l’assistenza, le protesi tech o sensori indossabili. Tecnologie avanzate frutto della ricerca italiana che offrono primi risultati incoraggianti ma magari faticano a ‘fare il salto’, quello assicurato solo da sperimentazioni più ampie (e costose).

Ecco, il progetto punta a dare una spinta alla ricerca tech in Italia. A che punto siamo? “Abbiamo innanzitutto invertito la rotta – ha ricordato Loredana Zollo, ordinario di Bioingegneria e preside della Facoltà di Ingegneria dell’Università Campus Bio-Medico di Roma – siamo passati da un contesto molto frammentato, caratterizzato da tanti piccoli studi clinici distribuiti sul territorio nazionale” su pochi pazienti, “a un nuovo scenario caratterizzato da una visione sinergica e collaborativa tra decine di centri clinici, università, centri di ricerca e aziende per costruire la base scientifica necessaria a dimostrare l’efficacia delle tecnologie robotiche emergenti”. Inoltre, “individuando i limiti delle tecnologie esistenti”, grazie al progetto si stanno “progettando le componenti hardware e software della futura generazione di robot”.

La sfida del long term care

Per Maria Cristina Messa, direttrice scientifica della Fondazione Don Gnocchi, una sfida imprescindibile “è quella della cura ed assistenza di lungo periodo utilizzando al meglio le tecnologie e la digitalizzazione. Fit4medrob, mettendo a sistema numerosi centri di ricerca e di assistenza, trova la massa critica per poter indirizzare lo sviluppo futuro e l’uso appropriato della robotica in ambito sanitario. In un Centro come la Fondazione Don Carlo Gnocchi, tradizionalmente dedicato alla cura dei soggetti più fragili anche attraverso la ricerca scientifica, il progetto permette non solo di acquisire nuove conoscenze alla base del processo riabilitativo ma anche di poter diffondere metodi di cura avanzata su tutto il territorio, raggiungendo tutti coloro che ne hanno bisogno”.

“La sinergia che si è creata tra i partner è il vero motore di un progetto che si è posto un obiettivo ambizioso: imprimere un deciso cambio di rotta sugli attuali modelli riabilitativi e assistenziali rivolti a pazienti di ogni età, attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie robotiche e digitali”, sottolinea Christian Cipriani, professore ordinario di Bioingegneria industriale della Scuola Superiore Sant’Anna e direttore scientifico del progetto, convinto che anche nella ricerca “l’unione fa la forza”.

I risultati di questo lavoro corale avranno, in prospettiva, un impatto importante sull’efficienza del sistema sanitario e permetteranno di investire efficacemente le risorse nelle apparecchiature robotiche e riabilitative. Innovazioni frutto della creatività, del talento e della preparazione di scienziati italiani che si tradurranno in risorse preziose per la salute di tutti noi.

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