Trapianto doppio di microbiota e di fegato, salvato a Torino

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Un altro eccezionale successo grazie alla ricerca sul microbiota. Dopo la bella notizia sul bimbo di tre anni salvato a Bologna, questa volta la storia di buona sanità arriva da Torino.  

Per la prima volta al mondo, sottolineano i sanitari delle Molinette, un trapianto sequenziale, prima di microbiota fecale e poi di fegato, ha salvato la vita ad un uomo di 56 anni, affetto dalla nascita da malattia policistica con interessamento epatico e renale. Il paziente ora è tornato a casa in buone condizioni, fanno sapere i sanitari.

Un successo frutto di un impegno lungo 120 giorni fra Torino e Roma. I medici dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino hanno infatti collaborato con i colleghi della Fondazione Policlinico Gemelli, arrivati nel capoluogo lombardo per il trapianto di microbiota, fondamentale per consentire quello, successivo, di fegato. Una bella storia, che vede fra i protagonisti proprio i pionieri di questa tecnica. E che mette in luce, ancora una volta, le potenzialità del trapianto di microbiota. Ma vediamo meglio di che si tratta.

La storia

Tutto inizia nell’agosto scorso: il paziente era stato trasferito dalla Nefrologia dell’ospedale Martini di Torino presso la Terapia Intensiva Epatologica dell’ospedale Molinette per uno scompenso ascitico e uno stato settico. Un nemico insidioso, la sepsi: la malattia policistica negli anni aveva costretto l’uomo alla dialisi, e il notevole ingombro addominale determinato da un fegato completamente sostituito da cisti e arrivato a pesare circa 15 Kg, era complicato da un grave stato di denutrizione, un versamento liquido nell’addome e dalla colonizzazione intestinale da parte di batteri resistenti a qualunque terapia antibiotica disponibile.

Condizioni tanto gravi che hanno portato il direttore del Centro Trapianto Fegato di Torino, Renato Romagnoli, e il direttore del Centro Trapianto Rene, Luigi Biancone, a dare priorità all’organo salvavita, ossia al fegato, rinviando il trapianto di rene.

Torino chiama Roma

La colonizzazione intestinale da superbug rischiava però di rendere vano questo trapianto, visto l’alto rischio di infezioni incurabili nell’immediato post-intervento. Una soluzione poteva arrivare dal trapianto di microbiota fecale: una strategia per modificare l’insieme di batteri che vivono nel nostro intestino.

Così Silvia Martini della Terapia Intensiva Epatologica e Renato Romagnoli hanno contattato il direttore della Medicina Interna e Gastroenterologia e del Centro Malattie dell’Apparato Digerente del Gemelli Antonio Gasbarrini, pioniere in Italia, con i professori Gianluca Ianiro e Giovanni Cammarota, del trapianto di microbiota fecale e autore delle Linee guida internazionali sul trapianto di feci.

Gasbarrini e il suo team si sono offerti di  procedere con il trapianto di feci in capsule, con una possibilità di successo in circa 2 casi su 3 nella decolonizzazione dell’intestino da batteri altrimenti ad oggi intrattabili.

Il via libera

Dopo l’ok del direttore sanitario dell’ospedale Molinette, del Centro Regionale Trapianti del Piemonte e del direttore del Centro Nazionale Trapianti di Roma, Massimo Cardillo, si è deciso per il trapianto di feci attraverso l’assunzione di capsule per via orale, unica via di somministrazione possibile considerato il notevole ingombro addominale che rendeva controindicata la somministrazione per via colonscopica.

Il Comitato etico della Fondazione Policlinico Gemelli ha espresso a sua volta parere favorevole. Così nel novembre scorso il professor Gianluca Ianiro, arrivato da Roma, ha somministrato al paziente degente alle Molinette 50 capsule di microbiota intestinale, preparate presso la Microbiologia della Fondazione Policlinico Gemelli.

Il trapianto di fegato

La riduzione della carica batterica colonizzante l’intestino, documentata dai medici della Microbiologia dell’ospedale Molinette (diretta da Cristina Costa) ha consentito di attivare in lista per un nuovo fegato il paziente esattamente 12 giorni dopo il trapianto di microbiota fecale.

Era infatti fondamentale sfruttare la finestra trapiantologica aperta grazie alla riduzione della carica batterica intestinale. Così, a fine novembre, grazie alla generosità di una famiglia italiana che ha donato il fegato del congiunto defunto, ed esattamente a 100 giorni dall’inizio del ricovero alle Molinette, l’uomo è entrato in sala operatoria.

L’operazione, estremamente complessa, è stata effettuata da Renato Romagnoli, insieme con il suo staff medico, chirurgico ed infermieristico, in circolazione extracorporea (Ecmo) con la collaborazione della Cardiochirurgia e degli anestesisti della Anestesia e Rianimazione 2.

Durante il trapianto è stata necessaria la trasfusione di 18 unità di globuli rossi e di altrettante di plasma fresco provenienti dalla Banca del sangue  della Città della Salute di Torino.

Niente infezioni

“Ancora una volta siamo orgogliosi di rendere pubblica una collaborazione tra Policlinici italiani su un gravissimo caso clinico risolto con una soluzione sanitaria all’avanguardia e senza precedenti”, commenta Giovanni La Valle, direttore generale Città della Salute di Torino.

Dopo l’operazione infatti non si sono verificate le temute infezione. E a distanza di appena 20 giorni dal trapianto di fegato il paziente è rientrato a casa, avendo anche ripreso una funzione renale tale da non richiedere per ora di dialisi. Ora l’uomo, sostenuto in tutta questa vicenda da moglie e figlia, è in piena fase di recupero nutrizionale e motorio ed è stato scongiurato il rischio di infezione da batteri intrattabili nel post-trapianto fegato. Un caso clinico che ha già ricevuto un riconoscimento nella letteratura scientifica internazionale, come si legge su ‘Transplant Infectious Disease’.

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