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Malattia dei cervi zombie, cosa succede e che pericoli ci sono

cervi zombie
Gilead

Un’encefalopatia spongiforme trasmissibile causata dai prioni che colpisce i cervi sta destando allarme sulla stampa. Alcuni di voi ne avranno letto sui giornali: in Nord America, Scandinavia e Corea del Sud stanno morendo centinaia di cervi, alci, caribù e renne, a causa di questa ‘malattia dei cervi zombie’. Ma di che si tratta, e rappresenta un problema per l’uomo?

A rispondere sono i medici anti-bufale di Dottoremaeveroche.it, il portale contro le fake news della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici), in un focus firmato da Roberta Villa.

Iniziamo col dire che questa ‘malattia da deperimento cronico’ è frutto di uno spillover (ricordate Sars-Cov-2?) resta latente per anni e, nel giro di alcune settimane o mesi, porta inevitabilmente l’animale al decesso. Ma, almeno fino ad ora, “non si ha notizia di alcun caso di questa malattia negli esseri umani”, sottolineano gli esperti di Dottoremaeveroche.

I sintomi

Dalle iniziali alterazioni motorie e del comportamento, si passa ad anomalie della postura, bruxismo, perdita di saliva e un’importante perdita di peso nonostante un’eccessiva ingestione di cibo (polifagia) e di acqua (polidipsia). A far parlare di cervi zombie è stato l’aspetto degli animali colpiti nella fase finale di questa malattia.

Il legame con la mucca pazza

Come lo scrapie degli ovini e l’encefalopatia spongiforme bovina (anche nota come “malattia della mucca pazza”), è dovuta a un’infezione da prioni. I prioni non sono microrganismi, perché non sono dotati di materiale genetico, ma forme ripiegate in maniera anomala di una proteina (proteina prionica, PrP), normalmente presente nelle cellule degli organismi sani a livello di vari organi, ma soprattutto del sistema nervoso centrale.

I prioni sono in grado di trasmettere l’alterazione della loro forma ad altre proteine dello stesso tipo, con il risultato di estendere il danno. Proprio per la loro conformazione sono più resistenti agli enzimi deputati a degradare le proteine (proteasi), ma anche ad agenti chimici e fisici, come la maggior parte dei disinfettanti, la sterilizzazione, la bollitura e perfino le radiazioni ionizzanti. Inoltre, i prioni non stimolano una reazione da parte del sistema immunitario: ciò rende impossibile una difesa da parte dell’organismo.

Il contagio

La malattia dei cervi zombie si trasmette anche senza un contatto diretto tra gli animali, ma tramite materiali biologici o contaminazione ambientale, e perfino per via aerea.

Il pericolo per gli esseri umani

Attenzione: come spiegano i medici anti-bufale “si ritiene che la malattia da deperimento cronico sia arrivata ai cervidi dallo scrapie degli ovini tramite un salto di specie, l’ormai tristemente celebre spillover. Da pecore o capre sarebbero arrivati anche i prioni che provocarono i primi casi di encefalopatia spongiforme bovina, la malattia “della mucca pazza”. E la malattia della mucca pazza, attraverso il consumo di carne contaminata, provocò quasi duecento casi umani, tutti letali.

L’esperienza della cosiddetta “mucca pazza” mostra quindi che il passaggio di prioni da altri animali agli esseri umani è possibile, sottolineano i medici anti-bufale. “Non è quindi possibile escludere che anche la malattia da deperimento cronico dei cervi possa un giorno colpire esseri umani che si avvicinino a una carcassa senza dovute precauzioni, vengano a contatto con materiali contaminati o mangino la carne di un cervo, di un alce o di una renna infetta”.

Come regolarsi a tavola

Se la malattia da prioni dei cervi dovesse passare per via alimentare, i buoi potrebbero essere già sfuggiti dalla stalla: si stima infatti che solo nel 2017 sarebbero stati consumati inconsapevolmente da 7.000 a 15.000 animali potenzialmente colpiti, un numero che in questi ultimi anni dovrebbe essere cresciuto.

“Non esiste però per il momento nessun indizio che la malattia da deperimento cronico dei cervidi abbia raggiunto l’Europa centrale e tanto meno che sia scesa fino alle Alpi, per cui non è stata emessa a oggi alcuna raccomandazione di evitare le loro carni da parte delle autorità sanitarie europee o italiane. L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sta comunque monitorando la situazione in Norvegia, Svezia, Finlandia, Islanda, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia“. Insomma, almeno per il momento non c’è allarme per la salute pubblica, concludono i dottori anti-bufale.

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