Rene, cosa succede quando si ammala

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Una patologia in aumento, che rimane silenziosa a lungo, anche per anni. È la malattia del rene cronica, di cui parliamo in occasione della Giornata mondiale del rene. Una ricorrenza nata per creare consapevolezza su come salvaguardare la salute dei reni, prestando grande attenzione ai fattori di rischio, alla prevenzione, alla diagnosi e alle cure. E celebrata in Italia con screening gratuiti su tutto il territorio nazionale, attraverso visite, misurazione della pressione arteriosa ed esame delle urine.

Porte aperte, dunque, nei reparti di nefrologia e dialisi in molti ospedali italiani, nei centri accoglienza Caritas, nelle altre realtà di accoglienza locali, nei centri sportivi e nelle palestre aderenti al progetto promosso dalla Società italiana di nefrologia e dalla Fondazione italiana del rene.

Qualche numero

La malattia renale cronica colpisce 850 milioni di persone in tutto il mondo. E rappresenta l’ottava causa di morte. Per avere un’idea delle dimensioni del problema nel nostro Paese, quasi un connazionale su 10 ne soffre: ben 4 milioni di persone.

“Negli ultimi 20 anni, la malattia renale cronica ha rappresentato una causa emergente di mortalità. E si stima che nel 2040 diventerà la quinta causa di morte al mondo. Dunque è fondamentale la diagnosi precoce e l’individuazione dei soggetti a rischio, per modificare efficacemente lo stile di vita e per attuare le terapie farmacologiche necessarie a contrastare la sua insorgenza e a rallentarne la sua progressione”, sottolinea Annalisa Noce, associato di Nefrologia presso l’Università degli Studi di Roma, Tor Vergata.

Identikit del rischio

Anziani, donne, minoranze etniche e pazienti con diabete mellito e ipertensione arteriosa sono più vulnerabili, ma il fatto è che “spesso la malattia renale cronica è asintomatica e rimane misconosciuta anche per anni. Per la diagnosi è necessario sottoporsi a un prelievo ematico, al fine di determinare la velocità di filtrazione glomerulare, e ad un esame delle urine, per valutare la presenza di albuminuria o proteinuria”, ricorda Noce.

Rene, cuore e cervello

Uno studio ha dimostrato che un paziente con malattia renale cronica terminale, tra 25-35 anni, presenta un rischio di mortalità cardiovascolare aumentato rispetto ad un ultraottantacinquenne senza questa patologia. “E un altro studio ha dimostrato che i pazienti con malattia renale cronica, sia di stadio lieve che avanzato, presentano un rischio più elevato di sviluppare disordini cognitivi e demenza”, segnala Noce. “È stato dimostrato infatti che l’accumulo di sostanze tossiche, dovuto alla loro ridotta escrezione da parte dei reni, induce un danno neuronale diretto”.

È stato descritto un asse rene-cervello il cui legame è supportato dallo stato infiammatorio sistemico che caratterizza i pazienti con questa patologia. In questi soggetti, infatti, si osserva una aumentata produzione di sostanze infiammatorie, citochine e Ros (specie reattive dell’ossigeno), che causano il fenomeno della neuroinfiammazione.

Dove va la ricerca

Ecco perché ci si sta concentrando “sull’utilizzo di molecole efficaci e sicure che abbiano come target questi elementi cellulari del sistema immunitario, nel contesto della neuroinfiammazione cronica di basso grado. Da tempo – continua Noce – sono state identificate sostanze in grado di regolare i mastociti e la microglia. La Pea (palmitoiletanolamide) è un lipide naturale, presente in numerose fonti alimentari (dalla soia al tuorlo d’uovo), ma è anche un componente dei sistemi finalizzati al mantenimento dell’omeostasi del nostro organismo. Gli effetti di Pea ultra-micronizzata nel contrastare gli stati neuro-infiammatori persistenti sono stati dimostrati in numerosi studi sull’uomo”.

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