Tecnologia dal volto umano, l’evoluzione paga

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“Ehi Siri!”, “Alexa, per favore trovami…”. Ogni giorno umanizziamo la tecnologia. Abbiamo bisogno di dare un volto, una voce agli assistenti digitali. Ma la necessità di antropizzare quanto ci sta attorno, dando un viso e delle fattezze umane ad oggetti, dispositivi e strumenti, non va limitata solamente a quanto ci sta attorno e ci è utile. In futuro, grazie all’intelligenza artificiale, anche la comunicazione pubblicitaria e le scelte conseguenti saranno probabilmente legate non solo alla forza dei “testimonial” che, come nei vecchi Carosello opportunamente modernizzati, magnificano le potenzialità di un prodotto che dobbiamo scegliere.

Più si va avanti, più l’AI entrerà pesantemente in gioco nella definizione dei tratti umani di oggetti di uso comune. E probabilmente saranno gli oggetti stessi, magari con voce calda e conformazione fisica studiata per riprodurre sembianze umane, a diventare protagonisti dei messaggi.

Al punto che, come avveniva in alcuni cartoni animati, ci troveremo catapultati in un mondo virtuale con computer portatili e altri strumenti pronti a “parlarci”. E a convincerci. Con una discriminante, però: saremo portati a scegliere un prodotto della tecnologia non solo sulla base della sua capacità di “narrarci” le proprie doti e sulla somiglianza con l’essere umano, ma anche sulla scorta della complessità.

Questa caratteristica va sempre considerata, in un mondo che sempre più vedrà il singolo prodotto entrare nella nostra vita, magari attraverso un Adv sul personal computer, per poi portarci a sceglierlo. Come se fosse una sorta di “amico” che assume anche fisicamente le sembianze umane.

Se pensate di esservi ritrovati in un film di fantascienza, sappiate che siete fuori strada. A prescindere dalla narrativa più o meno coinvolgente, infatti, si avvicina a larghi passi la possibilità che un determinato prodotto riesca a promuoversi da solo, fino al punto di spingerci all’acquisto. Ne sono convinti alcuni ricercatori dell’Università dell’Indiana, Lingyao (Ivy) Yuan, Alan R. Dennis, che hanno pubblicato una ricerca sull’impatto delle tecnologie di progettazione visiva, e quindi sulle nostre scelte, su ‘Decision Support Systems’.

Gli esperti partono da un punto fermo: se noi percepiamo un oggetto inanimato con caratteristiche umane, il cervello tende a umanizzarlo. E questo meccanismo di antropomorfizzazione diventa strategico per l’accettazione e la scelta preferenziale. Insomma: se un oggetto diventa più “umano” anche per noi diventa più facile sceglierlo. Anche se è l’oggetto stesso a magnificare le proprie doti.

Attenzione però: non tutti gli oggetti hanno la stessa possibilità di “presentarsi” con successo. Ed è la complessità e il valore tecnologico che noi attribuiamo loro a fare la differenza. Almeno secondo lo studio americano. La ricerca ha preso in esame una cinquantina di studenti, che dovevano fare un’offerta su eBay per alcuni oggetti.

Gli esperti hanno utilizzato un video di due minuti per trasmettere l’elemento “umano” di ciascun prodotto e i partecipanti non potevano fare offerte finché non era finito. Ogni prodotto parlava in prima persona. I partecipanti hanno visto misurare i loro processi cognitivi attraverso speciali cuffie registranti l’EEG, oltre ovviamente alla disponibilità a pagare.

I vari prodotti sono stati presentati con occhi bocca e naso, perfettamente in movimento. Risultato: per un laptop le offerte sono salite di quasi un quinto se il dispositivo presentava caratteristiche umane rispetto alla classica pagina web. Ma questo non accadeva con prodotti percepiti come meno complessi, come la TV. Non solo.

All’elettroencefalogramma si è visto che presentare un prodotto “umanizzato” ha “acceso” maggiormente il loro parietale, anche in questo caso in base alla tecnologia percepita del prodotto stesso e alla sua complessità. Insomma: se il Pc già ci “parla”, così come lo smartphone, saremo più portati a credere alle sue promesse. Il tutto, in un futuro mondo della pubblicità sempre più fatto di autopromozioni di una tecnologia che certo non potrà abdicare ad un fattore: il suo volto umano.

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