Papà italiani in via d’estinzione?

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Fanno sempre meno figli, più spesso che in passato fuori dal matrimonio. E, soprattutto, ci pensano su parecchio prima di diventare genitori. Anche se non mancano le eccezioni, come Matteo Amico-Calzonaro, il papà dei record con 9 figli intervistato sul ‘Corriere della Sera’. Ma sembra trattarsi di una minoranza se, come stima il Censis, nel 2040 le coppie con figli diminuiranno fino a rappresentare appena il 25,8% del totale.

Insomma, secondo le ultime indagini sono più attenti e dedicano più tempo che in passato ai propri figli, ma quando vediamo un papà spingere la carrozzina o giocare con i pargoli al parco, dovremmo chiederci se non si tratti in realtà di una specie in via di estinzione. Ma vediamo qualche numero.

L’inverno demografico

Il quadro lo conosciamo bene, anche se ancora non sono noti i dati 2023. Per il 2022 l’Istat ha segnalato un nuovo superamento al ribasso del record di denatalità. Le nascite tra la popolazione residente in Italia sono state appena 393.333, ben 6.916 in meno rispetto al 2021 (-1,7%), con 163.317 bimbi (41,5% del totale) nati fuori dal matrimonio.

L’età del primo figlio

Il fatto è che oggi il progetto di paternità si rinvia: spesso parliamo dell’età della mamma, ma per i papà italiani il primo figlio arriva a 36 anni. Un dato che fa salire i ‘nostri’ padri sul podio dei più vecchi d’Europa. In Italia si diventa papà mediamente a 35,8 anni, in Francia a 33,9 anni, in Germania a 33,2, in Inghilterra e Galles a 33,7 anni. Una tendenza a ritardare la paternità che non è priva di conseguenze, come avvertono gli esperti della Società Italiana di Andrologia (Sia).

Numerose evidenze scientifiche dimostrano, infatti, che le caratteristiche funzionali dello spermatozoo, cioè motilità, morfologia e anche i danni al Dna, peggiorano con l’aumentare dell’età. Tutto questo si aggiunge al fatto che con gli anni aumenta il tempo di esposizione agli inquinanti ambientati esterni, come le microplastiche che negli ultimi anni hanno dimostrato essere un problema rilevante per la fertilità maschile. 

I padri nonni

“Nel giro di pochi decenni si è passati da una situazione nella quale solo una ridotta minoranza arrivava senza figli all’età di 35 anni, a una nella quale la maggioranza della popolazione maschile rinvia oltre questa soglia anagrafica la prima esperienza di paternità”, sottolinea Alessandro Palmieri, presidente Sia e Professore di Urologia alla Università Federico II di Napoli. Un fenomeno che “può essere imputato a vari motivi di ordine culturale, economico e biologico, ma anche dall’allungamento della vita che nella donna non influenza, invece, la possibilità riproduttiva rimasta ferma intorno ai 50 anni. Tutto questo concorre nel rendere gli uomini più propensi a un rinvio della paternità, toccando estremi che arrivano a superare addirittura i 45-50 anni, per cui saranno padri-nonni prima che il figlio diventi maggiorenne”.

Ma non dimentichiamo che la fertilità, sia maschile che femminile, ha il suo picco massimo tra i 20 e i 30 anni. “E che la potenzialità fecondante del maschio è in netto declino. Oggi con le difficoltà economiche, tutti si trovano costretti a ritardare e aspettare di sistemarsi prima di fare figli. Con l’avanzare dell’età però la fertilità diminuisce, perché anche gli spermatozoi ‘invecchiano’ e bisogna insegnare alle giovani generazioni l’importanza di una fertilità sana al momento giusto che va preservata fin da giovani”, dice Palmieri.

L’impatto dell’età paterna

Anche perchè, come spiega Tommaso Cai, direttore dell’U.O. di Urologia dell’Ospedale di Trento e segretario della Società Italiana di Andrologia, “la maggior parte degli uomini non è consapevole dell’impatto dell’età dovuto non solo al calo naturale del testosterone, ma anche alla perdita di ‘forma fisica’ degli spermatozoi, che può portare anche a cambiamenti nello sperma che vengono trasmessi da genitori a figli nel loro Dna. È ben documentato che concepire in età avanzata comporta il rischio che il bambino nasca o sviluppi nel tempo problemi di salute”.

Gli esperti Sia, in collaborazione con l’Istituto di Farmacologia Clinica dell’Università degli studi di Catanzaro, hanno sviluppato un nuovo integratore con effetti positivi sulla salute maschile: si tratta del Drolessano, un mix di 7 sostanze naturali, due delle quali – ricordano – hanno specifici effetti sulla fertilità.

Il futuro (e il presente)

Se tutti questi dati non lasciano prevedere un futuro roseo per i padri italiani, bisogna dire che nel frattempo più del 31% degli italiani maggiorenni abita ancora con mamma o papà e il 42,5% vive a un massimo di 30 minuti a piedi dalla loro abitazione (rapporto Coldiretti/Censis). Spia di un legame che resta solido negli anni. Prova ne è che quasi un italiano su due (46%) fa quest’anno al suo genitore un regalo per la Festa del Papà, più spesso nelle Isole (58%) e meno nel Nord Est (38%).

Questa volta a dircelo è una indagine Coldiretti/Ixe’. Ma cosa si dona al papà? Cibo e vino sono scelti dal 40% di chi ha scelto di fare regali, seguiti dall’abbigliamento e da apparecchi tecnologici, che precedono superalcolici, oggetti per la casa, libri e musica, biglietti per concerti e persino fiori e piante. Pensieri talvolta preziosi o magari fatti a mano dai più piccoli, per celebrare giochi, risate, lacrime, pomeriggi a fare i compiti o a tifare dagli spalti, perchè “ogni uomo può essere un padre, ma ci vuole qualcosa di speciale per essere un papà”.

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