Dalla sanità alla salute, il valore nel cambio di paradigma

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L’ idea dell’approccio One Health sta repentinamente permeando l’agenda di tutti gli stakeholder operanti in sanità, generando inoltre effervescenza nella agenda dei policymaker interessati al tema salute. In aggiunta, One Health sta progressivamente dilatandosi nel proprio perimetro logico fino a toccare evoluzioni quale la Planetary Health. Seppur affascinati, forse, ancora non siamo totalmente consapevoli delle complessità delle dinamiche innescate e che quindi, poi, vanno governate.

Il processo in atto risulta particolarmente rapido, sicuramente interessante, e per questo fortemente sfidante nella necessità di sviluppare un pensiero forte e condiviso. Ci piacerebbe che One Health potesse non rappresentare soltanto un approccio olistico accattivante, emotivamente evocativo, che funziona nei convegni ‘a la page’ perché figlio di un interesse forte ma passeggero, bensì potesse essere il perno di un vero e proprio game changer atto a cambiare il paradigma su cui si confrontano gli attuali e futuri decisori del welfare. Un nuovo paradigma, un cambio di paradigma, che è quanto proviamo a descrivere in questo articolo al fine di stimolare e tenere alto il dibattito.

Perché ci preoccupiamo, direte voi, se il forte vento che attualmente sembra alimentare il proliferare di iniziative in nome della One Health rischi di diventare via via solo una folata veemente?
Intanto perché succede spesso. Filoni di pensiero, o presunte innovazioni, scopriamo poi solo dopo un certo tempo che erano mode e che non hanno resistito al duro confronto con la realtà.

Attilio Bianchi, Istituto Nazionale dei Tumori Fondazione Pascale

Nello specifico un approccio olistico, pareva esserci già stato, senza che si determinasse il cambiamento che sembrava invece evocare. E mi riferisco alla circostanza che ha portato prima il ministero, poi via via gli assessorati regionali a cambiar nome, da sanità a salute, senza che a questa autentica ed encomiabile intuizione seguisse a cascata una traccia istituzionale coerente.

Certo, il Sistema trae i propri principi ispiratori nella tutela della salute, tutti gli indirizzi sono decisamente orientati in tale direzione: quello che ci domandiamo è perché “alcune cose” poi, non succedono. Gli screening, la sana alimentazione, la promozione della attività fisica, l’ annosa abitudine tabagica, il consumo di alcool, la partecipazione alla tutela dell’ambiente, argomenti questi e non solo questi, tutti ricompresi nel glossario tipico della One Health, restano troppo spesso fortissime raccomandazioni che rimangono come sospese, senza riuscire a diventare modelli ordinari di comportamento.

Perché? Perché abbiamo cambiato il nome alle pedine senza cambiare le regole del gioco, il famoso e ormai cogente game-changer. Gli attuali meccanismi di finanziamento, a tariffa per prestazione, oltre a non poter garantire la sostenibilità dei nostri sistemi di welfare, non riescono neanche a catturare ed inglobare la complessità olistica contemplata nell’approccio One Health.
Abbiamo cambiato la denominazione dei nostri ministeri e di molti dei nostri assessorati da Sanità a Salute, e abbiamo continuato a perseguire soltanto la sanità, non ci siamo accorti che forse sanità e salute non erano la stessa cosa. E abbiamo continuato a finanziare la sanità, inconsapevoli attori della medesima confusione interpretativa prima ed attuativa poi.

Ciò determina una dicotomia tra gli obiettivi di sistema – ovvero la salute, intesa come assenza di malattia e ancor di più benessere dell’ individuo – e il sistema di finanziamento a prestazione – che, in realtà, finanzia la malattia.

Negli attuali modelli di remunerazione, infatti, la ricchezza del sistema è rappresentata… dai malati. Più ci sono malati (e più malati sono i malati, perché le complicazioni in genere sono maggiormente remunerate), maggiore è il livello di finanziamento. Bisogna fare in modo che la ricchezza del sistema sia rappresentata dalla salute: questo garantisce la sostenibilità.

Il sistema di finanziamento per quota capitaria conterebbe in sé questo driver virtuoso, ma non riesce a disinnescare la pressione inflattiva sui volumi di produzione generata dal meccanismo di remunerazione a prestazione.

È evidente come la portata di un cambio di paradigma di questo tipo imponga traiettorie di sistema. E’ un po’ come la logica dell’antincendio: se continueremo a remunerare gli attori del processo per il numero di incendi spenti, la convenienza sarà rappresentata dagli incendi; se finanziamo gli attori per aree di territorio libere da incendi, i driver sono di tutt’altro tipo. Game Changer è passare dalla sanità dei consumi alla sanità degli esiti, dalla sanità alla salute e metter risorse sempre meno sui consumi di prestazioni e sempre più sugli outcome di salute.

Bisogna pertanto uscire dalla logica secca di remunerazione a prestazione, ricercando meccanismi di finanziamento e remunerazione collegati agli esiti, capaci di finanziare il valore incrementale di salute di volta in volta condivisi e la partecipazione ai percorsi individuati come golden standard: quindi indicatori di processo, di valore e di outcome, e non più soltanto di volumi di prestazioni.

Forse in tal modo riusciremo ad evitare che le complessità crescenti, comunque finanziate, spazzino via i nostri sistemi di welfare e che vengano prese misure quali i tetti di spesa, misure queste attuate con logiche di taglio lineare, che nulla hanno a che fare con modelli analitici e predittivi dello stato di salute delle popolazioni di riferimento. La focalizzazione sulla creazione del valore può configurare la dimensione in grado di generare partecipazione anche nel variegato mondo di stakeholder privati.

E allora? Noi abbiamo posto la questione. Certo, non abbiamo soluzioni prederminate, né minimamente pensiamo di averle da questo momento, però oggi apriamo il dibattito, stimoliamo idee, confronto, best practice e proviamo, insieme, ad anticipare il futuro.

A far sì che l’approccio One Health non sia una entusiasmante ma provvisoria corrente di pensiero e diventi invece il modo con cui vengono affrontate le traiettorie verso la tutela della salute. Proviamo a essere tutti interpreti del cambio di paradigma.

*Attilio Bianchi, direttore generale Istituto Nazionale dei Tumori Irccs Fondazione Pascale Napoli

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