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Coronavirus, guardare al modello inglese

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Per favore, non ripetiamo un anno dopo gli errori commessi dagli altri Paesi europei un anno fa con il Coronavirus. Per favore, guardiamo a quel che è successo a Natale e dopo nel Regno Unito, prendiamo esempio e scongiuriamo che accada anche da noi. Non siamo increduli, non comportiamoci come il resto dell’Europa agli albori della pandemia da coronavirus nei nostri confronti, quando erano tutti convinti che il numero inaspettato e pauroso di contagi e di vittime fosse da ascrivere a un presunto ‘deficit congenito’ dell’Italia, vista attraverso gli occhiali dei peggiori stereotipi come un Paese tutto pizza e mandolino, incapace di conseguenza di gestire il problema fino a lasciarselo sfuggire di mano. Si è visto come è finita, nei mesi successivi, in Francia, in Spagna, in Germania, in Belgio, in Svezia.

Il Regno Unito è stato il primo Paese a dovere fare i conti con la ‘variante inglese’ del Coronavirus – inglese perché gli inglesi l’hanno attivamente cercata e trovata sequenziando il virus, attività ancora troppo poco praticata da noi – e ha pagato un prezzo altissimo: si è trovato improvvisamente, in un paio di settimane, dall’aver promesso “a Natale liberi tutti” a dovere imporre il lockdown più duro della sua storia. Sessantamila contagiati e fino a 1.800 decessi al giorno, ospedali fuori controllo – si dice che a Londra nelle settimane peggiori non si intubassero gli over 60 anni – e sempre più vittime di 30 e 40 anni, con i medici schiacciati da un peso umano psicologico insopportabile.

È questo lo tsunami che produce la variante inglese del Coronavirus: lo sappiamo da settimane ma l’impressione è che, come l’Europa un anno fa, distogliamo lo sguardo, pensando ai soliti inglesi pasticcioni, non ne hanno azzeccata una con il coronavirus, a noi non succederà. E, invece, è vero, fino a Natale il Primo ministro Boris Johnson le ha sbagliate tutte – tanto che il suo Paese ha il maggior numero di decessi in percentuale sulla popolazione – ma da allora non ne ha più sbagliata nessuna. Grazie anche al fior di scienziati e di istituti di ricerca di cui dispone e a cui si affida.

Non ha ceduto ai parlamentari Tories sul lockdown totale – se va bene a Pasqua ci si potrà sedere due alla volta nei parchi e riapriranno i pub con giardino esterno – ha puntato sui tamponi processandone 650mila al giorno quando in Italia arriviamo a stento a 200mila con più o meno la stessa popolazione, ha praticato il sequenziamento a campione del virus per capire dove siano, oltre a quella inglese, le nuove varianti del Coronavirus brasiliana e sudafricana, ha dato un giro di vite alle frontiere ed è riuscito a vaccinare tutte le categoria a rischio, oltre 15 milioni di persone in meno di 80 giorni. Iniettando intanto una sola dose di tutti i tipi di vaccini che aveva a disposizione: conti alla mano scienziati e matematici hanno spiegato che era meglio una copertura parziale che nessuna copertura. Classico empirismo british. E chissà come mai loro si vantano del vaccino AstraZeneca mentre in Italia c’è chi lo rifiuta. Ora possono vaccinare i cinquanta-sessantenni e passare alla seconda dose.

Lockdown più tamponi e sequenziamenti, più vaccinazioni accelerate, questa la ricetta. Risultato? I contagi sono scesi sotto i 13mila giornalieri e i morti sotto i 300 ma il messaggio agli inglesi continua ad essere: “La prossima estate scordatevi le vacanze al sole del Mediterraneo e non prenotate neppure le vacanze in Inghilterra perché forse non le farete”. Mentre in Italia si litiga sull’apertura degli impianti da sci.

In queste ore un gruppo di esperti ha scritto al Presidente del Consiglio Mario Draghi chiedendo una serie di misure molto simili a quelle inglesi mentre in Umbria, dove è diffusa la variante Uk, la situazione è uguale a quella di Londra a Natale, terapie intensive fuori controllo con quel che ne segue. Se non cambiamo marcia, moltiplichiamo i tamponi e sequenziamo il virus, continuiamo a guidare a fari spenti nella notte e andiamo a sbattere. Se non adottiamo le chiusure necessarie, torneremo sempre alla casella di partenza.

Fare gli struzzi non serve, bisogna dire la verità al Paese: nessuno si illuda, se non si debella l’epidemia l’economia non può ripartire e non si riaprono ristoranti e bar, piscine e palestre, cinema e teatri. Del resto, anche Francia e Germania restano in lockdown. Per una volta guardiamo a chi ci è già passato e ha ottenuto ottimi risultati, guardiamo al Regno Unito, che è diventata la best practice nel mondo. Non vorremmo mai trovarci, tra due settimane, come gli inglesi a Natale. Per favore.

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