Immunità innata, il segreto di chi non si ammala di Covid

coronavirus
Aboca banner articolo

In questi anni di pandemia abbiamo visto persone contrarre, anche più volte, il virus Sars-Cov-2, altre finire in terapia intensiva o morire di Covid. Ma c’è anche chi, nonostante familiari o colleghi contagiati, non si è mai infettato. A spiegare il segreto di queste persone è forse l’immunità innata, la prima linea di difesa che ha un ruolo chiave nella resistenza ai patogeni. Un meccanismo in cui giocano un ruolo importante gli ‘antenati degli anticorpi’.

Ebbene, questo ‘scudo’ fa la sua parte anche contro Sars-CoV-2 e le varianti, compresa l’ormai dominante Omicron. A far luce sull’immunità innata è uno studio – avviato a Milano fin dal 2020, grazie al sostegno di Dolce&Gabbana – e pubblicato su ‘Nature Immunology’ da Matteo Stravalaci, ricercatore di Humanitas, e Isabel Pagani, ricercatrice dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, insieme a un team di scienziati coordinati da Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e professore emerito Humanitas University, Cecilia Garlanda ricercatrice e docente di Humanitas University ed Elisa Vicenzi, responsabile dell’Unità di Ricerca in Patogenesi virale e Biosicurezza del San Raffaele.

Uno studio che ha coinvolto anche Fondazione Toscana Life Science con il ‘papà dei vaccini’ Rino Rappuoli, l’Istituto di Ricerca in Biomedicina di Bellinzona e la Queen Mary University di Londra in uno sforzo internazionale volto a indagare le molecole presenti nel sangue e nei liquidi biologici e che funzionano come “antenati degli anticorpi” (i cosiddetti Ante-antibody).

L’immunità innata risolve il 90% dei problemi causati dal contatto con batteri e virus. Precede e si accompagna all’immunità adattativa, la linea di difesa più specifica, degli anticorpi e delle cellule T, che può essere potenziata con i vaccini.

“Anni fa abbiamo individuato alcuni geni che fanno parte di una famiglia di antenati degli anticorpi. Concentrandoci sull’interazione tra questi e Sars-CoV-2, abbiamo scoperto che una di tali molecole dell’immunità innata, chiamata Mannose Binding Lectin (Mbl), si lega alla proteina Spike del virus e lo blocca” ha spiegato Mantovani. “Alla comparsa di Omicron, Sarah Mapelli, ricercatrice bio-informatica di Humanitas, ha esteso subito l’analisi sulla struttura della proteina in collaborazione con il gruppo di Bellinzona, scoprendo che Mbl è in grado di vedere e riconoscere anche Omicron, oltre alle varianti classiche del virus come Delta”.

Lo studio è proseguito poi con l’analisi genetica dei dati provenienti dai pazienti dell’ospedale, incrociati con quelli delle banche dati di tutto il mondo, condotta da Rosanna Asselta di Humanitas University. “È risultato che variazioni genetiche di Mbl sono associate alla gravità di malattia da Covid-19” ha precisato Cecilia Garlanda. “Ora si tratterà di valutare se questa molecola può fungere da biomarcatore per orientare le scelte dei medici di fronte a manifestazioni così diverse e mutevoli della malattia”.

Non solo: da questo lavoro potrebbe arrivare anche un farmaco contro Covid-19. I ricercatori, infatti, stanno valutando se Mbl può essere un candidato agente preventivo/terapeutico, dal momento che è una molecola simile a un anticorpo, cui le varianti del virus, almeno quelle note, non possono sfuggire. “Nella nostra valutazione di potenziali farmaci anti-Sars- CoV-2”, spiega Elisa Vicenzi del San Raffaele “Mbl dimostra un’importante attività antivirale che potrebbe essere un’arma in più contro le varianti in circolazione, inclusa Omicron”.

Attenzione, però. Come accade sovente con Sars-Cov-2 al momento non ci sono dati sull’interazione tra questo meccanismo protettivo della prima linea di difesa e la risposta immunitaria indotta dai vaccini. “Ad oggi sappiamo che questo meccanismo di resistenza innata ‘vede’ anche Omicron”, ha detto Alberto Mantovani. “Quindi, probabilmente contribuisce al fatto che, per quanto questa variante sia riconosciuta in forma minore dagli anticorpi, la prima linea di difesa regge. Ciò non toglie quanto invece già sappiamo grazie ai dati: i vaccini danno una protezione significativa e fondamentale e restano la nostra cintura di sicurezza”. Insomma, in attesa di un’eventuale terapia in grado di ‘mimare’ o potenziare il meccanismo di immunità innata, non ci resta che fare affidamento sui vaccini.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.