Stem passion, donne appassionate di scienza

Ilaria Capua/Stem Passion
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Quaranta fotografie, scattate in nove Paesi e 17 città diverse. Foto di donne. Donne che hanno scelto di seguire la propria passione per la scienza. Scienza che è diventata lavoro, fonte di reddito e di soddisfazione e crescita personale. Sono proprio i volti delle donne-scienziate il fulcro della mostra “Stem Passion” inaugurata oggi presso la sede di Bresso (Mi) della Fondazione Zoè, nata nel 2008 dalla volontà della famiglia Zambon tuttora alla guida dell’omonima azienda farmaceutica italiana.

Obiettivo, dichiarato da Marta Dessù di Aspen Institute, “favorire l’aumento del numero delle donne nella scienza, contrastando gli stereotipi sociali che ancora lo impediscono”. Infatti solo metà delle ragazze sceglie di intraprendere una carriera che ha a che fare con le materie Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematics).

La mostra, che sarà aperta al pubblico fino al 27 febbraio, si innesta sulla VII Giornata internazionale della donna nella scienza che si celebrerà il prossimo 11 febbraio, ospita immagini di donne che hanno prestato il proprio volto alla causa. Tra quelli più noti qui in Italia la virologa Ilaria Capua e il ministro dell’Università e della Ricerca Cristina Messa.

Che nel messaggio inviato in occasione dell’inaugurazione ha segnalato un timido miglioramento della partecipazione delle giovani donne al mondo delle scienze: circa 2mila iscrizioni femminili in più a corsi di laurea scientifici rispetto allo scorso anno. Ma, ha precisato il ministro Messa, “occorre una rivoluzione culturale per far arrivare le giovani donne già forti nella consapevolezza di poter occupare un ruolo giusto nel mondo della scienza”, con analoga posizione lavorativa adeguatamente riconosciuta e retribuita.

Per raggiungere obiettivi così alti “serve attuare percorsi educativi che favoriscano la divulgazione di queste tematiche. Anche attraverso un’educazione open, senza frontiere, in termini di luoghi e forme di comunicazione”, ha spiegato la presidente della fondazione Zoè Elena Zambon. Che ha anche sottolineato come tra gli elementi creano il valore aggiunto delle donne che lavorano nella scienza vi è senz’altro lo “stile coinvolgente, collaborativo e inclusivo, unito a un senso innato di tipo generativo e volto alla crescita, che permette di passare dall’io al noi”.

Ecco perché “dare visibilità alle donne già impegnate nella scienza serve per dare forza alle ragazze che vogliono fare della scienza il proprio futuro”, ha detto Elisabetta Citterio, biologa e fotografa che ha scattato le immagini in mostra, per spiegare lo spirito con cui è stato pensato questo progetto. Evidenziare il lato umano della ricerca, cosicché sia di ispirazione per le donne.

Anche grazie a messaggi che ognuna delle testimonial ha scelto di associare alla propria fotografia. Come ha fatto Rana Dajani, biologa giordana. Docente universitaria, mamma di cinque figli e impegnata nel sociale. Che, spingendosi ben oltre la promozione del ruolo della donna nel mondo scientifico, ha dichiarato: “Celebriamo la diversità e l’unicità di ogni essere umano, affinché ognuno sia libero di essere ciò che vuole, e di scegliere la professione che vuole”.

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