Senza salute non c’è sviluppo, la lezione di Covid fra donne e scienza

Brusaferro Medicina e Frontiere
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Senza salute non si cresce, nemmeno dal punto di vista economico. A illustrare una delle lezioni della pandemia da Covid-19 per il nostro Paese è stato il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, intervenuto all’incontro ‘Donne, pandemia e divulgazione scientifica’, promosso a Roma dall’Associazione culturale no profit “Medicina e Frontiere” nata da un’idea del presidente Michele Guarino. 

Un incontro patrocinato dalla Biomedical University Foundation nella persona del suo presidente, Paolo Arullani e dal Premio internazionale “Pavoncella alla creatività femminile” di Francesca d’Oriano, con la sponsorizzazione non condizionante di AlfaSigma e l’intervento dell’epidemiologo del Campus Bio-Medico Massimo Ciccozzi.

Se a due anni dal primo caso di coronavirus in Italia è forte l’esigenza di interrogarsi su come sia cambiato il mondo dell’informazione e della scienza, su come sia mutato il racconto in questi lunghi mesi segnati dalla pandemia, per Brusaferro sono tre le ‘parole chiave‘ messe in luce da Covid-19: prevenzione (“troppo spesso la diamo per scontata”), health and wealth (“senza salute non si cresce, e invece partendo dalla salute si può garantire lo sviluppo del Paese”), ma anche il binomio individuo e comunità. “Nessuno è al sicuro fino a quando non lo siamo tutti. Ecco, penso che questo possa essere il germe per la ripartenza e per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale, che – ha ricordato – nasce dal concetto di comunità”.

Quello organizzato da Medicina e Frontiere è stato un dialogo a più voci fra tre giornaliste che in questi anni hanno scritto e raccontato Covid – Arianna Di Cori del quotidiano La Repubblica; Margherita Lopes, caposervizio di Fortune Italia e Roberta Serdoz, caporedattrice Rai del Tgr Lazio – insieme a Vincenzo Ambrogi, direttore U.O.C. di Chirurgia Toracica del Policlinico “Tor Vergata”. Ma non sono mancate le voci delle donne della scienza: la senatrice Paola Binetti, presidente del Comitato scientifico di “Medicina e Frontiere” e la senatrice a vita Elena Cattaneo.

“Le frontiere – ha ricordato Binetti – permettono il passaggio e la contaminazione delle idee, ma ci consentono anche di alzare una protezione nel bisogno. Quello delle frontiere è un luogo in cui ci si confronta nel rispetto dell’altro”.

Per Elena Cattaneo è importante ricordare la lezione di Rita Levi Montalcini: “Non vi è proprio nulla nella scienza che possa essere precluso a una donna, o a un uomo, solo per il fatto di essere donna o uomo – ha sottolineato – Ma il nostro Paese”, nonostante le sue eccellenze, “conosce troppo poco la scienza o lo fa solo dell’emergenza. In questo modo al cittadino arriva l’idea che la scienza sia una rivelazione compiuta, come la Minerva uscita adulta dalla testa di Giova”. Invece è impegno, passione, perseveranza. E “anche fallimenti. Forse – ha detto – sarebbe opportuno mettere meno enfasi sui risultati e più sulla storia. Quello della scienza è un percorso tortuoso“. Dove si sbaglia, si soffre, e si ricomincia. E l’Italia in questo campo è in grado di far sentire la sua voce, ha sottolineato Cattaneo, nonostante “Stamina e l’agricoltura biodinamica”.

Resta il problema della comunicazione. Troppo spesso in questi mesi si è trasformata in scontro, anche fra i cosiddetti esperti. “Abbiamo il nostro linguaggio, i nostri codici, ma non basta: la ricerca deve saper comunicare – ha affermato Brusaferro – Abbiamo combattuto una battaglia contro il virus e una parallela contro l’infodemia; sono consapevole che la comunicazione non sia ancora nel bagaglio del ricercatore. Se è importante lavorare con dati solidi, lo è anche formare ricercatori e medici a comunicare. Per non compromettere il capitale di fiducia dei cittadini”.

Se Brusaferro ha apprezzato la “grande presenza femminile nel giornalismo scientifico” e l’impegno della stampa nel corso della pandemia, le tre croniste hanno evidenziato le tante criticità legate al racconto della pandemia. Il rischio di essere schiacciati dall’esigenza della cronaca, la mole di informazioni, studi e pubblicazioni – anche non sottoposte a peer review – su Covid-19 e la sfida affrontata nel cercare di raccontare non solo l’impatto del virus, ma anche i limiti della scienza di fronte a Covid. Tutto questo mentre chi ascoltava cercava certezze.

“La pandemia che stiamo vivendo ha evidenziato il valore della comunicazione nella sanità – ha spiegato il presidente dell’Associazione, Michele Guarino – Ha evidenziato soprattutto la necessità di una sua fruibilità e dei valori su cui questa si fonda. In primis la responsabilità e l’umiltà in termini di rigore sia da parte degli scienziati che analizzano i dati, sia da parte dei giornalisti che divulgano dati e parole”.

 

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