Tubercolosi, Covid ha annullato anni di progressi

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Una tosse insistente che si trascina per settimane, dolore al petto, febbre e sudorazioni notturne, con stanchezza e perdita di peso. La tubercolosi, protagonista di tanti romanzi del passato, non è affatto scomparsa, anzi. Complice la pandemia da Covid-19, per la prima volta evidenzia una letalità in crescita. 

A partire dal 2000 circa 66 milioni di vite sono state salvate nel mondo, grazie all’impegno per diffondere terapie e prevenzione. Ma la pandemia ha “annullato anni di progressi compiuti nella lotta per porre fine alla malattia”: per la prima volta in oltre un decennio, le morti per tubercolosi sono aumentate nel 2020, anno in cui 9,9 milioni di persone si sono ammalate di tbc e 1,5 milioni sono morte.

Ecco perché ‘ l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) chiede “maggiori investimenti” in vista della Giornata mondiale dedicata alla lotta contro questa malattia, che si celebra il 24 marzo.

Nonostante i progressi della ricerca, la tubercolosi rimane uno dei killer infettivi più letali al mondo. Basti pensare che ogni giorno quasi 28.000 persone si ammalano e oltre 4.100 persone perdono la vita a causa di questa malattia prevenibile e curabile. Il 24 marzo del 1882 il tedesco Robert Koch annuncio’ di aver scoperto il batterio che causa la tubercolosi, il Mycobacterium tuberculosis (anche noto come bacillo di Koch), aprendo la strada alla diagnosi e alla cura di questa infezione polmonare.

“Investire per porre fine alla tubercolosi. Save Lives”, è il tema scelto quest’anno per la Giornata. E trasmette “l’urgente necessità di investire risorse per intensificare la lotta e raggiungere gli impegni presi dai leader globali”. La spesa globale per la diagnostica, le cure e la prevenzione della tubercolosi nel 2020 era ferma a meno della metà rispetto all’obiettivo globale di 13 miliardi di dollari l’anno entro il 2022. Solo per la ricerca e lo sviluppo servono 1,1 miliardi di dollari in più all’anno.

“Sono necessari investimenti urgenti per sviluppare ed espandere l’accesso ai servizi e agli strumenti più innovativi per prevenire, rilevare e curare la tubercolosi che potrebbero salvare milioni di vite ogni anno, ridurre le disuguaglianze ed evitare enormi perdite economiche”, ha affermato il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Questi investimenti offrono enormi ritorni per Paesi e donatori, in costi sanitari evitati e maggiore produttività”.

Se la pandemia di Covid-19 ha messo a rischio i progressi fatti per porre fine alla tubercolosi e per garantire un accesso equo alla prevenzione e all’assistenza, resa più difficile dalla crescente diffusione di batteri resistenti alle terapie, la guerra in Ucraina rischia di complicare le cose. Anche se su questo fronte la Federazione italiana delle aziende sanitarie ed ospedaliere (Fiaso), almeno per il momento, tranquillizza.

“Nessun allarme” per casi di tubercolosi (Tbc) tra i profughi giunti in Italia dall’Ucraina, dice all’Ansa il presidente Fiaso Giovanni Migliore, anche se al momento “si registrano alcune segnalazioni in Puglia ed Emilia Romagna”.

All’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari sono ricoverati tre pazienti, una mamma 21enne e i due bambini di 2 e 3 anni, risultati positivi, oltre che a Covid, alla tubercolosi. I medici del reparto di Malattie infettive stanno somministrando loro una terapia a base di 5 farmaci contro un batterio che risulta essere particolarmente resistente e aggressivo. I tre sono ricoverati da una settimana. In Emilia Romagna invece, all’ospedale Sant’Orsola di Bologna, sono almeno due i casi di pazienti risultati positivi al test di Mantoux transitati attraverso il Pronto soccorso.

Alla luce dell’inserimento dell’Ucraina tra i paesi ad elevata endemia di tubercolosi da parte dell’Oms, l’Istituto Spallanzani di Roma ha inoltre attivato un ambulatorio dedicato alla sorveglianza per la tubercolosi dei migranti.

“Per fortuna, almeno per ora – conclude Migliore – non c’e’ una situazione di emergenza. Ci sono dei casi segnalati di Tbc ma si stanno gestendo. Va detto che tutti i cittadini ucraini che arrivano in Italia vengono sottoposti a screening e accertamenti e vengono loro offerte varie vaccinazioni, soprattutto nel caso dei bambini dal momento che varie vaccinazioni obbligatorie in Italia non lo sono nel loro Paese”.

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