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Covid, dall’effetto scudo degli occhiali al test del respiro

occhiali Covid
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Mentre anche il premier Mario Draghi fa i conti con il virus di Covid-19 – è positivo ma asintomatico e continua a lavorare dalla sua casa di Città della Pieve (Perugia) – le festività pasquali si sono fatte sentire: meno tamponi effettuati nei giorni di festa si sono tradotti in  27.214 nuovi casi di Covid nelle ultime 24 ore, con 127 morti. Ma se dovremo aspettare qualche giorno per registrare un eventuale effetto delle festività sull’andamento della pandemia in Italia, dalla ricerca sono arrivate notizie interessanti. 

La prima colpirà, in particolare, le persone che portano gli occhiali. Ormai da qualche tempo si sa che anche le lacrime possono diffondere il contagio: a segnalarlo per primi erano stati i ricercatori italiani dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani, che hanno isolato il virus nei tamponi oculari della prima paziente ricoverata nell’ospedale romano alla fine di gennaio 2020.

Dopodiché sono arrivati gli allarmi del direttore della Sis 118 Mario Balzanelli, che invitava a ‘proteggere’ anche gli occhi dal virus (con le visiere). Ora uno studio ancora non sottoposto a revisione e condotto in Gran Bretagna su circa 20.000 persone, di cui circa 14.000 indossavano occhiali, evidenzia che questi ultimi corrono un rischio minore di infettarsi, nell’ordine di circa il 15%. L’effetto protettivo si è ridotto tra coloro che hanno dichiarato che l’uso degli occhiali interferiva con la mascherina, e dunque probabilmente si ritrovavano ad alzarli o sfilarli, mentre l’impiego di lenti a contatto – che non ‘schermano’ interamente gli occhi – non ha evidenziato alcun effetto protettivo.

Non solo. Se il numero di tamponi anti-Covid si sta riducendo, si stanno sperimentando anche strategie innovative, come l’analisi dei composti organici volatili prodotti a seguito delle reazioni biochimiche nelle cellule umane ed emessi col respiro. Dopo le sperimentazioni di cani anti-Covid, ora negli  Stati Uniti la Food and Drug Administration ha fatto sapere di aver ha autorizzato primo test diagnostico anti-Covid del respiro: deve essere effettuato da personale specializzato e utilizza una tecnologia che separa ed analizza i composti chimici contenuti nel campione di aria soffiata dal paziente in una cannula.

Il test si chiama  InspectIR Covid-19 Breathalyzer e individua i marker  associati con l’infezione da Sars-CoV-2. Nello studio citato dalla Fda e condotto to su 2.409 persone (fra le quali soggetti positivi con e senza sintomi), il test ha mostrato una sensibilità del 91,2% e una specificità del 99,3%. Secondo l’agenzia americana potrà contribuire ad aumentare la capacità diagnostica contro il virus pandemico.

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