Contro un nemico troppo spesso invisibile ma oggi curabile – grazie alla ricerca – l’ironia può diventare un’arma potente. Lo sanno bene in Nuova Zelanda, dove il ministero della Salute ha ideato una campagna brillante e irriverente per promuovere i test dell’epatite C. Lo spot, lanciato in occasione della Giornata mondiale delle epatiti a fine luglio, da allora rimbalzata in tutto il mondo.
Protagonisti uomini e donne, giovani e anziani, che si mostrano il dito medio per invitare a fare il test e rivelare la presenza del virus. La maggioranza delle epatiti virali acute infatti è asintomatica, e spesso decorre senza che il medico riesca a identificarla.
Solo le forme che si manifestano con sintomi come malessere, astenia, febbricola, febbre, anoressia, nausea, o anche ittero, colore scuro delle urine, feci chiare e prurito accendono sospetti, confermabili o meno dagli esami di laboratorio. Ecco allora che diventa fondamentale fare il test.
Ben 45.000 neozelandesi vivono con l’epatite C, spiegano i promotori della campagna: “Potresti essere una persona che ha l’epatite C senza saperlo. Questo perché, anche se i sintomi possono essere appena percettibili, l’epatite C può portare a malattie gravi. Quindi, se pensi di essere stato esposto in passato, vale la pena fare il test solo per esserne sicuro”.
Proprio per favorire gli screening in Nuova Zelanda hanno rinunciato a messaggi commoventi o didascalici, scommettendo sull’ironia (e sul dito medio alzato). Uno spot accattivante, ideato con la collaborazione di persone che hanno conosciuto da vicino l’epatite C, che punta a contrastare una malattia che, nel Paese, fa ancora oltre 200 vittime l’anno.
Il messaggio è chiaro: l’epatite C si può battere e per fare il test basta una piccola puntura sul dito. Oggi infatti l’epatite C si può curare, ma prima deve essere diagnosticata.
