Epilessia, ecco perché diventa cronica

epilessia
Aboca banner articolo

La prima crisi non si dimentica, specie se colpisce un bambino. Ma per quale motivo l’epilessia diventa cronica? A rivelarlo è uno studio italiano coordinato dall’Irccs San Martino di Genova.

I fattori individuati dai ricercatori potrebbero contribuire alla messa a punto di farmaci in grado non solo di bloccare le crisi epilettiche nella fase acuta della malattia, ma anche di impedirne lo sviluppo successivo, scongiurando l’instaurarsi di un’epilessia ‘cronica’ e difficile da trattare.

Ma di che numeri parliamo? L’epilessia colpisce circa 60 milioni di persone nel mondo e oltre 500.000 italiani, con picchi in età infantile e negli over 65. Le cause vanno da una predisposizione genetica a traumi cranici, a tumori a malattie infiammatorie del sistema nervoso tra cui le encefaliti autoimmuni, gravi processi infiammatori causati da un attacco del sistema immunitario a diverse strutture del cervello.

Le encefaliti sono spesso associate a crisi epilettiche acute che possono provocare esiti permanenti come deficit cognitivi gravi, disturbi comportamentali e crisi epilettiche che diventano croniche, spesso resistenti ai farmaci.

La ricerca, condotta in collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Salesi di Ancona e con il patrocinio della Lega Italiana Contro l’Epilessia (Lice), ha coinvolto 34 centri in tutta Italia e 263 pazienti seguiti nell’arco di 10 anni. 

I risultati, pubblicati sul ‘Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry’, hanno consentito di individuare diversi fattori di rischio e biomarcatori che predicono la probabilità di cronicizzazione delle crisi epilettiche secondarie a un attacco autoimmunitario del cervello.

“I dati – commenta Flavio Villani, direttore dell’Unità di Neurofisiopatologia del Policlinico San Martino e coordinatore del progetto – mostrano che ciò accade nel 44% dei pazienti colpiti da un attacco autoimmune al sistema nervoso centrale. Ma soprattutto che il rischio di successiva epilessia aumenta se le crisi acute sono resistenti alle terapie nonostante un alto numero di farmaci utilizzati per controllare gli episodi, se non sono presenti specifici anticorpi diretti contro i neuroni e se l’immunoterapia è risultata inefficace nella fase acuta della malattia anche per un ritardo nella sua somministrazione. Riconoscere tempestivamente questi pazienti a rischio è fondamentale, perché così si può accelerare l’inizio di un’immunoterapia riducendo il rischio di un danno cerebrale permanente che può portare a un’epilessia cronica, irreversibile e difficile da gestire”.

“Questa ricerca è unica per il numero dei pazienti coinvolti, la grande mole di dati raccolti e per la lunga durata del follow up – spiega ancora Flavio Villani – I risultati mostrano che le crisi epilettiche diventano croniche nel 44% dei pazienti con encefalite autoimmune, ma anche che in 6 casi su 10 ciò si associa all’assenza di specifici anticorpi anti-neuronali, diretti cioè contro le cellule cerebrali. In questo sottogruppo di pazienti, oltre all’assenza di anticorpi, possono considerarsi fattori predittivi di un’epilessia che si trasforma in malattia cronica anche la resistenza delle crisi alle terapie nonostante l’assunzione di un elevato numero di farmaci anticrisi e l’inefficacia dell’immunoterapia durante la fase acuta”. Anche un inizio tardivo dell’immunoterapia, oltre 3 mesi dall’esordio della malattia, è collegato a crisi epilettiche durature nel tempo.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.