Se l’alimentazione diventa fondamentale in un mondo che invecchia

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Fare la spesa può diventare un’impresa, e anche chi tradizionalmente segue una dieta mediterranea rischia di risentire delle crescenti difficoltà economiche. Se però tutto il pianeta è costretto a fare i conti con il dramma della malnutrizione, fra i soggetti più vulnerabili ci sono gli over 65: crisi dell’energia, difficoltà economiche, interpretazione delle etichette (sempre più lunghe e articolate) e falsi miti duri a morire possono complicare la via verso un’alimentazione corretta. E questo è ancor più drammatico in un mondo che invecchia. Il cibo, in effetti, per gli anziani è fondamentale per un invecchiamento in salute.

A sottolinearlo, in occasione della Giornata Mondiale dell’alimentazione promossa dalla Fao è HappyAgeing, l’Alleanza Italiana per l’Invecchiamento Attivo. Una corretta alimentazione è un importante alleato per la prevenzione di malattie infettive e patologie croniche, soprattutto negli anziani.

“In un mondo occidentale che progressivamente invecchia – ha detto Michele Conversano, presidente del Comitato Tecnico Scientifico HappyAgeing – per far fronte alle possibili patologie e favorire un invecchiamento in salute occorrono politiche che favoriscano una corretta alimentazione, individuata come fondamentale anche dall’agenda europea per l’invecchiamento attivo. Per raggiungere questo obiettivo occorre stare attenti agli effetti della crisi economica, che può cambiare la composizione del carrello della spesa, in qualità e quantità, ma anche puntare a una più precisa e diffusa informazione su questa importante tematica, senza indulgere a mode e falsi miti”.

Se l’alimentazione in alcuni Paesi è, purtroppo, ancora questione di sopravvivenza, nei Paesi con maggiore benessere diventa, però, un pilastro per la difesa della salute, soprattutto con l’avanzare degli anni. “Un sistema immunitario attivo e ‘giovane’ può fare la differenza, tanto nel difendersi dalle malattie infettive quanto da quelle croniche, e il concetto di gioventù dovrebbe essere inteso non tanto come un fattore anagrafico ma, prima di tutto, come una questione biologica – sta ricordato Stefania Maggi, dirigente di Ricerca Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), Sezione Invecchiamento di Padova, presidente Fondazione Dieta Mediterranea e Past President European Union Geriatric Medicine Society (EuGMS) – E se contro lo scorrere degli anni non si può far nulla, molto si può invece fare per rallentarne l’effetto a livello biologico, agendo su corretti stili di vita, anche a partire dalla nutrizione”.

Anche perché, come ha detto Amedeo Zurlo, vicepresidente Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio (SIGOT) e direttore della SC Geriatria Aou Ferrara, “i disturbi dell’alimentazione costituiscono una delle sindromi geriatriche che maggiormente impattano sulla durata e sulla qualità della vita delle persone anziane. Oltre a costituire un fattore favorente condizioni patologiche (basti pensare al diabete e alla malattia arterosclerotica), concorrono all’instaurarsi di condizioni tipiche del processo di fragilità, attraverso la diminuzione della massa muscolare (sarcopenia) e di quella ossea (osteoporosi) allorché l’alimentazione diventi povera in proteine”.

“Negli ultimi anni le evidenze scientifiche hanno rilevato come uno stato nutrizionale carente possa aggravare il fisiologico calo di efficienza del sistema immunitario senile (immunosenescenza), ponendo le basi per un’aumentata suscettibilità alle infezioni, di cui si è avuta purtroppo riprova nelle recenti ondate epidemiche di infezioni da virus Sars-CoV-2, che hanno colpito in prevalenza i soggetti più anziani. Al contempo, la ricerca scientifica ha da tempo evidenziato come una corretta alimentazione, finalizzata a prevenire le più comuni carenze nutrizionali (proteine, minerali, vitamine), sia in grado di sostenere il sistema immunitario senile e di renderlo competente nella profilassi dei fenomeni infettivi”.

“Se da una parte occorre, senza dubbio, l’educazione del singolo individuo alla corretta nutrizione, è evidente che – ha concluso Maggi – questa non può essere solo una responsabilità individuale, tanto per gli strumenti culturali e materiali che occorrono per una corretta nutrizione, quanto per le ricadute a livello collettivo che la mancanza di questa può comportare”.

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