Neuroblastoma, la terapia made in Italy con Car-T

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E’ made in Italy la prima terapia genica con cellule Car-T in grado di curare – con buona probabilità di successo – le forme più gravi di neuroblastoma, il tumore solido più frequente dell’età pediatrica. I risultati della sperimentazione sono descritti sul New England Journal of Medicine.

A progettare questo approccio, i ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. “È la prima volta che uno studio sull’uso delle Car-T contro i tumori solidi raggiunge risultati così incoraggianti. Questi risultati – ha detto l’ematologo Franco Locatelli, coordinatore dello studio che ha coinvolto l’Officina Farmaceutica, le aree di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico e Diagnostica di Immagini del Bambino Gesù – rappresentano il coronamento di un progetto, iniziato molti anni fa, mirato a offrire una risposta terapeutica a quei bambini con neuroblastoma che hanno limitate prospettive di guarigione”.

“Finalmente – ha aggiunto Locatelli – abbiamo un’arma terapeutica in più che può essere impiegata per il trattamento dei bambini che ricevono una diagnosi di neuroblastoma”.

“Oggi restituiamo alla collettività un concreto esempio dell’impatto che la ricerca scientifica d’eccellenza ha sulla cura dei piccoli pazienti oncologici – ha detto Federico Caligaris Cappio, direttore scientifico di Fondazione Airc – Siamo orgogliosi di avere contribuito a questo importante traguardo raggiunto all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù dal gruppo del professor Franco Locatelli, titolare di un progetto incluso nei programmi speciali AIRC 5 per mille, nati allo scopo di portare il più rapidamente possibile benefici tangibili ai pazienti attraverso la creazione di una rete di centri d’eccellenza dai laboratori ai centri di cura”.

La terapia

Il nuovo trattamento è stato sperimentato su 27 bambini con neuroblastoma recidivato o resistente alle terapie convenzionali. La risposta al trattamento ha superato il 60% e la probabilità di sopravvivere senza malattia è significativamente aumentata rispetto all’attesa di vita, purtroppo breve, in assenza di altre cure.

Lo studio è stato finanziato da Airc, ministero della Salute, Aifa e Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma.

Che cos’è il neuroblastoma

Il neuroblastoma è il tumore solido extracranico più frequente dell’età pediatrica e rappresenta circa il 7-10% dei tumori nei bambini tra 0 e 5 anni. In Italia vengono formulate circa 120-130 nuove diagnosi all’anno. Questo tumore ha origine dai neuroblasti, cellule presenti nel sistema nervoso simpatico, e può insorgere in diversi distretti corporei, il più frequente è il surrene.

Il neuroblastoma ha una prognosi significativamente meno buona di altre neoplasie dell’età pediatrica, essendo responsabile dell’11% delle morti per cancro in questa fascia di età: nelle forme metastatiche o ad alto rischio di ricaduta la probabilità di guarigione definitiva è del 45-50%; in caso di ricaduta o di malattia refrattaria alle cure convenzionali (chemio e radioterapia), la possibilità di sopravvivere a 2 anni non supera il 5-10%.

La terapia genica

Tra il 2018 e il 2021 sono stati arruolati nel trial 27 pazienti provenienti da tutta Italia,  tra 1 e 25 anni, affetti da neuroblastoma recidivato o resistente e già sottoposti a numerosi tentativi di cura, con l’obiettivo di “verificare se la terapia con le cellule Car- T fosse in grado di cambiare la storia naturale della loro malattia”, ha spiegato Locatelli, responsabile dell’area di ricerca e area clinica di Oncoematologia, Terapia Cellulare.

I pazienti sono stati trattati con l’infusione di cellule Car-T modificate con un costrutto di terza generazione, denominato GD2-CART01, prodotto in laboratorio dai ricercatori dell’Ospedale della Santa Sede partendo dal prelievo di linfociti T autologhi (cioè provenienti dal paziente stesso).

Queste cellule del sistema immunitario sono state poi modificate geneticamente per esprimere sulla propria superficie il Cat (Chimeric Antigen Receptor), una molecola sintetica in grado di riconoscere il bersaglio tumorale (nel neuroblastoma è la molecola GD2) e di indirizzare i linfociti T contro le cellule malate. Diversamente dai prodotti CAR T di seconda generazione oggi approvati per l’uso clinico, al farmaco progettato dai ricercatori del Bambino Gesù è stato aggiunto un secondo dominio costimolatorio, ovvero una combinazione di molecole che accresce l’efficacia e la persistenza dei linfociti T ingegnerizzati.

Come ulteriore misura di sicurezza della terapia, infine, è stato inserito il gene suicida (Caspasi 9 Inducibile o iC9) che blocca l’azione dei linfociti T modificati in caso di effetti indesiderati non controllabili con le convenzionali misure farmacologiche.

I risultati

La nuova terapia si è dimostrata sicura ed efficace: il team di ricercatori del Bambino Gesù ha osservato una risposta al trattamento nel 63% dei pazienti, metà dei quali in remissione completa di malattia. Cresce la probabilità di sopravvivenza fino a 3 anni (60% dei casi) e di sopravvivere senza evidenza di malattia (36%). Inoltre è stata documentata la longevità delle cellule ‘modificate’: persistono nell’organismo del paziente fino a 2-3 anni dall’infusione sostenendo nel tempo l’efficacia terapeutica.

I prossimi passi

Per potenziare  l’efficacia dell’immunoterapia Car-T contro il neuroblastoma, come hanno spiegato Concetta Quintarelli e Francesca Del Bufalo, “proveremo ad aggredire simultaneamente una popolazione di cellule del sistema immunitario chiamate MDSC (myeloid derived suppressor cells) che inibiscono l’azione antitumorale mediata dai linfociti T. Abbiamo, infatti, evidenza che, tanto più alto è il numero delle MDSC, tanto minore è l’efficacia delle cellule Car-T”.

È attualmente allo studio una sperimentazione estesa ad altri Centri a livello europeo per replicare su scala ancora più larga i risultati del trial del Bambino Gesù sul neuroblastoma. Lo stesso tipo di cellule dirette contro la molecola target GD2 verrà utilizzato, inoltre, anche in pazienti pediatrici e giovani adulti affetti da vari tipi di tumore cerebrale in una sperimentazione che inizierà a breve.

Una scommessa vinta

Parla di scommessa vinta Sara Costa, presidente Associazione Italiana Lotta contro il Neuroblastoma. “Una scommessa iniziata 9 anni fa, nel 2014, per il numero ancora troppo elevato di bimbi affetti da neuroblastoma e refrattari alle cure e il desiderio bruciante di noi genitori di avere risposte efficaci in tempi brevi. All’epoca la strada della terapia genica in campo pediatrico, per tumori così aggressivi, sembrava lontana.  Oggi, 9 anni dopo, l’emozione di questa giornata è indescrivibile, ma dobbiamo proseguire ancora finché tutti i bambini con neuroblastoma potranno guarire”.

“Questi risultati straordinari – ha concluso Tiziano Onesti, presidente del Bambino Gesù – confermano ancora una volta quanto sia importante la ricerca per l’Ospedale e soprattutto per le famiglie che a noi si rivolgono. Come ribadì il Santo Padre nell’udienza per i nostri 150 anni ‘non c’è cura senza ricerca. E non c’è futuro, nella medicina, senza ricerca’. Eppure sappiamo che la ricerca costa e richiede investimenti ingenti, soprattutto la ricerca sulle terapie avanzate, che rappresentano una sfida, anche in termini di sostenibilità, per il sistema sanitario nazionale e per le stesse strutture sanitarie come la nostra. Ma è una sfida che dobbiamo assolutamente vincere, per il bene dei pazienti“.

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