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Anticorpi primitivi contro i tumori, Premio Fadoi a Mantovani

Alberto Mantovani Fortune
Gilead

Rieducare i poliziotti ‘corrotti’ del nostro sistema immunitario spingendoli a lottare contro il tumore. E’ il cuore della ricerca portata avanti dal grande immunologo italiano Alberto Mantovani, uno fra gli scienziati italiani più citati e influenti. Ebbene, per questi studi Mantovani, classe 1948, direttore scientifico di Humanitas, professore emerito di Humanitas University e presidente di “Fondazione Humanitas per la Ricerca si è aggiudicato il premio “Internal Medicine Research Award 2023” della Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi).

“Con gli studi sull’immunità innata e gli anticorpi primitivi i ricercatori italiani guidati dal Professor Alberto Mantovani stanno scrivendo un nuovo capitolo del libro di storia della medicina, portando alla luce le potenzialità che queste molecole offrono per la diagnosi e il trattamento delle infezioni, oltre che delle patologie autoimmuni e neurodegenerative”, ha spiegato Francesco Dentali, presidente Fadoi.

“La prima linea di difesa del nostro organismo è quella che chiamiamo dell’immunità innata, che affronta la maggioranza degli incontri con gli agenti patogeni malintenzionati e che è composta da cellule specializzate nel divorare gli aggressori e dotate di antenne in grado poi di neutralizzarli. Le ricerche si sono focalizzate su questa prima linea di difesa. A fianco di queste cellule”, ha spiegato Mantovani, esistono anche “degli anticorpi primitivi. Molecole che una volta prodotte contro un patogeno svolgono un ruolo di primo piano nel combattere le infezioni, riconoscendo l’intruso, segnalandolo e ostacolandone l’azione”.

“Inoltre la prima linea di difesa coordina la riparazione dei tessuti. Dopo grandi traumi, o come abbiamo imparato anche con le forme gravi di Covid-19, la guerra che il sistema immunitario scatena contro virus, funghi e batteri, come ogni conflitto lascia dietro sé molti danni”.

Ma qual è il potenziale di queste scoperte dal punto di vista di medici e pazienti? “Già oggi le molecole dell’immunità innata sono usate in clinica come indicatori diagnostici e prognostici di infiammazione. Il loro livello nel sangue permette ad esempio di misurare lo stato infiammatorio e di prevedere l’evoluzione della malattia. Ma – ha aggiunto Mantovani – serviranno anche per ottenere vaccini più efficaci, perché l’attività dell’immunità innata, messa in moto ad esempio dalle nanoparticelle che veicolano Spike, è fondamentale per far partire la produzione di anticorpi contro Spike stessa”.

Parte di queste molecole sono in fase di sperimentazione per combattere alcuni tipi di cancro. “In un paziente oncologico abbiano una prima linea della nostra difesa immunitaria che si comporta un po’ come se fosse composta da guardiani corrotti. Diciamo che le molecole dell’immunità innata hanno come obiettivo quello di rieducarli a fare il loro dovere. Ma ci sono anche altri campi di ricerca molto attivi. Ad esempio – ha ricordato Mantovani – le ricerche di cui sono stato parte per identificare i modi di comunicare del sistema immunitario, che è fondato sul dialogo. Studiando le citochine, ossia le ‘parole molecolari’ de sistema immunitario, possiamo bloccare quelle sbagliate e controllare malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide”.

Dopo la fine dell’emergenza pandemica lo scienziato ha rimarcato che da un lato “preoccupano soprattutto il Long Covid, che rappresenta una sfida per i pazienti e per il sistema sanitario chiamato a fornire assistenza, ma anche il milione e mezzo di mammografie non eseguite, così com’è stato per molti altri screening tumorali e non solo, che rischiano di pesare gravemente in futuro”.

L’esperienza che abbiamo vissuto in questi anni non è stato solo negativa. Mantovani ha sottolineato la spinta verso la collaborazione della comunità scientifica, mai così aperta e collaborativa, come è accaduto per uno studio che ha coinvolto 3.600 ricercatori provenienti da Paesi e istituti diversi. Lo spesso spirito di collaborazione ha fatto rompere vecchi steccati negli ospedali favorendo il lavoro di équipe tra medici e professionisti sanitari.

Rimarchevole, inoltre “l’impulso dato alla ricerca che è riuscita a realizzare in un anno cose che prima si facevano in 10-12 anni, come dimostrano i vaccini anti-Covid. Terzo aspetto la tecnologia a Rna messaggero che si è rivelata potente e flessibile. Aprendo alla possibilità di vincere sfide, come quelle contro alcuni tumori, nelle quali fino a ieri avevamo fallito”.

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