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Covid, l’insolito effetto del virus sulla fertilità maschile

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La pandemia ha allentato la sua presa, ma la ricerca sul virus di Covid-19 non si è fermata. E continuano ad emergere nuove, importanti informazioni sulle conseguenze dell’infezione per la salute umana. Si è concentrato sulla fertilità maschile lo studio spagnolo presentato al Congresso annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre) di Copenhagen.

La ricerca ha rilevato la presenza di spermatozoi meno numerosi e più lenti negli uomini guariti da Covid-19, anche a distanza di oltre 3 mesi dall’infezione.

Covid, Long Covid e fertilità maschile

“Le conseguenze del Long Covid sulla fertilità del maschio – commenta a Fortune Italia Carlo Foresta, andrologo e ordinario di Endocrinologia presso la Scuola di Medicina di Padova – non sono ben documentate, poiché in fase acuta non è stata riscontrata la prestanza del virus nei testicoli. Quindi queste alterazioni potrebbero essere conseguenza della reazione infiammatoria sistemica legata all’’infezione o ai farmaci assunti per la malattia”.

“Tuttavia il recettore ACE2, che consente la penetrazione del virus nelle cellule, è fortemente espresso nelle cellule della spermatogenesi. Pertanto, l’ipotesi che possa interferire con i meccanismi di replicazione anche delle forme più immature della spermatogenesi può avere un suo significato – aggiunge Foresta – e potrebbe giustificare la ridotta produzione di spermatozoi nel Long Covid”.

Cosa dice la ricerca

Il team di Rocio Núñez-Calonge, dell’Ur International Group at the Scientific Reproduction Unit di Madrid, ha voluto indagare sulla durata del ‘danno’ indotto da Covid e osservato nei pazienti seguiti da cliniche spagnole di fecondazione assistita. E lo ha fatto coinvolgendo 45 uomini, in media sui 31 anni, in 6 cliniche di riproduzione della Spagna, con una diagnosi confermata di Covid-19 lieve.

Dal momento che servono circa 78 giorni per produrre nuovo sperma, gli scienziati hanno esaminato il materiale a 3 mesi dalla guarigione. “La nostra ipotesi – ha spiegato la ricercatrice – era che sarebbe migliorata” una volta rinnovato il ‘parco spermatozoi’. Ma non è stato così.

I ricercatori hanno esaminato tutti i campioni prelevati fino a 100 giorni dopo Covid-19, e un sottogruppo è stato analizzato anche oltre 100 giorni dopo. Così hanno documentato una differenza statisticamente significativa nel volume di sperma (-20%, da 2,5 a 2 millilitri), nella concentrazione (-26,5%, da 68 a 50 milioni per ml), nella conta (-37,5%, da 160 a 100 milioni/ml), nella motilità totale (-9,1%, dal 49% al 45%) e nella quota di spermatozoi vivi (-5%, dall’80% al 76%).

Quanto dura il danno

Questa ricerca, insomma, lascia aperti numerosi interrogativi. E mostra ancora iuna volta come l’infezione da Covid-19, anche in forma lieve, può avere conseguenze insospettabili. Non è ancora non è possibile dire quanto tempo deve passare per ripristinare una condizione pre-infezione a livello di seme maschile. E, soprattutto, non possono essere esclusi danni permanenti anche negli uomini che hanno avuto solo una forma lieve di Covid-19. Ecco perché sarebbe opportuno condurre ulteriori ricerche mirate a far luce sul problema, che può fare la differenza per gli aspiranti papà.

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